16 settembre 2009

A proposito dei prodromi della seconda guerra cecena (I)

I dubbi non vanno in prescrizione


Perché dopo 10 anni non sappiamo la verità sulle esplosioni dei condomini


Sono passati 10 anni dalle esplosioni di settembre dei condomini di Mosca e Volgodonsk [1]. E più di cinque anni dalla fine del processo al tribunale cittadino di Mosca, che si tenne a porte chiuse. Nel corso di questo processo vennero coperte dal segreto e “protocollate” alcune informazioni allora note sugli avvenimenti del 1999. Per amor di giustizia notiamo che ciò fu fatto non solo tenendo conto delle opinioni dell'accusa. Ma purtroppo gli inquirenti e il tribunale non riuscirono a sistematizzare tutti i dati e a chiarire il quadro del crimine.

E anche se “la ricerca della verità” nel Codice di Procedura Penale della Federazione Russa adesso non viene più dichiarata scopo principale, è importante capire: cosa non hanno potuto o non hanno voluto chiarire gli inquirenti, i procuratori e i giudici? Cos'è rimasto “tra parentesi” del processo? E perché sui risultati delle indagini sull'esplosione del condominio a Bujnaksk [2] non c'è una tale quantità di domande e incomprensioni? Ecco che là sono stati presi (o nominati) tanto gli esecutori, quanto gli organizzatori. E gli sono state date condanne non lievi, le vittime delle loro malefatte non erano poche. E' solo perché nel Caucaso in questi anni sono abituati a tutto o per la differenza di situazioni e di risonanza pubblica?

Non è di poca importanza il fatto che gli inquirenti moscoviti siano andati per una strada più di una volta indicata dall'alto. “Il motivo di queste esplosioni è stato chiarito da noi, – dichiarò alle “Izvestija” (29.04.2003) una fonte della Procura Generale della Federazione Russa. – In agosto i militanti capeggiati da Basaev attaccarono alcuni villaggi daghestani al confine con la Cecenia. Le forze federali li cacciarono di là, cosa che, essenzialmente, dette impulso per iniziare una nuova operazione antiterroristica. Dando l'ordine di compiere le esplosioni Basaev, da una parte vendicò i “compagni” uccisi e dall'altra voleva spaventare. Contava in tal modo di far pressione sulla leadership politica del paese e fermare i militari russi e gli agenti dei servizi segreti”.

Le domande scomode sulle indagini sugli atti terroristici non sorgerebbero se ci fosse piena apertura e chiarezza sui risultati delle indagini stesse.

Per quanto si può giudicare dalle informazioni che filtrarono all'inizio del 2004 dall'aula chiusa del processo, né Marina Komarova – il giudice, che ha condotto molte faccende dello FSB [3], né i procuratori si sono posti evidentemente tale supercompito. Lo stesso si può dire degli imputati Dekkušev e Krymšamchalov (che evidentemente avevano a che fare con questi atti terroristici) e dei loro avvocati. E anche delle parti lese.

I rappresentanti dello stato non buttarono a intrufolarsi nei segreti degli avvenimenti e nelle mancanze delle indagini. Perlomeno non si sono lanciati a cercare di sapere più di quel che era necessario per accusare e punire solo quegli imputati, che erano caduti vivi in mano alla magistratura. Gli altri, che non erano rimasti in vita o si erano nascosti, restarono così nell'ombra del processo e insieme a loro anche molti fatti.

Cioè, questo è affare nostro e vostro – capire e valutare il lavoro che hanno svolto le forze dell'ordine e anche tentare di chiarire quali materiali non hanno visto la luce e perché ciò è avvenuto.

Di tutto ciò si sono occupate alcune persone che non hanno i poteri degli inquirenti e le possibilità di ricerca dei servizi segreti. Noi siamo membri della Commissione Sociale creata nella primavera 2002 per iniziativa del defunto Sergej Jušenkov [4] con l'attiva e indipendente collaborazione di alcuni ricercatori all'estero.

Anche se l'esame giudiziario del caso si è compiuto da tempo, alcune importanti figure restano lontane dall'attenzione del pubblico. Alcuni testimoni, per considerazioni personali, non desiderano essere oggetto di un interesse pericoloso per loro. E l'ex agente dello FSB Michail Trepaškin, divenuto avvocato delle parti lese, si è scontrato con una persecuzione penale e si è beccato una condanna alla colonia penale, cioè si è trovato “buttato fuori” dall'ambito del processo. E non è neppure escluso che nel corso del procedimento abbia potuto porre domande “non buone”.

L'intreccio degli avvenimenti del caso degli atti terroristici è piuttosto semplice. Nell'estate 1999 alcune persone hanno preparato e trasportato qualche sostanza esplosiva a Mosca e a Volgodonsk, dove l'hanno fatta esplodere sotto dei condomini a più piani. Questa versione abbastanza solida è stata ben studiata dagli inquirenti. Le confessioni di due persone accusate della preparazione dell'atto terroristico di Mosca e dell'esecuzione di quello di Volgodonsk e sopravvissute fino al processo confermano le prove raccolte sul caso. Ma insieme a queste ci sono dei seri punti oscuri, che non si è riusciti a eliminare in questi anni.

Le nostre domande riguardano non solo ciò che probabilmente manca nei materiali del caso, ma anche ciò che nell'ambito di esso non è stato studiato o in parte non è giunto al processo.

La prima domanda è legata alle deposizioni (al processo e prima del processo – ai membri della nostra commissione) dal locatore di un'abitazione nel condominio in via Gur'janov [5] Mark Bljumenfel'd. Giunto sul luogo dell'esplosione nella notte del 9 settembre, aiutò a fare l'identikit del subaffittuario giunto in precedenza due volte da lui con un passaporto [6] a nome Lajpanov. Allora e durante il processo Mark Bljumenfel'd dubitò che fosse quell'Ačemez Gočijaev che fu indicato dagli inquirenti come principale esecutore degli attentati di Mosca.

Mark spiegò questo così: non era d'accordo con la coincidenza dei due identikit né a Lefortovo [7], quando su di lui pendeva l'accusa di complicità nelle esplosioni, né poi quando fu messo in libertà, né come testimone sotto giuramento al processo. Il primo “ritratto” l'aveva creato da solo nella notte dopo la prima esplosione [8]. Il secondo (ben più somigliante alla foto del vero Gočijaev) fu mostrato degli inquirenti, che l'avevano ricevuto da altre fonti.

Tuttavia al processo l'accusa formulò la domanda nel modo seguente: “Chi nelle tre foto (non più identikit) a Lei mostrate è più somigliante all'uomo, che ha preso in affitto un'abitazione in via Gur'janov?”

Bljumenfel'd indicò la foto di Gočijaev perché gli altri due volti non erano assolutamente somiglianti a quello con cui concluse un accordo di subaffitto alla vigilia del 9 settembre 1999.

Queste testimonianze non smentiscono il fatto che abbiano potuto esserci due persone: n. 1, il vero affittuario, che presentò il passaporto di Lajpanov e fu descritto da Mark nel primo identikit come persona “con aria da intellettuale” e n. 2 – quello che fu riconosciuto come Ačemez Gočijaev.

Questo, si capisce, non significa che gli inquirenti abbiano rifilato Gočijaev a Bljumenfel'd e al tribunale al posto di qualche altra persona. Ma il tribunale non si è proprio buttato a spiegare se queste erano due persone diverse: Gočijaev, con tutto quello che si sapeva di lui e qualcun altro che aveva affittato l'abitazione.

In ogni caso questa circostanza era molto importante per quanto riguardava la possibilità colpevolezza di Gočijaev o di un'altra persona (o la loro colpevolezza comune), anche se non serve come prova di una diretta partecipazione dello FSB agli atti terroristici. Questo mostra solo che gli inquirenti consideravano sospetto il già allora “catalogato” Gočijaev e non qualche sconosciuto. Naturalmente si sarebbe comportato così qualsiasi inquirente, in particolare in una situazione in cui dei criminali fanno esplodere dei condomini. Ma perché il tribunale non ha rivolto attenzione al fatto che Gočijaev avrebbe potuto non essere solo?

Nel processo ci sono anche deposizioni di altri testimoni, che in quei giorni videro una persona che registro la propria ditta e poi affittò diverse abitazioni. Praticamente tutti questi testimoni erano d'accordo sul fatto che l'identikit o la foto reale di Gočijaev gli ricordavano molto questa persona. Ma tutti questi per vari motivi non furono portati al processo, ma Bljumenfel'd per qualche motivo fu portato e fu interrogato dettagliatamente, anche se non era del tutto d'accordo con gli inquirenti. Un po' strano per chi nasconde le tracce.

Al tribunale e al procuratore evidentemente non piacevano i dubbi di questo importante testimone nell'identificazione di Gočijaev (condotta con notevoli pecche operative e processuali). Cioè, il compito principale dello studio di questa questione non è stato finora adempiuto e restano dei dubbi: Gočijaev era solo o ad affittare l'abitazione andò anche qualcun altro?

Seconda domanda. L'avvocato delle parti lese, in passato agente dello FSB, Michail Trepaškin nel primo identikit riconobbe una persona che in precedenza nel 1999 egli stesso e una serie di altre persone avevano visto in tutt'altra situazione. Era un certo Vladimir Michajlovič Romanovič, agente dello FSB, che si era specializzato nell'infiltrarsi nei gruppi armati ceceni e che qualche mese dopo gli atti terroristici morì a Cipro, finendo sotto una macchina laggiù.

Questa era un'affermazione molto forte, che era indispensabile analizzare dettagliatamente nel corso del procedimento: facendo domande agli imputati, ai testimoni, allo stesso Trepaškin e ad altre figure ufficiali da lui indicate – pareva che molte di esse conoscessero bene Romanovič e Gočijaev. E' interessante anche sapere se verificarono le parole dello stesso Gočijaev (nelle sue lettere aperte) sul fatto che nell'affitto delle abitazioni fu guidato da un buon conoscente, con cui era andato a scuola. Gočijaev inoltre alluse ai legami di questo conoscente con lo FSB.

Tempo e possibilità per una verifica c'erano. Ma il tribunale si disinteressò apertamente di ciò. Michail Trepaškin, che come avvocato delle parti lese avrebbe potuto sollevare questa questione, non comparve nell'aula delle udienze. Com'è noto, gli misero addosso di nascosto una pistola e poi lo accusarono di detenzione di alcuni proiettili e di rivelazione di segreto di stato.

Certo, questa non è ancora una prova. Stando alla descrizione approssimativa fatta da Bljumenfel'd la notte dopo l'esplosione, riconoscere una persona che aveva visto in precedenza solo in una foto (come dice Trepaškin), è abbastanza difficile. E Trepaškin ha ricordato questo solo qualche anno dopo in un'intervista alle “Moskovskie Novosti” [9] (anche se nel 1999, a suo dire, l'aveva comunicato alla dirigenza dello FSB e gli aveva trasmesso una foto). Ma perché fino ad allora non ha mai parlato di Romanovič alla Commissione Sociale? Eppure abbiamo lavorato in contatto con Michail Trepaškin per molto tempo. Forse questo era materiale da avvocato per il processo a porte chiuse e a noi il collega non ha affidato un tale smascheramento dello FSB?

Fra l'altro, al tribunale sarebbe spettato verificare la versione su Romanovič in ogni caso. Così come alla dirigenza dello FSB sarebbe spettato chiarire al pubblico: avevano negli anni '90 l'agente non iscritto a ruolo Vladimir Michajlovič Romanovič? E cosa gli è successo?

Terza domanda. Uno degli episodi chiave delle indagini è legato al nome di Tat'jana Korolëva, che prese parte alla registrazione della ditta di Gočijaev. Con un passaporto falso a nome Lajpanov questi poi affittò delle abitazioni nei condomini dove fu posto l'esplosivo. Stando a quanto fu comunicato alla stampa, Korolëva fu arrestata nell'intervallo tra la prima e la seconda esplosione, ma al mattino del 13 settembre fu rilasciata. Più tardi sulla stampa comparvero notizie che rimandavano a una fonte delle forze dell'ordine, secondo cui Korolëva sarebbe stata l'amante di Gočijaev e sarebbe fuggita insieme a lui in Cecenia.

Tuttavia adesso si hanno informazioni ricevute nel corso dell'indagine giudiziaria. La corte ha interrogato una testimone che ha mostrato che proprio lei aveva registrato la ditta di Gočijaev “Brènd-2” insieme ad altri suoi collaboratori, tra cui anche Korolëva, – e tutti avevano visto il terrorista. Tra l'altro tutti questi testimoni furono allora trovati rapidamente, furono interrogati in proposito e furono lasciati andare.

Ma perché la corte non interrogò Korolëva, che viveva a Mosca e che negli articoli del 1999 fu dichiarata quasi una complice di Gočijaev, anche se in realtà si erano “incrociati” solo qualche giorno prima delle esplosioni? Perché la Procura nelle udienze del processo non smentì le pubbliche accuse sui legami di Korolëva con lo FSB? E cosa nascosero a proposito di questa gli inquirenti, che erano così aperti a informare il pubblico in quel memorabile autunno?

Certo, ci risponderanno che al processo non accusavano Gočijaev, che la corte non ha il diritto di uscire dall'ambito dell'accusa presentata. E in effetti per propria iniziativa la corte non può farlo. Ma una volta che l'accusa aveva chiamato molti testimoni degli episodi di Mosca, non sarebbe stato meglio in una volta sola chiarire la non complicità con i terroristi di Vladimir Romanovič, Tat'jana Korolëva e altre persone? Eppure questo è stato fatto nei confronti degli altri “registratori” della ditta che lavoravano con lei. Perché rimandare questa faccenda fino alla cattura di Gočijaev?

Quarta domanda. Al processo non sono comparsi due testimoni di non poca importanza dello stesso episodio di via Gur'janov. Eppure Mark Bljumenfel'd nel corso delle indagini aveva mostrato che a dare in affitto un'abitazione del condominio a una persona con passaporto a nome Lajpanov lo avevano aiutato attivamente dei collaboratori del ministero degli Interni – tali Ismailov e Verbljud. Anche questi videro il “subaffittuario” prima delle esplosioni ed evidentemente erano interessati ad ottenere un guadagno da tale subaffitto. Uno di questi collaboratori era di Petrovka, 38 [10], l'altro era un uomo del RUBOP [11] locale. Entrambi si interessarono delle indagini e passarono qualche tempo a Lefortovo.

Non c'è motivo di sospettarli di complicità nella preparazione dell'atto terroristico, ma perché queste persone, che idealmente devono possedere una memoria professionale per i volti, non sono state chiamate in qualità di testimoni?

La quinta domanda riguarda il confronto dei risultati di diverse analisi, fatte per determinare la composizione chimica dell'esplosivo, la sua quantità, la sua distribuzione nei sacchi, le caratteristiche del loro caricamento e così via. Era indispensabile confrontare i “parametri”: 1) di ciò che fu preparato e impacchettato a Kislovodsk [12] con la partecipazione di Krymšamchalov e Dekkušev; 2) di ciò che fu trasportato a Mosca e trovato poi non utilizzato in via Krasnodarskaja [13] 70 e in via Borisovskie Prudy [14]; 3) e di quelle che furono identificate come tracce delle esplosioni di due edifici a Mosca e di uno a Volgodonsk.

La corte non ha fatto seriamente attenzione al confronto dei dati di tutte le analisi condotto nel corso delle indagini. Alle udienze non sono stati chiamati gli esperti, il che non ha dato piena possibilità alla difesa e ai rappresentanti delle parti lese di porgli domande importanti per chiarire la verità.

Eppure ci sono anche altri materiali degli esperti. Da qualche parte si conservano o mancano (il che potrebbe essere indicativo) analoghe informazioni sui sacchi di zucchero (o di esogeno [15]) non utilizzati nell'imitazione di una preparazione di un atto terroristico a Rjazan' [16] sempre nello stesso disgraziato settembre 1999. Che fossero esercitazioni dello FSB o altre operazioni, sarebbe stato importante confrontare il trasporto e il metodo di impacchettamento di questi sacchi con quello di quelli sopraelencati.

Inoltre tra i materiali delle indagini sul caso di Rjazan', se in generale ci fossero, potrebbero esserci le tracce di conservazione di sacchi simili nel reparto militare presso tale città. Ad ottenere la declassificazione delle informazioni sulle esercitazioni dello FSB a Rjazan' non si è riusciti, anche se a questa epopea fu dedicata molta attenzione nel corso del contenzioso del deputato della Duma di Stato [17] Sergej Kovalëv [18] con la Procura Generale.

Alle domande poste qui non è tardi per tornare ora. Se in questo caso non è rimasto alcun segreto, allora lo stato dovrebbe essere interessato al chiarimento di tutte le circostanze degli avvenimenti del 1999 e noi come in precedenza siamo pronti ad aiutarlo in questo.

Valentin Gefter,
direttore dell'Istituto per i diritti umani,
membro della Commissione Sociale per le indagini
sulle circostanze delle esplosioni dei condomini a Mosca e Volgodonsk
e della conduzione di esercitazioni a Rjazan' nel settembre 1999

09.09.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/099/17.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Città della Russia meridionale.

[2] Città del Daghestan centro-meridionale, dove nell'esplosione di un condominio il 4 settembre 1999 morirono 64 persone e 146 rimasero ferite.

[3] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l'erede del KGB.

[4] Sergej Nikolaevič Jušenkov, deputato liberale ucciso in un attentato nel 2003.

[5] Via della zona centro-meridionale di Mosca.

[6] In Russia non esistono carte d'identità e il passaporto è l'unico documento d'identità.

[7] Carcere nella periferia occidentale di Mosca.

[8] All'esplosione dell'8 settembre 1999 in via Gur'janov a Mosca seguì quella del viale Kaširskoe del 13 settembre.

[9] “Notizie Moscovite”, settimanale un tempo pubblicato in inglese e russo, oggi solo in inglese.

[10] “Petrovka, 38” sta per via Petrovka, 38 – sede del GUVD (Glavnoe Upravlenie Vnutrennich Del – Direzione Principale degli Affari Interni), in pratica la polizia moscovita.

[11] Rajonnoe Upravlenie po Bor'be s Organizovannoj Prestupnost'ju (Direzione Provinciale per la Lotta alla Criminalità Organizzata).

[12] Città della Russia meridionale.

[13] Via della zona sud-orientale di Mosca.

[14] “Via degli Stagni di Borisovo”, nella zona meridionale di Mosca.

[15] Esplosivo utilizzato in ambito militare.

[16] Città della Russia centro-meridionale.

[17] Tutte le assemblee legislative russe si chiamano Duma, di qui la precisazione.

[18] Sergej Adamovič Kovalëv, ex dissidente sovietico.


http://matteobloggato.blogspot.com/2009/09/dieci-anni-dagli-attentati-del.html

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