19 gennaio 2010

A proposito dei "servizi"

L'ufficio della Šaraška [1]



Lo FSB [2] spinge gli studiosi a fare scoperte scientifiche e poi li “incastra” per spionaggio. La testimonianza del direttore di un istituto dell'Accademia delle Scienze russa


A suo tempo mi fece grande impressione l'episodio descritto in un libro di Viktor Suvorov [3], in cui si raccontava del modo “scientifico” di un agente dei servizi segreti sovietici di incastrare un ingegnere di un'impresa dell'ambito della difesa. L'agente seppe conversare con l'“occhialuto” dei problemi tecnici che lo preoccupavano in modo tale che questo disse evidentemente troppo. Il destino ulteriore dell'“occhialuto”, stando a quest'opera, non fu invidiabile.

A dire il vero, non credevo che potesse esserci qualcosa del genere. Lo stato non può essere così spietato con i propri cittadini. Con le persone comuni, che non si erano macchiate di nulla. Ma si è messa in tal modo che già al nostro tempo è capitato di provare su se stessi qualcosa di simile. Tra l'altro di episodi del genere me ne sono successi non uno, ce ne sono state alcune decine (!)

Tutto ciò che è descritto sotto sono avvenimenti reali. Sono stati cambiati solo i cognomi dei protagonisti. Da qualche parte, per non toccare momenti irritanti, sono stati cambiati dettagli poco essenziali.

Nel 2004 nel mio ufficio di direttore di uno degli istituti scientifici dell'Accademia delle Scienze russa comparvero due ufficiali dello FSB. Il tenente colonnello Pčelin e il curatore del nostro istituto maggiore Paslënov ebbero una conversazione sulle violazioni finanziarie nell'istituto, scoperte poco tempo prima dal Rosfinnadzor [4]. Queste violazioni avevano tuttavia un carattere tecnico e perciò non mi inquietavano particolarmente. Non appena gli agenti degli organi [6] lo capirono, la conversazione passò su altri temi. Improvvisamente Pčelin chiese: “Dica, ma Lei ha nemici personali?”. “Probabilmente sì”, – risposi dopo avere un po' tentennato. “Sa, il nostro servizio ha possibilità così enormi che possiamo ammorbidire qualsiasi persona. Faccia i nomi e noi la aiuteremo”. Rimasi impressionato da questa proposta. Poi dissi che non avevo bisogno di questo tipo di servizi. Quando se ne andarono, capii che qui prima di tutto aveva avuto luogo un'usuale provocazione, evidentemente allo scopo di incastrarmi. Mi sorse la spiacevole percezione che i nostri servizi segreti lavorino con metodi molto sporchi, mirati all'“attivazione” delle inclinazioni più viziose delle persone. Avrei ancora capito se si fosse trattato di un soggetto con una stabile psicologia criminale – niente sciupa una persona del genere. Ma come si può applicare tutto questo a una persona comune, normale? Questa, indubbiamente, è una violazione dei diritti e delle libertà dell'uomo e del cittadino.

Nel 2005 abbiamo concluso un contratto vantaggioso con la società giapponese per il supporto alla scienza per preparare per loro un apparecchio scientifico (da noi all'istituto in questo campo c'erano ottimi specialisti e i componenti chiave dell'apparecchio in Russia costavano molto meno che sul mercato occidentale). Allora giunse da me Paslënov con una strana proposta: “Possiamo fare in modo che i giapponesi non perdano interesse a collaborare con voi”. Non lo capii affatto. Lo percepii solo quando l'apparecchio pronto durante un controllo doganale alla nostra frontiera fu rovinato in tal modo che per rimetterlo a posto toccò mandare un nostro specialista in trasferta in Giappone. Paslënov cioè aveva semplicemente proposto di fare a metà in modo elementare in cambio della garanzia di un atteggiamento normale dei servizi segreti nei nostri confronti. Se fosse semplicemente il desiderio di fare un guadagno o l'ennesima provocazione non si può determinare. Determinato era solo il senso sorto di nuovo di avere a che fare con qualcosa di sporco.

Si verificarono allora anche altri avvenimenti “interessanti”. Ma la cosa più importante aveva ancora da venire. Nel 2006 un collaboratore del nostro istituto, il professor Korostylëv lo FSB lo accusò di divulgazione di segreto di Stato. In cambio di un contributo dall'estero avrebbe trasmesso informazioni segrete. Era una totale sciocchezza. Il lavoro per il contributo consisteva in studi fondamentali nell'ambito di tematiche su cui gli studiosi del mondo intero si scambiano apertamente informazioni su riviste internazionali e in conferenze scientifiche. Le conclusioni “degli esperti”, sulla base delle quali è stato avviato il procedimento penale, erano assolutamente menzognere. Subito dopo l'avvio del procedimento penale mi invitarono a un colloquio alla sezione locale dello FSB. Gli stessi Pčelin e Paslënov mi proposero di collaborare allo smascheramento di Korostylëv. Al che gli ho detto che consideravo Korostylëv innocente. Quando me ne andai, entrambi avevano un'aria del tipo “Beh-beh, vedremo…”.

Il giorno dopo questa visita ricevette per posta elettronica una lettera di un certo Bednjakov di Mosca. Lo conoscevo un po', in precedenza aveva lavorato nello stesso ambito scientifico in cui lavoro. Questi mi comunicava di star collaborando con una ditta estera di innovazione scientifica e che questa ditta era interessata alla cooperazione con il nostro istituto su qualche tema allora di moda, che aveva a che fare con le nanotecnologie. Era stupefacente, ma proprio di questo tema iniziavamo allora ad occuparci. Bednjakov promise un generoso finanziamento da parte di fondazioni estere. Espressi interesse e presto Bednjakov comparve da noi con dei modelli per uno studio preventivo. Gli studi si conclusero con successo. Bednjakov giunse nel mio ufficio dicendo: “I nostri colleghi sono molto soddisfatti, mi hanno chiesto di pagarla direttamente ora”. Dissi che sono una figura ufficiale e che non posso ricevere denaro. “Concludiamo il contratto e allora riceverò quello che mi spetta nella cassa dell'istituto”. Mi colpì il cambiamento che si verificò improvvisamente in Bednjakov. Il suo aspetto divenne penoso, quasi con le lacrime agli occhi mi supplicò di non offendere i colleghi stranieri e di accettare il denaro. Subito dopo la sua partenza comparve da me il curatore Paslënov. Il suo aspetto era un po' smarrito. Cominciò a dire qualcosa di incomprensibile. A voce notevolmente abbassata all'improvviso prese di nuovo a propormi di collaborare, stavolta già per denaro.

Stranamente, dopo la partenza di Bednjakov tutti i rapporti con lui si interruppero completamente. E questo dopo numerose conversazioni sulle prospettive di questi studi e i risultati preventivi positivi! Qualche tempo dopo mi venne in mente all'improvviso come potessero stare le cose in realtà. Avremmo fatto un bell'effetto insieme, Korostylëv e io. Uno vende segreti agli stranieri, l'altro lavora illegalmente per una ditta straniera. Tutto questo si sarebbe inquadrato bene nell'ambito delle idee che si avevano allora in certe cerchie su come la scienza russa si sarebbe riorientata a lavorare per l'Occidente.

Ricordo la sensazione che mi sorse allora di essermi felicemente liberato di un serio pericolo. Di motivi per far sorgere tale sensazione in seguito ce ne furono più che a sufficienza. Con i miei occhi, per esempio, ho visto il rapporto di un agente operativo dello FSB sull'indispensabilità di avviare un procedimento penale nei miei confronti per divulgazione di segreto di Stato. Questo era il risultato dell'ennesima provocazione, che stavolta gli era riuscita. (Inizialmente mi fecero balenare l'idea dell'utilità di condurre un'expertise sulle relazioni di Korostylëv in altre organizzazioni scientifiche e poi mi accusarono del fatto che a queste organizzazioni le relazioni “segrete” sarebbero state spedite con una posta non segreta.) Non so cosa mi salvò allora. Forse l'evidente assurdità delle accuse mosse (copie di queste relazioni “segrete” si trovavano da tempo presso il finanziatore straniero). Forse la dura posizione della mia dirigenza – il vice presidente dell'Accademia delle Scienze russa dichiarò allora che non avrebbe abbandonato il direttore.

Il caso Korostylëv si concluse nel modo più felice – nel 2007 tutte le accuse a suo carico furono ritirate in conseguenza di un'expertise condotta finalmente in modo onesto sulle sue relazioni. Perché questo si verificò, non lo sappiamo. Fino ad allora con i casi di “scienziati-spie” non ce l'eravamo cavata senza menzogne. A ben vedere, questa fu una decisione della leadership del paese, presa contro il parere dello FSB.

Parrebbe che allora si potesse respirare in pace. Ma no, la catena delle trappole e delle provocazioni continuò. La sua descrizione prenderebbe troppo posto. Porto qui solo un caso, che mi fece una particolare impressione. Nello stesso 2007 si rivolse a me un certo Ivanov, rappresentante di una filiale della nostra città di una ditta straniera dedita all'introduzione sul mercato di materiale scientifico. In questa filiale lavoravano in collaborazione alcuni nostri ricercatori. Ivanov disse di essere interessato a un ampliamento della collaborazione con il nostro istituto e che avrebbe voluto siglare il corrispondente accordo. Aveva il testo pronto. Questo conteneva qualche centinaio di punti scritti in carattere piccolo. L'accordo era vantaggioso, secondo questo all'istituto sarebbe perfino spettato del denaro di questa ditta. Detti un'occhiata al testo, tutto sembrava normale. In ogni caso lo detti da guardare al mio vice. E devo essergli per sempre grato – questi fece attenzione a un breve punto nascosto in mezzo a un documento di molte pagine. Secondo questo punto ai nostri ricercatori, che lavoravano in precedenza in collaborazione nel tempo libero dal lavoro principale, adesso era permesso lavorare là anche nel tempo principale. Risultava che la gente doveva guadagnare lo stipendio dello stato russo da un tizio straniero. Per me questo significava subito due articoli del Codice Penale – abuso d'ufficio e uso illecito di finanziamenti statali. A Ivanov non dissi perché non avrei firmato l'accordo. Ma questi sorrise con comprensione: “Spero di vivere fino al tempo felice in cui ricorderemo tutto questo con umorismo”.

Mi sono rivolto con denunce per le evidenti provocazioni sia alla nostra dirigenza, sia al capo dell'UFSB [6] della nostra regione, il generale Radčenko e i suoi vice. La mia dirigenza non mi capì, ritenne che esagerassi. I vice del generale tacquero, ma egli stesso mi rispose per iscritto che lo FSB non aveva a che fare con i fatti indicati. Uno risposta autosmascherante: nel caso di Ivanov lo stesso fatto della trappola era così evidente che subito mi sorse la domanda: a chi era necessario ciò? Se non allo FSB, allora, probabilmente, ai servizi segreti stranieri – per il mio arruolamento. Sembrerebbe che allora lo FSB avrebbe dovuto obbligatoriamente interessarsi di questo…

Nel 2008 tutto continuò in questo spirito. Per esempio, un certo Vaščenko licenziato da noi per assenteismo si rivolse allo FSB per un appoggio e là lo imbeccarono a scrivere una delazione contro l'istituto. Questi lo fece, ma si impegnò troppo, accusando il direttore di un laboratorio di preparare tecnologie per il bioterrorismo. Per questo motivo ci fu una verifica ufficiale dello FSB. Ma la stupidità delle accuse era così evidente che la questione fu chiusa rapidamente.

Più tardi Vaščenko più di una volta cercò di ricattarmi per via di materiali segreti legati al lavoro precedente di cui sarebbe stato in possesso, che non avrebbero passato le dovute procedure all'istituto, ragion per cui gli organi avrebbero avuto un fondamento per mettermi sotto accusa. Il fatto che a questo ricatto avessero di fatto preso parte dei servizi accademici legati agli organi non lasciava dubbi sulla fonte di questa provocazione. Ma sapevo che tutto ciò era una rozza falsificazione e non reagii in alcun modo al ricatto.

Per nostra grande fortuna, tutte queste e altre trappole fallirono. Una volta, dopo l'ennesimo fallimento del genere, saltò anche lo stesso curatore Paslënov. Evidentemente, ricevuto una ramanzina dai superiori, una volta comparve nel mio ufficio comportandosi in modo del tutto inadeguato: prese a gridare di aver scoperto violazioni della segretezza nel lavoro dell'istituto e che adesso me la sarei vista brutta. E di nuovo l'unica salvezza per me, a suo dire, sarebbe stato l'assenso a collaborare. I suoi sospetti si rivelarono, certo, una totale sciocchezza, ma lo stesso fatto della rozza pressione era assai notevole.

Decisi che era troppo. Che un assenteista licenziato mi ricattasse rozzamente e che un maggiore dei servizi segreti urlasse al direttore di un istituto scientifico ben noto a livello mondiale... Nell'ottobre 2008 presentai una denuncia al presidente del nostro paese. Scrissi che intorno al nostro istituto dopo la fine ingloriosa per lo FSB del caso Korostylëv si osservava un'evidentemente insana attività di questo servizio segreto. Portai vari fatti.

La mia denuncia fu trasmessa alla Lubjanka [7] per essere esaminata. Presto sotto forma di telefonate e di fax da Mosca giunsero provocazioni di nuovo tipo. Non le racconterò, per non svelare del tutto il know-how dei nostri organi (non hanno violato I miei diritti e le mie libertà umane). Dirò solo che il loro scopo era mettere in cattiva luce la mia denuncia.

Nel dicembre 2008 ricevetti una risposta ufficiale dalla Lubjanka. Questa era assai notevole. Visto che era contemporaneamente anche una risposta al presidente del nostro paese, in essa non potevano esserci falsità. Perciò non c'erano come in precedenza cose del genere “Lo FSB non ha a che fare con i fatti indicati”. C'era qualcosa del tutto diverso: “Nelle azioni degli agenti degli organi di sicurezza nello svolgimento delle loro mansioni nel Suo istituto non sono state evidenziate violazioni della legislazione”. Cioè, delle azioni c'erano comunque state! E sul fatto che non ci fossero state violazioni era facile concordare. Nella Legge sull'operato degli organi operativi e di ricerca c'è una norma sul cosiddetto “esperimento operativo”. Tutte le trappole e le provocazioni si inquadrano facilmente in questa norma. In questo caso lo scopo dell'“esperimento” era, evidentemente, provare che alcuni studiosi russi si sono riorientati a lavorare per l'Occidente.

All'inizio del 2009 il generale Radčenko mi invitò a un colloquio da lui – riguardo al mio appello al presidente. Esposi nuovamente i fatti (non tutti, certo, in tutto, ripeto, ce n'erano alcune decine). Questi ascoltò attentamente. Si scusò a nome degli organi per l'uscita di Paslënov, ma quanto al resto disse: “Queste cose contro di lei sono state operate dai servizi segreti stranieri. Mi dispiace che sia passato il tempo, allora li avremmo beccati in flagrante”. Come mi sembrò, la cosa principale che lo interessava era se avessi prove dirette della partecipazione dello FSB a questi fatti. Convintosi che tutte le prove erano indirette, si tranquillizzò e ci lasciammo pacificamente. In generale il colloquio andò avanti in spirito benevolo e conclusi che adesso fosse giunta la fine di tutti i miei problemi.

Ma mi sbagliavo. Nel corso del 2009 ci furono 12 (!) nuovi casi di evidente provocazione. Il nostro istituto ricevette da alcune organizzazioni straniere proposte di cooperazione nell'elaborazione di diverse metodiche come: determinazione a distanza per mezzo di laser della luminosità dell'oceano (come per scopi ecologici, ma c'è anche il modo di trovare le tracce di sottomarini), generatori di nebbia artificiale (come per la purificazione dell'aria, ma è anche un metodo di mascheramento degli oggetti posti in date località), mezzi per la scansione per mezzo di eliche dello spessore delle calotte di ghiaccio negli oceani (anche questo ha un'applicazione militare diretta), ecc.. Le vie per cui queste proposte ci sono capitate fanno supporre che la loro fonte non si trovi affatto all'estero… Pare che l'“esperimento operativo” sia continuato.

Dispiace molto che l'applicazione della norma sull'“esperimento operativo” non sia regolamentata severamente dalla legge. Si può davvero applicarla contro cittadini ossequiosi delle leggi o contro organizzazioni e non una volta, ma qualche decina di volte di seguito? E' già tanto che non ci siamo ancora caduti. Perché quello che a prima vista è un pericolo puramente virtuale può trasformarsi in una reale condanna a molti anni. Così, per esempio, è successo allo studioso Igor' Sutjagin che abita nei pressi di Mosca. Molte circostanze della sua vicenda giudiziaria fanno supporre che sia stato vittima di una trappola dei cekisti [8] organizzata ad arte.

Ci sono anche altre vittime di questi “esperimenti”. Ci sono persone come Bednjakov, Ivanov, Vaščenko e molte altre simili a loro. Sono tutte persone con una psicologia deforme e un orientamento morale deviato. Tali sono diventati per molti aspetti grazie a un lavoro svolto con loro per l'attivazione dei lati oscuri dell'anima umana. Sono giustificate da qualche importante necessità dello stato tali “azioni degli agenti degli organi di sicurezza nello svolgimento delle loro mansioni”, che conducono alla degradazione morale della nostra gente? A mio parere, a conti fatti per il paese da tali metodi non si ha altro che danno. Fra l'altro, neanche persone tipo Paslënov e Pčelin si possono considerare membri normali della nostra società

Dossier della “Novaja gazeta”

I collaboratori dell'amministrazione dello FSB della regione di Novosibirsk [9] nel 2009 hanno scoperto oltre 100 agenti stranieri. “Quest'anno sono stati scoperti oltre 100 stranieri, che appartenevano all'apparato dei quadri e degli agenti dei servizi segreti di stati stranieri”, – si dice nel comunicato dell'istituzione. In casi particolari gli agenti dei servizi segreti stranieri vanno portati fuori dai confini del paese, altri agenti del controspionaggio semplicemente li “tengono sotto controllo”, ha precisato un rappresentante dell'amministrazione.

Ai servizi segreti esteri interessano le elaborazioni scientifiche portate avanti nella regione di Novosibirsk, in particolare nella cittadella accademica di Novosibirsk, hanno precisato allo UFSB.

“Il risultato del lavoro dell'amministrazione di Novosibirsk nel 2009 è stato il degno adempimento dei compiti per la lotta alla corruzione, alla sottrazione e allo spreco di risorse statali, all'operato di rappresentanti dei servizi segreti di stati stranieri, alla lotta ai tentativi di compiere atti terroristici, alla lotta al traffico illegale di armi, sostanze stupefacenti e metalli preziosi e al contrabbando”, – si dice nel comunicato stampa.

Sulla base di comunicati dei mezzi di informazione di massa



Commento

I loro metodi sono sempre stati di provocazione e reclutamento

L'accademico dell'Accademia delle Scienze Russa, membro del Comitato sociale in difesa degli studiosi Jurij Ryžov:

– Beh, che dire riguardo alla lettera dello studioso di Novosibirsk? Non ho letto le memorie di Suvorov su come lavoravano i servizi segreti sovietici, ma anche da altre fonti è ben noto a tutti che i loro metodi sono sempre stati di provocazione e reclutamento. Forse l'unica differenza tra gli ufficiali dei servizi segreti di allora e gli attuali è il fatto che quelli sovietici si occupavano di reclutamento per acquistare meriti presso la dirigenza, dimostrare la propria utilità, necessità, ecc.. Se questi in tal modo contavano su una promozione, gli agenti dei servizi di oggi in primo luogo hanno una qualifica più bassa, in secondo luogo, non li muove già più l'interesse per mostrine e stellette, ma il più primitivo, mercantile. Li muove l'aspirazione a cavalcare questi o quei flussi di denaro. Ma non per indirizzare questi flussi nelle casse dello stato, ma per spostarli nelle proprie. Tali sono gli stimoli di questo pubblico di provocatori e reclutatori oggi.

Ciò che racconta Sergej Dzjuba non è un caso unico. Occupandoci della difesa dei diritti umani dei cosiddetti “studiosi-spie”, abbiamo raccolto molti fatti del genere. Il loro numero ha cominciato a crescere enormemente negli anni Zero. E se all'inizio degli anni Duemila ci riusciva difendere almeno qualcuno, a cominciare dal 2004 tutte le provocazioni dello FSB si sono concluse tragicamente e la gente è stata messa in prigione con condanne che non danno neanche agli omicidi seriali.

Ed ecco che i cekisti della Russia democratica comunicano regolarmente su centinaia di agenti stranieri che si sono avvicinati alla nostra scienza e sono stati resi inoffensivi. Beh, questa è proprio un'assurdità. Gli uomini del KGB sovietico mi hanno detto che se in un anno acchiappavano tre-quattro vere spie, era un record. Perfino i professionisti del KGB ridono a crepapelle in risposta alle relazioni della dirigenza di vario livello dello FSB su centinaia di spie smascherate.

Sergej Dzjuba
direttore dell'Istituto di cinetica e combustione chimica della SO [10] dell'Accademia delle Scienze russa,
dottore di scienze fisico-matematiche,
professore

15.01.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/003/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Šaraška sta per “delinquenza”, ma anche per “polizia politica” e šaraškina kontora (“ufficio di delinquenti”, titolo dell'articolo e di un romanzo dello scrittore sovietico Boris Andreevič Guber) viene definita un'impresa truffaldina o comunque inaffidabile. Il gioco di parole è inestricabile.

[2] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l'erede del KGB.

[3] Pseudonimo di Vladimir Bogdanovič Rezun, storico sovietico emigrato nel Regno Unito.

[4] (ROSsijskaja) Federal'naja Služba FINansovo-Bjudžetnogo NADZORa (Servizio Federale (Russo) di Ispezione Finanziario-Contabile).

[5] Gli organi del ministero degli Interni, cioè i servizi segreti.

[6] Upravlenie Federal'noj Služby Bezopasnosti (Direzione del Servizio Federale di Sicurezza).

[7] Il palazzo nella piazza Lubjanskaja, tristemente noto come sede del KGB e adesso sede dello FSB.

[8] Če-Ka è lo spelling russo di ČK (Črezvyčajnaja Komissia po bor'be s kontrrevoljuciej i sabotažem – Commissione Straordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio), la prima polizia politica sovietica. I suoi agenti (e per estensione tutti gli agenti segreti) sono detti cekisti.

[9] Città della Siberia meridionale, considerata una sorta di capitale della regione.

[10] Sibirskoe Otdelenie (Sezione Siberiana).



http://matteobloggato.blogspot.com/2010/01/i-giochi-sporchi-dei-servizi-russi-con.html

Nessun commento: