12 giugno 2013

A proposito di "lotta al terrorismo" (V)

I familiari dei morti il 13 ottobre 2005 a Nal'čik [1] sono insoddisfatti della sentenza della CEDU

8 giugno 2013, 21.53

I genitori dei morti durante l'attacco a Nal'čik il 13 ottobre 2005 sono rimasti delusi dalla sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sul caso del rifiuto delle autorità russe di consegnare i corpi per la sepoltura. Secondo gli istanti, si aspettavano formulazioni più concrete nel riconoscimento delle violazioni da parte delle autorità.

Come riferì "Kavkazskij uzel", 50 abitanti della repubblica, i cui figli erano morti il 13 ottobre 2005 nel corso dell'attacco alle strutture armate di Nal'čik, il 26 ottobre e il 15 novembre 2005 fecero istanza alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per il fatto che i corpi dei morti non erano stati consegnati per la sepoltura. Nel giugno 2007 la Corte Costituzionale della Federazione Russa rifiutò ai familiari la consegna dei corpi dei loro figli per la sepoltura. I corpi dei guerriglieri furono cremati nel giugno 2006, riferì nel luglio2007 la Procura Generale della Federazione Russa. Il 6 giugno è stato reso noto che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo aveva esaminato il caso "Sabančieva e altri contro la Russia" e aveva riconosciuto violazioni da parte delle autorità russe.

In particolare la Corte Europea ha riconosciuto che la Russia in questo caso ha violato alcuni articoli della Convenzione Europea sui diritti dell'uomo – "il diritto al rispetto della vita privata e familiare" (articolo 8), "Il diritto a un mezzo efficace di tutela giuridica" (articolo 13).

I familiari hanno espresso la loro insoddisfazione per la sentenza della CEDU nel corso dell'incontro con il direttore per le questioni giuridiche dell'organizzazione "Collaborazione giuridica "Astreja"/"Iniziativa giuridica per la Russia" (dell'organizzazione che ha presentato gli istanti alla Corte Europea) Anastasija Kušlejko, che si è svolta il 6 giugno nel centro per la difesa dei diritti umani della Kabardino-Balkaria, riferisce il corrispondente di "Kavkazskij uzel".

"Attendevo solo una cosa dalla sentenza della Corte Europea – venire a sapere dove sono i corpi dei miei figli e cosa hanno fatto di loro e non ho ottenuto risposta", – ha detto l'abitante di Nal'čik Raja Kereševa, a cui il 13 ottobre 2005 sono morti due figli.

"Non aspettavamo alcun risarcimento del danno morale. Non avrebbe sostituito i nostri figli. Ma aspettavamo che ci dicessero almeno dove sono sepolti", – ha detto l'abitante di Nal'čik Zoja Nabitova, che pure ha perso due figli.

Nel corso dell'incontro Anastasija Kušlejko ha chiarito ai familiari dei guerriglieri morti l'essenza della sentenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo.

Lo stesso documento, dell'ampiezza di 54 pagine, al momento dell'incontro non era ancora stato tradotto in lingua russa.

Anastasija Kušlejko ha riferito che la Corte Europea non ha riconosciuto che nei confronti dei familiari dei morti sia stato violato l'articolo 3 della Convenzione Europea sui diritti dell'uomo, che recita: "Nessuno dev'essere sottoposto a torture, a trattamenti o pene inumane o umilianti la dignità".
"Avevamo chiesto alla corte di riconoscere come trattamento crudele e inumano nei vostri confronti il trattamento e la conservazione dei corpi dei morti. La corte, purtroppo, non ha riconosciuto la violazione di questo articolo, indicando che le autorità non avevano perseguito lo scopo di sottoporre i familiari dei morti a un trattamento inumano e a sofferenza psicologiche e che nell'interpretazione giuridica la "soglia del trattamento crudele e inumano" in questo caso non è stata superata", – ha detto Anastasija Kušlejko.

Questa ha notato pure che la corte nella sua sentenza rimanda al fatto che il problema dell'indebita conservazione dei corpi era legato alla logistica – gli avvenimenti erano stati così repentini che le autorità non avevano avuto la possibilità di prevedere le condizioni adeguate per la conservazione di un tale numero di corpi.

La corte ha riconosciuto la violazione dei diritti degli autori dell'istanza nell'ambito dell'articolo 8 della Convenzione – "il diritto al rispetto della vita privata e familiare".

Come ha chiarito Kušlejko, nella Convenzione Europea non c'è un concetto come "diritto alla sepoltura", c'è il "diritto al rispetto della vita privata e familiare". Facendo attenzione a come fu compiuta la cremazione, come furono informati al riguardo i familiari e come non poterono prender parte alla sepoltura e quale fu per loro il trauma, è stato riconosciuto dalla Corte Europea che fu violato il diritto degli istanti alla vita familiare.

"Particolare accento nella sentenza della Corte Europea è stato posto sul fatto che a tutti e 50 gli istanti fu automaticamente rifiutata la consegna dei corpi e non fu riferito il luogo di sepoltura, senza tener conto delle particolarità individuali di alcune situazioni", – ha notato Kušlejko.

Nella sentenza della corte si sottolinea che, anche se alcune misure possono essere giustificate nel contesto della garanzia della pubblica sicurezza dopo un atto terroristico, le misure utilizzate devono essere proporzionali alla minaccia. In questo senso la Corte Europea ha ritenuto che la posizione dello stato ebbe per gli istanti un effetto punitivo, che si espresse nel trasferimento sui familiari del peso delle conseguenze spiacevoli del comportamento dei morti.

La corte ha riconosciuto anche la violazione dell'articolo 13 – "Il diritto a un mezzo efficace di difesa giuridica" legato alla violazione dell'articolo 8 della Convenzione.

Anastasija Kušlejko ha riferito che, quanto al fatto della mancata consegna dei corpi dei morti e la loro successiva cremazione dopo gli avvenimenti del 13 ottobre 2005 a Nal'čik ha ritenuto pure che la base legislativa esistente non contiene le necessarie garanzie processuali contro gli abusi, privando al tempo stesso gli istanti di un mezzo efficace di difesa giuridica a livello nazionale per permettere le loro denunce.

"La sentenza della Corte Europea non è affatto quella che speravamo, ma non tutte le porte sono chiuse", – ha notato Anastasija Kušlejko. Questa ha proposto ai presenti di continuare il lavoro per l'esecuzione della sentenza della Corte Europea legata al riconoscimento da parte della corte della violazione dell'articolo 8 della Convenzione e di chiedere alle autorità locali, dopo l'entrata in vigore della sentenza, la restituzione dei resti ed esigere anche informazioni sul luogo di sepoltura dei morti.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, Kušlejko ha chiarito che la sentenza non prevede un risarcimento materiale del danno morale per gli istanti.

Tra l'altro ha sottolineato che la sentenza della corte crea un precedente per casi analoghi.
"E' la prima sentenza sulla questione della mancata consegna dei corpi nel contesto della legge "Sulla lotta al terrorismo" [2], perciò ha un grande significato come precedente non solo per la Kabardino-Balkaria, ma anche per le altre repubbliche del Caucaso del Nord. Inoltre questo è il primo episodio degli avvenimenti del 13 ottobre 2005 che si è riflesso nei documenti della Corte Europea", – ha notato Kušlejko.

Nel corso dell'attacco a Nal'čik del 13 ottobre 2005 morirono 35 tra agenti delle forze dell'ordine e militari e 15 civili, come pure 95 degli assalitori. Al momento presente alla Corte Suprema della Kabardino-Balkaria continua il processo su questo caso. Sul banco degli imputati ci sono 57 persone. La maggior parte di queste non si riconosce colpevole.

Nota della redazione: vedi anche le notizie "La CEDU ha assegnato 5000 euro a un'abitante di Nal'čik per la rivelazione dei dati delle sue cartelle cliniche", "La Russia ha chiesto di nuovo un rinvio per la risposta alla Corte Europea sulla denuncia degli abitanti della Kabardino-Balkaria", "Dorogova [3]: i motivi della cremazione dei corpi dei morti a Nal'čik sono abbastanza chiari", "La Procura Generale dello JuFO [4] ha rifiutato di consegnare i corpi dei guerriglieri morti in Kabardino-Balkaria".

Autrice: Luiza Orazaeva; fonte: corrispondente di "Kavkzaskij uzel"

"Kavkazskij uzel", http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/225386/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Capitale della repubblica autonoma di Kabardino-Balkaria.

[2] Le leggi russe sono indicato con il titolo.

[3] Larisa Dorogova, avvocato che si è pure occupata dei familiari dei guerriglieri uccisi nell'attacco a Nal'čik.

[4] Južnyj Federal'nyj Okrug (Distretto Federale Meridionale).


http://matteobloggato.blogspot.it/2013/06/la-corte-europea-si-pronuncia-sulle.html

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