11 novembre 2009

A proposito del crollo del Muro

A partire dal Muro…



20 anni fa finiva la guerra fredda. Da allora la Russia, unica tra le grandi potenze mondiali, non ha sfruttato la chance della modernizzazione economica, della democrazia e della libertà


Il 9 novembre 2009 il mondo intero festeggia il ventennale della caduta del Muro di Berlino. Grazie alla perestrojka e al “nuovo pensiero” di Michail Gorbačëv centinaia di milioni di persone hanno ottenuto la libertà di scegliere il proprio destino. Il mondo è cambiato radicalmente. L'Occidente si è allargato e si è rafforzato – nella NATO adesso ci sono già 28 paesi, nella UE – 27, in entrambe le organizzazioni c'è una lunga fila di aspiranti. L'Oriente cresce tumultuosamente. La Cina dall'11.a economia del mondo nel 1990 è divenuta la terza, l'Asia è divenuta il secondo centro economico mondiale dopo UE e USA, la principale locomotiva della crescita economica mondiale. La Russia, il paese che aveva posto fine alla guerra fredda, l'iniziatrice della ricostruzione del mondo intero, ha subito in questi 20 anni una triplice sconfitta. Ha perduto la propria modernizzazione economica. Ha perduto la libertà e la democrazia. Ha perduto la propria autorità e la propria reputazione mondiale.

1.

Dal punto di vista dei risultati nello sviluppo politico interno, il principale esito di due decenni di transizione è stato il consolidamento dello stato russo, avvenuto negli anni di presidenza di V.V. Putin, non su base democratica (come si supponeva e si dichiarava all'inizio del passaggio), ma su base autoritaria. Il regime politico esistente in Russia corrisponde totalmente alle caratteristiche generalmente riconosciute dei regimi autoritari. Il potere è esercitato da una ristretta elite dominante con una minima partecipazione della popolazione, i poteri degli istituti rappresentativi sono sostanzialmente limitati, si ignora il principio della divisione dei poteri, vengono ristretti i diritti civili e politici, è avvenuta un'illegale (o quasi legale) presa di potere da parte di un gruppo dominante, gli organi di potere regionale e locale sono stati trasformati in strutture fantoccio, è avvenuta una netta concentrazione di potere nelle mani della sua branca esecutiva con a capo il presidente/premier, è grande la personificazione del potere nella persona di V.V. Putin.

Un anno e mezzo di presidenza di D.A. Medvedev non ha portato alcun mutamento nella vita politica russa, il regime politico e le pratiche autoritarie si conservano immutati. Il nuovo capo di stato opera nella sfera d'azione di V. Putin. Quest'ultimo mostra apertamente le proprie ambizioni politiche inerenti a un ritorno al Cremlino nel 2012, che dopo la nota modifica della Costituzione può garantirgli il mantenimento del potere come minimo fino al 2024 [1]. La Russia oggi come mai è vicina a sancire un regime praticamente a vita di potere personale di V. Putin e del suo gruppo.

Anche se la sociologia tra la fine degli anni '90 e gli anni “zero” aveva fissato la questione sociale nel “portare ordine” e nella stabilità, nessuna delle principali misure di Putin per l'accantonamento delle libertà democratiche e lo smontaggio delle pratiche e degli istituti democratici ha avuto l'appoggio della maggioranza e parte di esse è stata estremamente impopolare (per esempio l'abolizione dell'elezione diretta dei governatori e dell'elezione dei deputati della Duma di Stato [2] in collegi uninominali). Compiere riforme antidemocratiche gli è riuscito facilmente non perché il popolo le voleva, ma perché era passivo.

Le elite non sono state affatto costrette al nuovo ordine di Putin, come si è spesso usi a pensare. La parte principale dell'elite del periodo di El'cin (ministri, oligarchi [3], governatori) si è integrata facilmente nella nuova struttura di potere. Alcune perdite di potere e di influenza (in favore degli uomini delle strutture armate, degli uomini di Piter [4] e della cooperativa Ozero [5]) sono stati compensati con gli interessi grazie a nuove acquisizioni. E cioè – la liquidazione della concorrenza politica, l'abolizione delle elezioni, il passaggio di fatto a un dominio senza scadenza e senza controllo sulle regioni, così come l'aperta posizione del potere in appoggio al grande business monopolistico, che è particolarmente ben visibile nell'attuale crisi. La lealtà al gruppo di Putin in cambio della possibilità di potere e arricchimento senza controllo e senza scadenza è l'essenza del “patto sociale” con le elite dell'epoca di Putin.

2.

Davanti ai nostri occhi è stata creata una nuova ideologia di Stato, sempre più duramente inculcata alla società, anche sotto l'aspetto di lotta contro le “falsificazioni della storia”. Questa è basata sul prestito in forma rinnovata di tre ideologemi di base del potere sovietico:

– l'ideale della “grande potenza”, impegnata nella difesa della propria “grandezza” nel mondo, nella contrapposizione prima di tutto all'Occidente, che svolge il ruolo, importante per la legittimazione interna del regime, di principale e antico nemico della Russia;

– l'ideale dello stato “dalla mano dura”, senza il quale, secondo la versione ufficiale, la Russia non potrebbe né essere una grande potenza, né addirittura conservarsi come paese unito;

– l'idea dell'indispensabilità di uno stato dirigista e paternalista, che guida direttamente branche e imprese e che prende anche sotto la sua protezione le “persone semplici”, che altrimenti non sarebbero capaci di sopravvivere da sole.

Una tale ideologia della “democrazia sovrana” è incompatibile con valori e istituti liberali e democratici. Da qui “prende piede” [6] anche la rinascita del culto di Stalin, in quanto proprio Stalin incarna al massimo grado gli “ideali” della grande potenza, del forte stato autoritario, del dirigismo/paternalismo. Il risultato di vent'anni di transizione sono stati il suo perfezionamento e la trasformazione della Russia post-sovietica in una Russia neo-sovietica.

3.

Potrà la Russia neo-sovietica reggere la sempre più accesa concorrenza globale nei prossimi 10-20 anni e svolgere i compiti vitali della propria modernizzazione?

Difficilmente – una Russia del genere non ha chance contro le giovani democrazie di Europa, Asia e America Latina, così come contro la Cina autoritaria. La principale differenza tra la Russia e gli altri paesi in via di sviluppo è la fusione senza precedenti del potere e del business pubblico, impensabile in Cina, in India, in Brasile e in altri paesi L'autoritarismo sotto forma di fusione del potere e del business ci infetta di malattie causate dalla stessa natura del regime, che uccidono qualsiasi tentativo di modernizzazione. Tre di esse le indica Egor Gajdar [7]:

– ampia diffusione (con continua crescita) della corruzione;

– “sclerotizzazione” del regime (incapacità di innovazione, di creare condizioni per essa, di aumentare la concorrenzialità);

– diretta provocazione di “fuga dei cervelli” dal paese.

A questi “vizi congeniti” del sistema ne aggiungo altri tre:

– questo regime non è capace in realtà di stabilire la supremazia della legge, cioè fra l'altro di difendere la proprietà privata e i contratti e di garantire l'indipendenza, cioè la funzionalità del sistema giudiziario;

– non può garantire pari condizioni di concorrenza sui mercati, limitare gli appetiti dei monopoli e limitare sussidi e protezionismo;

– non può ridurre a livelli accettabili la disuguaglianza sociale e tra le regioni.

Senza seri mutamenti politici la Russia è destinata ad una rapida decadenza, alla sconfitta definitiva nella concorrenza globale (nella classifica della concorrenzialità del Forum Economico Mondiale del 2009 siamo rotolati già di 12 posizioni in confronto al 2008 (al 63° posto al mondo), facendosi passare avanti Turchia, Messico, Brasile, Indonesia, Azerbaijan, per non parlare di Cina e India). L'inarrestabile assottigliamento delle caratteristiche qualitative della Russia, osservata negli ultimi anni, deriva direttamente dalle caratteristiche basilari del regime politico capitalistico-statale che si è stabilito dall'autoritarismo burocratico e dalla fusione del potere e del business.

4.

Non si possono sottovalutare la volontà politica e le risorse di quelli che sono al potere. E più in generale – di chi sta per la conservazione dello status quo che si è creato. Questi si terranno stretto il potere e le super-entrate. Non va dimenticato neanche che una parte significativa della popolazione del paese appoggia la stabilità che si è creata, sia pure a un livello molto basso, e gli ideologemi neo-sovietici promossi dal potere. Per la conservazione della stabilità del regime lavoreranno anche le finora apparentemente inesauribili risorse naturali della Russia.

Allo stesso tempo la Russia non è una società monolitica, in essa ci sono strati, che hanno realmente perso qualcosa a causa della verticale del potere di Putin, sono insoddisfatti della propria posizione e possono essere un ambiente di coltura per i cambiamenti. Sono tre:

“Liberali” – il centro Levada [8] li considera stabilmente il 15-20% della popolazione del paese, residente principalmente nelle grandi e medie città, con un alto livello di istruzione, con uno stile di vita attivo, che sostiene fermamente la libertà e la democrazia. Non a caso proprio nelle grandi e medie città, dove il livello di istruzione e di vita è più alto è minore il sostegno al partito del potere alle elezioni. Questi 15-20 milioni di persone non sono rappresentati oggi nel parlamento federale e nella maggio parte delle assemblee regionali e locali.

“Democratici” (nel senso ampio del termine) – dai comunisti al resto della sinistra, dai sindacati indipendenti alle numerose organizzazioni non lucrative, dai nazionalisti moderati agli automobilisti agli ecologisti e agli attivisti per i diritti umani. Tutti questi, come pure i liberali, sono perseguitati dalle autorità e privati della possibilità di una normale partecipazione alla politica.

Zemcy[9] – parte significativa delle elite regionali e municipali non inserita nella ristretta verticale di “Russia Unita” [10], che ha perso l'influenza politica ed economica a causa della monopolizzazione e della verticalizzazione del potere.

Potenzialmente i liberali possono ottenere l'appoggio delle masse ai propri slogan in difesa dei diritti e della dignità delle persone, delle libertà politiche, delle elezioni corrette, dell'uguaglianza di tutti davanti alla legge, della trasparenza e della responsabilità del potere, della creazione di pari condizioni per la concorrenza politica ed economica.

I democratici possono aspettarsi l'appoggio alle idee di partecipazione del popolo alla politica, di controllo da parte del popolo, di responsabilità del potere davanti al popolo, di giustizia sociale, di liquidazione dei privilegi di casta e materiali, di lotta spietata alla corruzione, di autonomia etnico-culturale dei popoli.

Gli zemcy possono aspettarsi risonanza dalle idee di sviluppo dell'autogoverno locale, di rafforzamento dell'autonomia e della base redditizia delle regioni, delle città e dei villaggi, di decentramento delle risorse e dei poteri, di diritti delle persone a risolvere da sole le proprie questioni là, dove vivono e lavorano.

La teoricamente possibile unione di liberali, democratici e zemcy, diretta contro l'oppressione dei clan al governo, dell'alta burocrazia federale e dei monopoli dominanti senza controllo potrebbe mutare i rapporti di forza. Come creare in pratica una simile unione di forze così diverse in un paese così grande e multiforme come la Russia forse è il compito meno banale del nostro tempo.

(Alla base dell'articolo – un rapporto al Carnegie Center, letto dall'autore il 16 settembre 2009)

Vladimir Ryžkov,
professore dell'Università Statale – Alta scuola di economia, presidente del movimento sociale “Scelta della Russia”

09.11.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/124/15.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Il mandato presidenziale è stato portato da 4 a 6 anni ed è stata mantenuta la clausola per cui nessuno può essere presidente per più di due mandati consecutivi.

[2] Tutte le assemblee legislative russe si chiamano Duma, di qui la precisazione.

[3] Così sono chiamati i miliardari russi come Abramovič.

[4] Nome colloquiale di San Pietroburgo, città natale di Putin.

[5] “Lago”, cooperativa di proprietari di dacie fondata tra gli altri da Putin e i cui membri hanno ottenuto posti molto importanti nello stato russo.

[6] Letteralmente “crescono le gambe”.

[7] Egor Timurovič Gajdar, economista e politico, primo ministro sotto El'cin.

[8] Centro indipendente di indagini sociologiche fondato da Jurij Aleksandrovič Levada.

[9] “Gente del territorio” (da zemlja, “terra”). Il corsivo è mio.

[10] Il “partito del potere”, che porta avanti la politica di Putin.



http://matteobloggato.blogspot.com/2009/11/ventanni-dopo-la-caduta-del-muro-la.html

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