29 gennaio 2011

A proposito di situazioni esplosive (II)

Al posto di Nicola II deve arrivare Kennedy




Russia: il livello di odio si avvicina al segno “esplosione”


Continua. Inizio nel n .06-07

Nello scorso numero è stata pubblicata la prima parte dell'articolo del noto esperto russo di problemi etno-politici Ėmil' Pain. In esso si analizzavano le cause e le conseguenze dei fatti dell'11 dicembre nella piazza del Maneggio a Mosca, il pericolo del processo di “etnicizzazione del comportamento di protesta” della popolazione russa, ma anche la mobilitazione religiosa nelle regioni russe legate all'Islam.

Il tratto di insediamento [1]: la storia si ripete

Numerosi studi condotti in diversi paesi mostrano che alla base della xenofobia sta non tanto la reazione al comportamento di altri gruppi etnici, quanto il trasferimento sugli “estranei” di un complesso di insoddisfazioni socio-psicologiche accumulatesi in diverse sfere della vita dei portatori delle fobie. Se c'è l'odio, il nemico si trova, perciò cambia continuamente forma. All'inizio del XX secolo la forma fondamentale di xenofobia in Russia era l'antisemitismo e all'inizio del XXI nella coscienza di massa è stato schiacciato dagli umori anti-caucasici.

Dal 1890 al 1903 nel sud della Russia si scatenarono alcune ondate di pogrom contro gli ebrei [2]. Il potere russo allora rispose ad essi all'incirca nello stesso modo dell'attuale – con un inasprimento delle condizioni di vita di coloro contro cui era diretto l'odio. Nei tratti di insediamento agli ebrei fu proibito la partecipazione agli organi di governo locale e l'uscita da questi tratti dei gruppi professionali che in precedenza ne avevano diritto, per esempio gli artigiani. A Pietroburgo, a Mosca e in altre città proibite come residenza per gli ebrei cominciarono rastrellamenti e sgomberi di persone che prima avevano diritto di residenza in esse. A cosa portò questo? I pogrom non si interruppero, al contrario, negli anni 1905-1906 diventarono ancora più crudeli, ma la gioventù ebraica si gettò in massa sulle barricate della prima rivoluzione russa. Dopodiché seguì una nuova stretta di limitazioni dei loro diritti. Cosa successe dopo, lo sanno tutti – avvenne l'ultima rivoluzione per la dinastia dei Romanov.

Oggi perfino l'immagine dei tratti di insediamento, la sola minaccia di limitazione dei diritti per i gruppi etnici che li possedevano, può portare a un'esplosione politica.

Nel 1890 i 24 rappresentanti più in vista della cultura russa (L. Tolstoj, V. Korolenko [3], K. Timirjazev [4], V. Solov'ëv [5] e altri) sottoscrissero la “Dichiarazione contro l'antisemitismo”, in cui si notava che qualsiasi eccitazione dell'inimicizia su base etnica “perverte la società alla radice e può portarla all'imbarbarimento morale, in particolare con l'attualmente già visibile decadenza dei sentimenti umanitari, con la debolezza del principio giuridico nella nostra vita”. Suona come un commento fresco dei fatti di dicembre nella piazza del Maneggio, ma invece alla fine del XIX l'inimicizia su base etnica si incitava all'antica, “manualmente”, senza appoggiarsi alla potenza dei mezzi di comunicazione di massa.

All'inizio del XX secolo i partiti delle Centurie Nere [6] erano le organizzazioni politiche russe più massicce per numero di membri attivi. Dal 1905, dopo la comparsa dell'Unione del Popolo Russo [7] e di tutte le organizzazioni separatesi e ramificatesi, il movimento delle Centurie Nere si trovò legato direttamente al governo e fu finanziato da un fondo speciale del Ministero degli Interni. Tuttavia queste organizzazione si erano originate 15 anni prima della loro ammissione ufficiale come movimenti autonomi.

Nel 1890 sorse l'organizzazione illegale “Reggimento Russo”, presto sbaragliata dalla polizia. In quello stesso anno comparve l'organizzazione semi-legale “Assemblea Russa”. Questi movimenti si formavano nel sud della Russia, nella zona del tratto di insediamento, in cui i russi etnici formavano una maggioranza non significativa o perfino una minoranza in confronto alla popolazione locale moldava, ucraina ed ebraica. Qui all'inizio del secolo scorso l'impetuosa industrializzazione lasciò senza mezzi di sussistenza una massa di artigiani e piccoli imprenditori. Qui si fece sentire un'acutissima disoccupazione e, conseguentemente, la concorrenza sul mercato del lavoro. Qui in condizioni di eccezionale ristrettezza si manifestarono più acutamente molti problemi sociali, compresa l'ubriachezza di massa. La coscienza comune legò allora tutte queste disgrazie, così come oggi, prima di tutto agli estranei, ma anche ai funzionari venduti, che gli garantivano di prevalere ai danni del popolo russo. Proprio qui furono proposti per la prima volta lo slogan “La Russia per i russi” e le richieste rivolte al potere di garantire legalmente la prevalenza al popolo russo. Adesso questa idea è sostenuta da più della metà degli intervistati in tutta la Russia.

Crisi politica – manifestazioni etniche

In cosa consiste la somiglianza dei fatti svoltisi in Russia all'inizio del XX e all'inizio del XXI secolo? In entrambi i casi gli scontri etnici sono diventati solo una delle forme di riflesso della crisi socio-politica. All'inizio del secolo scorso, così come all'inizio dell'attuale, si sono manifestati evidenti segni di disfunzione di un sistema chimerico, che unisce l'economia di mercato a un regime poliziesco-burocratico indurito.

I successi dell'economia russa agli inizi del secolo scorso furono più impressionanti di quelli all'inizio dell'attuale. 40 anni dopo l'abolizione della servitù della gleba la Russia irruppe nel quintetto dei paesi più industrializzati del mondo in una serie di importanti indici economici.

Tuttavia perfino con la crescita della potenza economica del paese il suo potere autocratico non era incapace di risolvere un qualsiasi complesso problema sociale e politico. Perfino gli amministratori di talento erano limitati nelle possibilità di condurre riforme sociali.

A P.A. Stolypin [8] riuscì condurre una riforma agraria molto radicale, ma le sue più che moderate proposte “Sulla revisione delle disposizioni che limitano i diritti degli ebrei” (ottobre 1906) furono respinte dallo zar con la seguente motivazione: “Nonostante i più convincenti argomenti a favore di una decisione positiva su questa cosa, la voce interiore mi ripete sempre più insistentemente che non prenda su di me il peso di questa decisione”. Così anche oggi le più importanti decisioni sociali e politiche vengono prese di nascosto, da un piccolo gruppo di persone, che sono comunque guidate dalla stessa “voce interiore” e da stereotipi individuali che non si distinguono da quelli di massa.

E adesso, come pure all'inizio del secolo scorso, la scelta delle persone per le più alte cariche dello stato è determinata comunque dal principio della “devozione personale” a danno delle qualità personali. Quale ruolo nel destino dell'Impero Russo abbia giocato questo principio l'ha notato nelle sue memorie S. Vitte [9]. Caratterizzando i rappresentanti dei partiti delle Centurie Nere che avevano rafforzato la propria influenza a corte, scrisse: “La maggior parte dei suoi caporioni sono parvenu politici, gente sporca di pensieri e sentimenti, non hanno alcuna idea politica vitale e onesta… E il povero Sovrano sogna, appoggiandosi a questo partito, di ristabilire la grandezza della Russia. Povero Sovrano”.

E finalmente la cosa principale: il sistema di governo verticale e chiuso al controllo sociale genera inevitabilmente corruzione, che non a caso si traduce dal latino come “sfiorire”, questa fa effettivamente sfiorire, decomporre la società. E' anche la causa principale di quella forma di contraddizioni interetniche che si è formata in Russia nel secolo scorso e ancora di più nell'attuale. La corruzione totale porta alla sfiducia totale e più facilmente si riveste dell'immagine del nemico etnico. Perché i poliziotti hanno lasciato andare le persone sospettate dell'omicidio di Egor Sviridov [10]? Forse per grande amore per i caucasici? La corruzione crea le condizioni per la cosiddetta criminalità etnica. Il fatto è che ad un ambito corrotto chiuso si adattano meglio i gruppi che conservano la chiusura patriarcale e la solidarietà interna.

In che modo è riuscito all'America ridurre sostanzialmente l'attività e l'influenza della mafia italiana, le notizie sui cui crimini balenavano ogni giorno sulle pagine della stampa americana fino agli anni '80? Prima di tutto con lo sviluppo della trasparenza nell'economia e nelle relazioni dei politici con il mondo degli affari. E anche a spese della possibilità di portare persone dalla mafia agli affari legali, tra i Sinatra e i senatori.

Il ruolo di una società aperta per la soluzione dei problemi etnici si può seguire anche in senso contrario, analizzando il fallimento del concetto di multiculturalismo. Questo concetto, diventato dominante nella politica interna delle maggior parte dei paesi dell'Occidente dagli anni '70, di fatto ha stimolato la crescita di un'identità di gruppo, indebolendo quella civica comune e in fin dei conti ha portato alla crescita della chiusura etnica, alla formazione di aree etniche e religiose chiuse non più sulla base di una segregazione di stato, ma su basi volontarie. Adesso i paesi dell'UE hanno rinunciato a questa politica. Questi hanno preso a sostenere di nuovo l'integrazione individuale dei cittadini in un'unica società civile indipendentemente dall'appartenenza etnica e religiosa.

In Russia nessuno ha condotto una politica di multiculturalismo, negli anni Zero in essa è mancata in generale una politica etnica coerente e le istituzioni statali che avrebbero dovuto condurla sono state smobilitate. Tuttavia tutto l'ambito socio-politico, come ho cercato di mostrare, lavora per la divisione della società.

La cultura civile ha un altro nome in sociologia – la cultura “partecipativa” della partecipazione. Ma a cosa può partecipare oggi una persona attiva in Russia? Gli ascensori sociali sono arrugginiti e la mobilità sociale, in particolare per la gioventù, rappresenta un problema enorme. La politica pubblica di fatto manca, perciò l'attività politica è impossibile. Anche quella sindacale è paralizzata. Da noi per la gente che protesta è più facile bloccare la Transiberiana che proclamare uno sciopero. La via verso gli ultrà calcistici, gli skinheads o le sette religiose – è questa la non ricca scelta che resta all'attuale regime per realizzare la vivace attività giovanile.

La politica interna, che conosceva solo le parole “proibire”, “inasprire”, “non permettere” e “punire”, per Nicola II risultò suicida nel vero senso della parola. Questa risultò letale per l'Impero Russo dei successi economici, in quanto lasciò alle sue forze attive una stretta fessura per la scelta tra il conservatorismo delle Centurie Nere e la rivoluzione bolscevica, la scelta tra la padella e la brace [11]. Adesso la scelta è ancora più ristretta, in quanto oggi sia il conservatorismo, sia la rivoluzione nel nostro paese possono essere solo delle Centurie Nere. Non c'è una terza forza. I liberali sono divisi ancor più della società. Quelli che sono in vista discutono su dove sedere o in quale parte della piazza Triumfal'naja [12] stare.

Un anno e mezzo prima delle elezioni presidenziali

I fatti della piazza del Maneggio non somigliano alle agitazioni etniche standard. Sono una celata protesta socio-politica in forma etnica. Ma per l'appunto questa forma rende poco credibile che tale attività si indirizzi nell'alveo della solidarietà civile e della creatività civile. Tra l'altro, nella storia contemporanea esperienze di simili trasformazioni ci sono state. Così la svolta quasi fantastica per risultati degli USA dal razzismo totale ancora negli anni '60 all'elezione a presidente di un afro-americano nel 2008 è indissolubilmente legata al nome del presidente J.F. Kennedy, anche se questi non prese subito su di se il ruolo di iniziatore della lotta con il razzismo.

Kennedy vinse con scarso margine le elezioni del 1960. In seguito il suo consenso prese a cadere in seguito al senso di caos nel paese causato dalle crescenti agitazioni dei neri. All'inizio del 1963 in risposta a queste agitazioni negli USA crebbe nettamente il livello di umori razzisti. Questo costrinse Kennedy a frenare le riforme delle relazioni tra le razze e l'ampliamento dei diritti civili dei neri per evitare un confronto aperto con i razzisti, gravido di complicazioni dei rapporti con il Congresso. Rinunciò a sostenere una nuova legislazione sui diritti civili, compreso il disegno di legge Clark-Seller, preparato su sua richiesta. Fino al maggio 1963 il lavoro sul problema nero, stando alle memorie del suo consigliere A. Schlesinger, fu l'ultimo della lista dei piani del presidente.

Tuttavia già a giugno, circa un anno e mezzo prima delle elezioni, Kennedy indirizzò un messaggio straordinario al Congresso, in cui espose il proprio programma nell'ambito dei diritti civili. Il suo senso politico consisteva nell'idea di “trasformare la rivoluzione nera in una cosa pacifica e costruttiva”. Nella sua campagna elettorale Kennedy contava non tanto sull'appoggio della minoranza nera, buona parte della quale allora era ancora priva del diritto di voto, quanto sull'unione delle forze moderate e assennate della maggioranza bianca davanti alla minaccia di una divisione razziale che avanzava. Le proposte di Kennedy sul problema razziale contenute nel messaggio erano molto moderate e compromissorie. Tuttavia anni dopo questo messaggio si prese a valutarlo come una svolta nei rapporti sociali negli USA, come un programma di “nuova frontiera” nell'ambito dei diritti civili. Questo programma fu seguito poi da tutti i presidenti USA indipendentemente dalla loro appartenenza partitica.

Ci si può aspettare che l'attuale presidente russo, la cui politica nella stampa pro-Cremlino viene definita la “seconda edizione del caos degli anni '90”, faccia uso della lezione del presidente Kennedy? Forse, ma, ahimè, solo come fiaba natalizia.

Ėmil' Pain
articolo speciale per la “Novaja gazeta”

25.01.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/008/07.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Nome dato nella Russia zarista alle zone in cui dovevano risiedere gli ebrei.

[2] Va notato che in russo il termine pogrom indica il tumulto popolare in generale.

[3] Vladimir Galaktionovič Korolenko, scrittore populista.

[4] Kliment Arkad'evič Timirjazev, biologo rivoluzionario.

[5] Vladimir Sergeevič Solov'ëv, filosofo e teologo.

[6] Gruppi ultranazionalisti e antisemiti.

[7] Organizzazione ultranazionalista.

[8] Pëtr Arkad'evič Stolypin, primo ministro ai tempi di Nicola II.

[9] Sergej Jul'evič Vitte, politico russo, fautore dell'industrializzazione.

[10] Tifoso dello Spartak ucciso in una rissa con dei giovani caucasici.

[11] Letteralmente “tra il fuoco e la fiamma”.

[12] “Trionfale”, piazza di Mosca, teatro di manifestazioni dell'opposizione.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/01/la-bomba-che-sta-per-esplodere-in-tutta_29.html

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