30 settembre 2008

A proposito di Kadyrov (XI)

I bambini non hanno lasciato traccia

Nell’ambito del piano “Groznyj senza tracce della guerra” nella capitale cecena hanno inaugurato un palazzo per i funzionari. Ai festeggiamenti mancavano solo coloro, ai quali questo edificio apparteneva in precedenza

A Groznyj è stato inaugurato in pompa magna il nuovo municipio. Il presidente della Repubblica Cecena ha chiamato questo avvenimento parte del piano “Groznyj senza tracce della guerra”.

Il sindaco della città Muslim Chučiev ha raccontato le difficoltà della costruzione, nel corso della quale si sono dovute ricostruire le tre sale di riunione e del lusso in cui lavoreranno i funzionari: “Per la decorazione dell’edificio sono stati impiegati materiali decorativi moderni di alta qualità: granito, marmo, pietre decorative di Derbent [1], travertino. La particolarità di questo edificio è il suo ornamento nazionale esterno”.

All’inaugurazione c’era molta gente. Mancavano solo coloro, ai quali questo edificio apparteneva in precedenza.

Fino al 1994 in questo edificio, uno dei più belli del centro di Groznyj, c’era il Palazzo della Creatività infantile e giovanile. Qui ogni giorno giungevano centinaia di bambini, anche dalla periferia di Groznyj e dai villaggi.

Proprio i bambini hanno sofferto più di tutti a causa della guerra e proprio questi idealmente dovrebbero ricevere oggi il meglio. Macché! I funzionari ceceni e i loro interessi si sono rivelati assai più importanti. Ma ai bambini hanno promesso di costruire qualcosa poi. Hanno perfino deciso il posto, pare. Da qualche parte alla periferia di Groznyj.

Natal’ja Èstemirova

21.09.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/70/04.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Città del Daghestan.


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/i-bambini-ci-

guardano-ma-noi-ce-ne.html

29 settembre 2008

A proposito della chiesa ortodossa russa

Il marxismo-leninismo vive e trionfa nella chiesa

Alcuni sacerdoti ortodossi hanno recapitato alla redazione questo manoscritto…

Questo manoscritto ci è stato recapitato da alcuni sacerdoti della Chiesa Ortodossa russa che svolgono il loro ministero da molto tempo e i cui parrocchiani non sono dell’eparchia [1] di Mosca. I padri aspirano a firmare l’opera con i loro nomi autentici, ma noi siamo pronti a pubblicare questo testo solo sotto pseudonimi: ognuno ha diritto di andare sul Golgota, ma il suo prossimo ha il diritto di non incitarlo ad andare sul patibolo. Il resto apparirà chiaro alla lettura del testo, noi diciamo soltanto che per un sacerdote il divieto di celebrare è più che un divieto di esercitare una professione. Per un vero sacerdote l’impossibilità a prender parte alla liturgia è lo stesso che per un filosofo il divieto di pensare o per un poeta di immaginare dei versi. Ela privazione della libertà [2].

Il manoscritto dal titolo “La chiesa con la maiuscola e con la minuscola” (come dimensioni è un libro) si trova integralmente nel sito novayagazeta.ru [3]; i suoi autori sono pronti a prender parte al dibattito sui problemi in esso sollevati con credenti, atei, agnostici e credenti di altre fedi. Nel giornale riportiamo solo alcuni brani del manoscritto, ma senza i loro interventi redazionali sulla sostanza e sullo stile. Alcuni frammenti dell’opera possono suonare un po’ diversi rispetto al contesto originale, in quanto qui bisogna tener conto del formato di un articolo di giornale.

Certamente si sarebbe voluto sollevare e dibattere le questioni toccate in esso non qui, ma nelle pagine e nei siti dei mezzi di informazione della Chiesa. Ma purtroppo sottoporre una simile opera all’attenzione del collegio di redazione, per esempio, del “Žurnal Moskovskoj Patriarchii” [4] è lo stesso che in epoca sovietica recapitare il manoscritto di “Arcipelago GULAG” alla redazione della “Pravda”. Il marxismo-leninismo è defunto, ma le sue idee vivono e trionfano ancora non in un posto qualsiasi, ma nella Chiesa.

L’affidabilità religioso-politica del clero, oltre che nell’acquisizione di materiale ecclesiastico nel magazzino dell’eparchia, deve esprimersi nell’inevitabile abbonamento al principale organo di stampa della Chiesa Ortodossa russa – il “Žurnal Moskovskoj Patriarchii”. Sfogliando le sue pagine lucenti non è facile liberarsi dal pensiero se esista sulla terra una sola persona, a cui di principio possano interessare i testi di questa apoteosi dell’“ufficialità” [5]. Fra l’altro, in epoca sovietica nella stessa rivista in qualche modo a volte si infilava materiale significativo.

Ci si chiede, non sono fondati i chiari giudizi sulla mancanza di ordine nella chiesa che porta la spazzatura fuori dall’isba [6]? Pensiamo di no, in quanto in questo caso l’isba di cui si parla è comunque aperta a tutti, perché non può essere altrimenti per il destino fondamentale della Chiesa. E’ importante che chi entra in questa isba, così come chi ci vive non confonda la spazzatura, la cenere e la polvere con i mobili, i lampadari e le stoviglie e l’enorme mucchio di immondizia davanti all’isba con l’isba stessa.

…Il significato più semplice ed esteriore della parola “chiesa” è tempio, costruzione per riunioni di preghiera. Questa parola si scrive, si capisce, con la minuscola. Ma poi, naturalmente, sorge la questione della più alta comprensione del detto termine… Su questo finora non si sono ancora placate le dispute teologiche. Qui si vorrebbe comunque ribadire questo senza commenti: la Chiesa è l’unità organica in Cristo di tutti gli esseri razionali (persone e angeli), che si volgono a Dio con libera volontà. Il termine greco ekklesia [7], corrispondente al concetto di chiesa, si può tradurre come assemblea di distaccati. Come non è difficile intuire, si intende il distacco da ogni male e peccato. Dunque proprio e solo a questa Chiesa non opera di mani d’uomo, la quale include in se anche tutto ciò che si mostra come immagine di Dio in ogni persona, si applicano le definizioni “santa e immacolata”… In questo senso l’elevazione religiosa dell’uomo verso il suo Creatore è al contempo il suo ingresso nell’unica Chiesa – la Chiesa con la maiuscola. Ma in pratica questo si compie sulla nostra terra peccaminosa nella reale chiesa terrena – la chiesa con la minuscola, che si presenta come la manifestazione della Chiesa ideale e che riunisce in se i molteplici mezzi per la vita religiosa dell’uomo.

…Religione si possono chiamare le norme di fede e di morale, considerate come mezzi e condizioni per riallacciare il legame perduto con Dio. E’ molto scorretto identificare la religione con un sistema cultuale, come fanno alcuni filosofi… La religione discende per noi come un raggio di sole della Divina Rivelazione, ma la sua ricezione e comprensione da parte dell’uomo concreto è come una diffrazione di questo raggio nel prisma della coscienza umana. Passando attraverso il prisma, che è formato dalla fede, dalla mentalità e anche dall’insieme delle passioni umane, la religione forma sullo schermo della nostra percezione quello che si può chiamare una struttura religiosa parziale... Non di rado l’uomo sinceramente religioso non difende altro che la propria parziale concezione e un altro in questo caso, ascoltandolo, se ne distacca, prendendo ciò per l’essenza della religione. Come sappiamo dalle parole di Gesù Cristo, l’interpretazione della religione giudaica di alcuni suoi tutori – i farisei e gli scribi – si distingueva molto da ciò che aveva annunciato Mosé. Egli spiegò anche la causa di tale deformazione con una struttura religiosa parziale, da lui chiamata con un’immagine lievito dei farisei…

…L’analisi del percorso veterotestamentario degli ebrei indica la dipendenza del benessere politico e anche economico del popolo dalla sua situazione religiosa. La causa della cattività babilonese, delle sofferenze inferte a Israele dai vicini pagani e, infine, della totale distruzione del loro stato non si nascondeva nell’insufficiente potenza militare. Di questo, con dolore per la patria e con insistenza testimoniano i profeti veterotestamentari e in seguito anche lo stesso Figlio di Dio. Sempre in questa luce bisogna analizzare anche le cause della caduta di due imperi ortodossi – quello bizantino e quello russo. Tuttavia al momento all’interno della nostra chiesa si nota il tentativo di dare altre interpretazioni. Pare che l’impero dei Romei [8] sia caduto nel XVI secolo [9] perché aveva volto il proprio sguardo non a Oriente, cioè alla Rus’ [10], ma al marcescente occidente capitalista. Poi seguono sottotesti nazionalistici, dal sentore di fascismo in confezione russa “ortodossa”. L’apparato concettuale e la mancanza di gusto artistico, senza neanche parlare dell’aspetto religioso esigono di far rientrare le opere su questo tema nel genere propaganda partitico-politica e non in quello di seri studi ecclesiastici. Mette in allarme il fatto che la “bizantinologia da campagna elettorale” viene data come l’uscita dal recinto ecclesiastico per passare al livello di propaganda di massa.

…Grande fu la gioia degli ebrei, liberati da Dio e condotti da Mosé lontano dalla schiavitù in Egitto. Ma più Israele si allontanava dal paese del Faraone, più apparivano le tracce di questo impero pagano nel cuore di quasi ogni rappresentante del popolo salvato. Ci vollero quarant’anni di peregrinazioni perché la sindrome egiziana non morisse nella dovuta misura insieme a tutti gli eroi della pasqua ebraica. Sono passati quasi vent’anni dal tempo dell’uscita della chiesa ortodossa russa dall’“Egitto sovietico”. Appaiono, certamente, anche le tracce di questa liberazione: si aprono vecchie e nuove chiese, vecchi e nuovi monasteri, si diffonde la letteratura religiosa, la predicazione della chiesa risuona attraverso i mass media. Si aprono seminari e istituti e i sacerdoti vanno liberamente nelle scuole e nelle istituzioni laiche. Con questo, ammetterete, la lista dei mutamenti nella vita della chiesa ortodossa russa si può considerare terminata. E questi riguardano esclusivamente l’organizzazione esteriore della Chiesa. Di qualche mutamento interiore non c’è da parlare: non ce ne sono…

La nostra chiesa con la minuscola continua a restare non solo una società chiusa, ma una vecchia caldaia, fatta di pezzi messi insieme dopo l’esplosione e accuratamente chiusa in tutte le sue saldature. Si ha l’impressione che l’ideale di tutti i membri dell’attuale chiesa russa sia la restaurazione in tutti i suoi dettagli di ciò che un tempo è andato in pezzi, come, per esempio, la chiesa di Cristo Salvatore ricostruita a Mosca [11]. Finora lavori sugli errori commessi e tentativi di spiegare le cause della catastrofe della chiesa praticamente non si osservano ad alcun livello all’interno della chiesa ortodossa.

Le attuali eparchie ricordano i possedimenti terrieri, i vescovi che le amministrano – i possidenti, e beh, i restanti chierici – di conseguenza – i servi della gleba. Tutte le parrocchie sono obbligate a dare all’eparchia un tributo mensile: in precedenza si chiamava tributo vescovile (da qui i “popi tributari”), ma adesso si chiama imposta dell’eparchia. Queste hanno una qualità insolitamente progressiva, cosicché le malelingue dicono inutilmente che nella nostra chiesa c’è totale stagnazione e progresso. Il vescovo ha diritto di trasferire un sacerdote da una chiesa all’altra e da una parrocchia all’altra senza alcuna spiegazione, il che succede non di rado anche con i chierici che hanno servito in un posto per decine di anni. Può essere che il parroco in qualche modo non vada bene, ma può essere anche semplicemente perché il ministero non sembri troppo facile. Le lamentele dei parrocchiani, che amano il loro prete [12] e tanto più i suoi interessi (famiglia, proprietà, ecc.) non vengono presi in considerazione. Il trasferimento in un’altra eparchia presso un altro feudatario è altresì impossibile nel caso che si sia ricevuto dal proprio il divieto di celebrare. Molto recentemente proprio tale disposizione, che abolisce il “giorno di san Giorgio” [13] ecclesiastico, è stata resa pubblica. Cosicché anche da noi si può osservare uno sviluppo: la servitù della gleba ecclesiastica si rafforza.

Nessun chierico osa già più andare a qualche seminario di studi o a qualche conferenza, condotti da organizzazioni laiche (anche su questioni filosofiche o teologiche) senza l’approvazione del vescovo. E un intervento o una qualsiasi pubblicazione senza l’esame preventivo e l’autorizzazione della censura dell’eparchia, chiamata adesso “settore informativo”, viene qualificato semplicemente come un peccato mortale. Non bisogna dimenticare neanche l’esecuzione di corvèe. Queste consistono nel periodico invio senza eccezioni di membri del clero ad iniziative dell’eparchia. Oggetto di esse divengono le sfilate per le strade con lunghi incontri nelle piazze centrali. Ufficialmente vengono chiamate processioni, tanto più che i chierici sono obbligati a portare con se insegne e icone. E’ difficile dire come possa apparire agli occhi di Dio una sfilata forzata di persone con le facce tristi e con un pensiero fisso: quando finirà tutto questo? Ebbene, se le corvèe episcopali sono ineludibili, sarebbe meglio inviare i preti a sabati dell’eparchia [13] per la pulizia del territorio: portare una trave è comunque più facile che lottare con il disgusto per l’incolpevole rito ortodosso della processione.

…Le catene della servitù della gleba non possono non estendersi anche all’ambito della teologia ortodossa. Questo sarebbe ancora poco male, se un censore o un geloso lottatore per la purezza dell’Ortodossia, sottomettendosi a una struttura religiosa parziale, trova davvero una congiura. Tuttavia non di rado nella lotta con l’eresia si vede un mezzo per ottenere meriti e fare un po’ di carriera. Ci sono precedenti di eccezioni fatte per certi “eretici” secondo le tecniche bolsceviche di lotta con l’opportunismo.

Nonostante gli appelli a congelare la teologia ortodossa fino allo zero assoluto della scala Kelvin dopo aver piantato un orto botanico dogmatico, c’è qualche piccolo movimento per ridare un senso ai cliché della scolastica. Alcuni pensieri dei protopope G. Florovskij [15], I. Mejendorf [16] e V.N. Losskij [17] talvolta vengono citati in un contesto positivo. Ma trovare il lavoro di V.V. Bolotov [18] “Tesi sul Filioque” non è molto più facile, che trovare “Arcipelago GULAG” in epoca brežneviana. Al contempo letteratura di colorito antisemita si può acquistare in molti magazzini ecclesiastici: talvolta i librai la propongono non per fini commerciali, ma per l’idea stessa. Nella coscienza sovietico-feudale di buona parte dell’ambito ecclesiastico, non di rado molto lontano da qualsiasi interesse teologico e tanto più filosofico, Bulgakov [19] e Florenskij [20] sono eretici, Men’ [21] è un giudeo-massone [22], un agente del sionismo mondiale, un occultista e un cattolico allo stesso tempo e perciò bisogna semplicemente bruciare i suoi libri. E li bruciano: chi al fuoco della propria struttura religiosa parziale, chi niente affatto simbolicamente...

...La paralisi che ha bloccato l’organismo della chiesa con le catene della servitù della gleba, non impedisce affatto il suo slancio verso la nomenklatura dello stato. Si vuole già riempire in qualche modo il vuoto ideologico che si è formato dopo il crollo del marxismo – e non solo gli uomini di stato, ma talvolta anche i rappresentanti della chiesa. Ma poiché non si ha sottomano niente di nuovo e di un po’ serio per questo scopo, e difficilmente lo si avrà, lo sguardo si volge involontariamente a un passato mal dimenticato, cioè all’ortodossia come uno degli anelli del paradigma russo del XIX secolo: “ortodossia – autocrazia – popolo [23]”.

Una cosa è l’ortodossia come ideologia, un’altra l’adempimento dei comandamenti cristiani a livello statale. Qui si esige la loro estensione anche nei confronti del proprio popolo: per esempio, nella sfera della repressione del crimine; e perfino su scala mondiale: per esempio, amare gli altrui popoli e stati come i propri. Ma a chi mai dei nostri politici verrà voglia di allargarsi così? Anche la nostra chiesa terrena difficilmente si deciderà a darsi da fare per questo: qui è tutt’altro che invocare la spada “ortodossa” contro gli infedeli. E perciò l’aperto ateismo del potere statale non è pericoloso come l’“ossequiente” trasformazione della Chiesa in un’ortodossia poliziesca di stato.

Così come quando si affievolisce la luce nel cuore dei cristiani, quando il sale ecclesiastico perde la sua forza [24] e vi interferiscono persone estranee alla chiesa, qui si può parlare di un generale e diffuso amore per il potere da parte dei membri della chiesa con la minuscola. Questo determina anche l’allontanamento dei componenti della chiesa in generale dalla retta via. Tanto maggiore è l’amore per il potere del vescovo in carica, quanto più fortemente è stimolato lo sviluppo di questa passione nei suoi chierici e più è indifferente al potere il capo, meno lo ama anche il clero della sua eparchia. Perché la chiesa con la minuscola non si trasformi nell’appendice ideologica dello stato o non si muti essa stessa in una macchina statale con un regime da caserma, ognuno dei suoi membri deve sradicare il proprio amore per il potere. Siamo chiamati a non inchinarsi al potere come a un idolo nel proprio cuore. Ma per fare questo è importante vedere le sue manifestazioni, senza chiamare bianco ciò che è nero. (...)

I sacerdoti delleparchia di N.


Dalla
redazione:

Pubblicando questo testo, ci prendiamo la responsabilità non solo di esso (insieme con i suoi autori), ma anche, chiaramente, per la sorte degli stessi autori. Da parte nostra faremo tutto per difenderli da possibili persecuzioni per aver espresso liberamente il proprio pensiero e dalle critiche da parte di chiunque.

19.09.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/color36/05.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Diocesi della chiesa ortodossa.

[2] In russo l’espressione “privazione della libertà” è anche sinonimo di “carcerazione”.

[3] Più precisamente all’indirizzo: http://www.novayagazeta.ru/file/Doc/cerkov.pdf.

[4] “Rivista del Patriarcato di Mosca”.

[5] Il termine oficioz, utilizzato dall’autore, indica quegli organi di stampa che, pur non essendo gli organi ufficiali del potere, sostengono il punto di vista ufficiale.

[6] Cioè che, per usare un modo di dire italiano, non lava i panni sporchi in famiglia…

[7] Il corsivo è mio.

[8] I Romani d’Oriente.

[9] In realtà era il XV, Bisanzio cade nel 1453.

[10] Antico nome della Russia.

[11] La chiesa di Cristo Salvatore a Mosca fu distrutta negli anni ‘30 per ordine di Stalin ed è stata ricostruita negli anni ’90.

[12] Nell’originale batjuška, “padre”.

[13] Nell’antica Russia i servi della gleba potevano cambiare padrone il giorno di san Giorgio. L’usanza fu abolita alla fine del XVI secolo.

[14] Nell’originale si usa il termine subbotnik, che definisce i “sabati comunisti”, in cui si dovevano svolgere gratuitamente lavori di utilità sociale.

[15] Georgij Vasil’evič Florovskij, teologo e storico, emigrato dopo la Rivoluzione d’Ottobre.

[16] Ivan Feofilovič Mejendorf, figlio di emigrati russi, arciprete della chiesa ortodossa americana.

[17] Vladimir Nikolaevič Losskij, figlio di emigrati russi, filosofo e pensatore religioso.

[18] Vasilij Vasil’evič Bolotov, storico della chiesa.

[19] Sergej Nikolaevič Bulgakov, teologo e filosofo emigrato in Francia.

[20] Pavel Aleksandrovič Florenskij, teologo, filosofo e matematico fucilato in un lager del GULag.

[21] Aleksandr Vladimirovič Men’, teologo e storico di origine ebraica, ucciso in circostanze misteriose nel 1990.

[22] Nell’originale židomason, parola composta di žid (termine spregiativo per “ebreo”) e mason, “massone”.

[23] Nello slogan il terzo termine non era narod, “popolo”, ma narodnost’, “carattere nazionale-popolare”.

[24] Qui si cita il vangelo di Matteo, ma la traduzione italiana parla di “sapore”…


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/la-chiesa-ortodossa
-russa-la-fede-e-il.html

A proposito del modo di far politica in Russia (IV)

Scambiate le piattaforme

Il sistema politico è pronto a trasformarsi in una “democrazia popolare” multipartitica di tipo sovietico. Tutti i ruoli sono già stati assegnati

Ci sono segni che indicano che si preparano a riformare di nuovo il sistema multipartitico. Sorge una domanda ragionevole: perché? Infatti anche l’attuale non si inserisce organicamente nella circostante “struttura politica”?

C’è il partito del potere che ha la maggioranza costituzionale alla Duma di Stato [1], il quale, anche se non decide nulla, assicura in modo affidabile la rapida trasformazione in legge di qualsiasi iniziativa del governo. Ci sono anche altri partiti, rappresentati in parlamento, che, si capisce, a maggior ragione non decidono nulla e tutta la loro funzione consta nel dare un’immagine di pluralismo alle elezioni. Questa costruzione è del tutto funzionale: essa non impedisce in alcun modo al potere esecutivo di condurre la politica che desidera, ma al contempo crea l’illusione di rappresentare gli interessi del popolo. Ma nella nuova situazione politica questo, evidentemente, non basta già più.

Davanti all’acutizzarsi delle posizioni internazionali nei confronti del nostro paese e al formarsi intorno ad esso di un contesto avverso, è necessario il consolidamento di tutte le “forze sane” della società. Ma sul fatto che i partiti dell’opposizione parlamentare abbiano superato più di una volta con successo il test di “sanità” nessuno ha dubbi. Gli basta godere del ruolo di figuranti alle elezioni. Che dibattano pure con “Russia Unita” [2] – certo, non alle sedute della Duma. Che presentino proposte su questioni riguardanti l’attuale politica, ma di certo nell’ambito della linea ufficiale.
Anche per le forze sane extraparlamentari si prevedono varianti di integrazione nel sistema. Che confluiscano in partiti parlamentari di provata fiducia, come gli agrari, che hanno preso la decisione di fondersi con “Russia Unita”. Oppure si rafforzino su una base sana”, si capisce. Che quelli che appartengono alla minutaglia extraparlamentare, a cui queste varianti non stanno bene muoiano di morte naturale – di mancanza di fondi, di mancanza di accesso ai mezzi di informazione, del fatto che semplicemente non li ammetteranno alle elezioni.

Si capisce che i cambiamenti non possono non toccare anche il principale partito del paese. Non è certo per caso che fin dall’estate i leader di “Russia Unita” all’improvviso hanno cominciato a esprimersi all’unisono per la ripresa dei colloqui con gli oppositori politici. Che hanno perfino preso a lodare per la loro “maturità politica”. La partecipazione ai colloqui con i “fratelli minori” deve diventare per essa qualcosa di simile a un ruolo di guida esperta. Si tratta di portare avanti un animato scambio di opinioni, considerare le proposte costruttive, se ne giungono, ma certamente anche correggerle, se i “minori” non tirano dalla parte giusta.

Una tale trasformazione del sistema multipartitico richiede anche la correzione della sua composizione ideologica. In precedenza, quando ci si era posti il compito di indebolire l’influenza nella società di socialisti, liberali e nazionalisti di vario tipo, “Russia Unita” prese il ruolo di una sorta di supermarket ideologico, in cui c’era tutto – dall’imperialismo al liberalismo e al “laburismo”. Adesso che il corso è stabilito, una tale duplicità non si rende più necessaria. La base di questo corso è il rafforzamento della sovranità dell’ordine politico interno, che si basa sulle patrie tradizioni secolari dello Stato. Va da se che, a differenza degli anni ‘90, quando nel nostro paese ognuno era lasciato a se stesso, d’ora in poi lo stato si preoccuperà delle fasce socialmente deboli della popolazione. Perciò è logico che anche “Russia Unita” diverrà portatrice di una filosofia politica di conservatorismo sociale. Infatti da qualche tempo questa posizione, che ha causato discussioni tra i capi di “Russia Unita” e i loro sorveglianti al Cremlino, è stata accolta da tutti.
Che la restante merce ideologica se la prendano gli altri. Se per altre cause qualcosa restasse, per esempio il liberalismo, allora, forse, avrà senso tornare alla vecchia idea di creare un partito liberale “sano”, con la giusta comprensione della realtà circostante e pronto anche a trovare il proprio posto nell’ordine generale.

In breve, per riassumere, viene fuori un modello di multipartitismo che non è quello messicano né quello giapponese, di cui amano spesso ragionare i propagandisti ufficiali, ma il sistema, noto negli ex paesi socialisti dell’Europa dell’Est, della cosiddetta democrazia popolare. Nel centro c’è il partito, che ha il ruolo di guida e di indirizzo della società, intorno ad esso ci sono i piccoli partner-associati, che è “come se” rappresentassero gli altri gruppi politici e sociali presenti nella società. I partiti “dei contadini” e “piccoli proprietari terrieri”, i democratici cristiani e nazionalisti, i liberali, cioè tutte le forze sane degli allora paesi socialisti dell’Europa dell’Est. Ma copiando i noti modelli, non bisogna dimenticare com’è andata a finire. I “piccoli partner” sono cresciuti allontanandosi da chi li “guidava e indirizzava” non appena hanno capito che non era già più in grado di guidarli e indirizzarli. Allontanandosi dal nostro cresceranno ancora più in fretta, in quanto è ben noto a tutti che in realtà questo (a differenza di quello) non guida nulla e non indirizza nessuno, ma svolge solo il ruolo affidatogli.

Andrej Rjabov [3]
osservatore della “Novaja gazeta”

18.09.2008, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/69/13.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Tutte le assemblee legislative si chiamano Duma in Russia.

[2] Il “partito del potere” di cui sopra.

[3] Andrej Vilenovič Rjabov, politologo russo.


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/russia-dalla-
democrazia-sovrana-alla.html

A proposito del modo di far politica in Russia (III)

Abbiamo il parlamento in tasca!

I deputati della Duma di Stato [1] hanno votato uniti per l’aumento dei propri stipendi

I deputati della Duma di Stato sono molto in ansia il problema per la loro situazione materiale e il loro comfort.

Le spese per la gestione del parlamento aumentano ogni anno, superando tra l’altro il tasso di inflazione. Stavolta, come si evince dal progetto di legge finanziaria per il 2009, che i deputati hanno ancora da votare, le spese per entrambi i rami del parlamento saliranno fino a 9 miliardi di rubli [2]. E’ il 20% in più di quest’anno.

In tal modo, ben presto i deputati della Duma di Stato aumenteranno lo stipendio del 19,8% a se stessi e ai propri collaboratori (l’anno scorso era stato proposto per il 2009 un aumento di solo il 15%). Adesso lo stipendio medio di un deputato, contando le indennità, assomma a 110000 rubli [3].

Per l’amministrazione della Duma le spese aumenteranno del 28,6% (ma era stato previsto solo il 12,7%). Peraltro, per esempio, diminuiscono le spese per la collaborazione internazionale. Di conseguenza nel 2010 le spese per il parlamento cresceranno ancora dell’11% e del 10% nel 2011.

Il vice direttore dell’amministrazione della Duma di Stato Jurij Šuvalov ha dichiarato alla stampa che la Duma da molto tempo non aumentava i propri finanziamenti e che adesso il governo, approvati i conti, è andato incontro ai deputati, in quanto il parlamento deve affrontare il passaggio alla tenuta elettronica dei documenti e in generale a un “nuovo livello di amministrazione”. E il direttore dell’amministrazione della Duma di Stato Aleksej Sigutkin ha comunicato ai giornalisti che i fondi saranno spesi anche per le sale di ricevimento dei deputati nelle regioni (per la fornitura di mezzi tecnici e mobilio). Con i soldi forniti ai deputati si cambieranno anche i computer e il mobilio degli appartamenti statali dei deputati, che adesso sono “semplicemente vergognosi”. Aumenterà, a suo dire, anche l’organico dell’amministrazione della Duma – di 50 persone.

La “Novaja gazeta” si è rivolta ai deputati chiedendo cosa manchi loro. Il neoeletto deputato comunista Vadim SOLOV’ËV [4] si è lamentato del fatto, che il deputato medio lavori “a un livello appena sufficiente – l’attrezzatura è vecchiotta”. Il deputato di lunga data di “Russia Unita” [5] Boris REZNIK ha dichiarato di non avere lamentele, ma comunque ha raccontato dettagliatamente “Il mobilio bielorusso nel mio ufficio non viene cambiato da nove anni, tutte le sedie vanno già in pezzi”. E la deputata di “Russia Giusta” [6] Oksana DMITRIEVA si è lagnata di non avere abbastanza collaboratori qualificati. Formalmente ogni parlamentare può avere cinque collaboratori, ma ognuno va pagato circa 15000 rubli [7] al mese. I soldi non bastano e gli tocca cercarne altri per il lavoro di analisi.

Fra l’altro, a quanto dicono i deputati medi, sollevare la questione dell’aumento dei fondi, per esempio per quegli stessi collaboratori non ha senso adesso: “Infatti i fondi vengono distribuiti attraverso l’amministrazione della Duma di Stato e direttamente al deputato può non arrivare niente. Che senso ha sollevare la questione dell’aumento dei finanziamenti, se l’amministrazione della Duma di Stato si mangerà comunque tutto?” – dice la deputata Dmitrieva.

Peraltro nei corridoi della Duma già si valuta il futuro aumento di stipendio. Nel frattempo i deputati indicano altri dirigenti: lo stipendio dei deputati, dicono, aumenta semplicemente perché aumenta lo stipendio dei ministri, infatti per legge il deputato è parificato a un ministro federale. E perciò l’aumento degli stipendi dei parlamentari è nell’ambito dell’indicizzazione degli stipendi dei dipendenti statali.

Nell’amministrazione del comitato della Duma per il budget alla domanda senza cerimonie sui soldi hanno dichiarato quasi con insoddisfazione alla “Novaja gazeta” che “l’aumento delle spese per i deputati segue le stesse normative che riguardano lo stipendio di tutti i dipendenti statali. E perfino per quanto riguarda il mobilio segue le stesse normative che riguardano ogni altro organo federale”.

Su questo, in generale, nessuno discute. E’ un’altra faccenda che al riguardo esistono due sistemi retributivi – uno per i funzionari statali e uno per gli altri dipendenti dello stato, che hanno molti problemi in più con gli aumenti di stipendio. “Questi sistemi si differenziano all’incirca del 100%, se si considerano le entrate lorde. Ma i dipendenti statali hanno molte complicazioni sotto forma di diversi versamenti. E di conseguenza la differenza diventa del в 6-700%!” – dice la deputata Oksana Dmitrieva.

Jana Serova

15.09.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/68/16.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Tutte le assemblee legislative russe si chiamano Duma e perciò spesso si specifica “di Stato”.

[2] Oltre 247 milioni di euro.

[3] Oltre 3000 euro (lo stipendio medio russo è di circa 350 euro).

[4] Qui e altrove il rilievo grafico è dell’autrice.

[5] Partito che porta avanti la politica di Putin nelle assemblee legislative.

[6] Altro partito apertamente filo-putiniano.

[7] Oltre 400 euro.


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/tutto-il-mondo
-paese.html

22 settembre 2008

A proposito di Russia e Georgia (IV)

Guarda che granturco

La nostra corrispondente speciale ha replicato il percorso di un missile balistico dal Caucaso del nord alla Transcaucasia e ne ha trovato dei pezzi nel campo di un contadino

In seguito alla guerra di cinque giorni [1] e ad uno sciacallaggio massiccio alcune decine di migliaia di profughi georgiani hanno lasciato il territorio dell’Ossezia del Sud. Di fatto, in Ossezia del Sud hanno permesso di vivere ai georgiani solo nei villaggi lontani da Tskhinvali al confine amministrativo con la Georgia.

6 settembre. Noi – russi e osseti, giornalisti e attivisti per i diritti umani, – siamo partiti da Dzhavi in direzione del confine con la Georgia dell’ovest per cercare i georgiani rimasti.

La strada passava per la catena montuosa di Trialeti, che divide la Georgia dell’Ovest da quella dell’est. Lo spartiacque corre ad un’altitudine di due chilometri: dalla parte orientale della catena montuosa i fiumi scorrono verso il Mar Caspio, da quella occidentale verso il Mar Nero. Per la maggior parte della strada abbiamo osservato lavori di costruzione in piena attività per la posa in opera del gasdotto di un ramo del gasdotto Alagir-Dzuarikau-Tskhinvali [2] della lunghezza di 168 km. La costruzione della tubatura, considerata un oggetto strategico, viene difesa da soldati russi. Non da uomini delle forze di pace.

Per strade abbiamo attraversato una grande quantità di villaggi osseti in abbandono e quasi svuotati. Nel villaggio di Khemulta l’edificio a cinque piani della scuola è stato distrutto dal terribile terremoto del 1991 e si è coperto di erbacce.

Dopo essere scesi per una strada montana tortuosa e danneggiata nella gola di Lesegonskoe e aver attraversato un fiumiciattolo sconosciuto, ci siamo fermati presso un ponticello di blocchi di cemento armato distrutto da non molto tempo. Intorno cera una distesa di bossoli di armi automatiche. Il giorno 9 [3] le truppe georgiane erano giunte dalla Georgia dell’ovest e avevano attaccato Dzhava [4] da qui. Uomini di milizie irregolari hanno fatto saltare in aria il ponte e i georgiani sono tornati indietro. In seguito un bulldozer ha spianato le rive del fiume e attraverso un guado improvvisato ha potuto passare solo una delle nostre macchine – una Niva. La Volkswagen Golf è rimasta sulla riva.

Come abbiamo trovato il razzo

Dopo aver attraversato il fiumiciattolo, ci siamo addentrati nella gola e ben presto abbiamo visto Emzari Dekanoidze, abitante del villaggio a popolazione mista georgiano-osseta di Sinaguri. L’abbiamo fatto salire in macchina, rallegrandoci molto del primo georgiano incontrato. Ci siamo messi a fargli molte domande su come il suo villaggio ed egli in persona avessero vissuto la guerra di cinque giorni. “Nessuno ha sofferto, – ha risposto. – A parte il mio campo di granturco!” Due settimane fa ha scoperto là un missile enorme.

Emzari allarga le braccia, cercando di mostrare quanto è grande il missile. Al momento ridiamo, ma andiamo a vedere il missile. Il campo di granturco si trova proprio davanti a un posto di blocco delle forze di pace ossete. Ci accolgono: le persone bene, i cani male. Un cane morde ad una gamba il nostro autista.
Ma nel granturco giace davvero un grande missile senza la testata con le alette. Accanto c’è una buca profonda mezzo metro, nella quale – lo spiega Saša Čerkasov di “Memorial” [5] – si vede chiaramente il timone della parte mobile del razzo. Il numero di serie non è visibile, ma a rivoltare un peso del genere non proviamo neanche. L’esperto (ha lavorato molto in diverse guerre) Čerkasov è certo che questo è un missile tattico “terra-terra”. E’ il cosiddetto “Točka-U” [6], l’impiego del quale nel corso della guerra di cinque giorni è stato negato dal vice capo dello Stato Maggiore del Ministero della Difesa della Federazione Russa Anatolij Nogovicyn.

Čerkasov racconta che proprio con razzi del genere il 21 ottobre 1999 furono bombardati obbiettivi civili della città di Groznyj: il mercato centrale, l’unico reparto maternità funzionante in quel momento in città, l’ufficio postale centrale e la moschea della borgata di Kalinin. Allora missili con testate cariche di bombe a grappolo furono lanciati dal poligono “Tarskoe” della 58.a armata, che si trova nei dintorni di Vladikavakaz [7]. Morirono immediatamente 140 persone (tra cui 13 puerpere e 15 lattanti della maternità). Più di 200 persone rimasero ferite.

Cosa sia successo alla parte armata del “nostro” missile, che giace nel campo di granturco di Emzari, non si sa. La cosa più probabile è che sia esplosa sul territorio della Georgia dell’ovest, il cui confine è a solo sette chilometri da Sinaguri.

La cosa interessante è che con molte probabilità si può supporre da dove questo “Točka-U” sia stato lanciato. L’11 agosto, quando degli armamenti sono stati fatti passare attraverso il tunnel di Roki [8] della Transkam [9], Tat’jana Lokšina (Нuman Rights Watch) ha visto una rampa di lancio per missili sotto un’enorme copertura nel posto di blocco di confine di Nižnij Zaramag in Ossezia del Nord. (Attraverso il tunnel sono passati anche i nostri “Uragan” [10] – lanciarazzi, in confronto ai quali i “Grad” [11] sembrano giocattoli.) A un certo punto, in modo del tutto inaspettato da giù, dalla gola, dal lato sinistro della strada un missile si è alzato in una colonna di fiamme. Volava con un fischio prolungato e al contempo con un suono basso e indistinto, che procurava dolore fisico. Il missile si è alzato in alto e ha virato da qualche parte verso sud, oltre la catena montuosa, verso la Georgia. Alla domanda: “Cos’era?” – i soldati, che avevano sistemato la base di lancio rotta dell’“Uragan”, risposero alla Lokšina: “Un Točka-U”…

I militari mi hanno spiegato che proprio così (con un fischio e una vibrazione sonora a bassa frequenza) vola il “Točka-U”. E in generale questi missili sono destinati a colpire con precisione grandi obbiettivi.
Il corpo del nostro “Točka-U” ha colpito con precisione il granturco di un contadino. Dove sia caduta la testata potrà chiarirlo solo la Georgia. Emzari ha raccontato anche che ha subito chiamato in aiuto gli uomini delle forze di pace ossete. Questi hanno chiamato gli artificieri russi, infatti i nostri reparti del genio solcano l’Ossezia del Sud. Gli artificieri sono arrivati, hanno osservato il corpo del missile, hanno detto che i “resti” ferrosi non rappresentano un pericolo e se ne sono andati.

Emzari ci ha chiesto con lamenti di portar via con noi questo aggeggio. Ma portar via centinaia di chili di rottami di missile per una strada del genere è ben difficile senza l’aiuto degli “Ural” [12].

Abbiamo fotografato il missile da tutti gli scorci possibili. Gli uomini delle forze di pace ossete hanno chiesto che li fotografassimo a cavallo del “Točka-U”. Dopo siamo tornati a Dzhava. Emzari ci ha raccontato che i georgiani del posto convivono ottimamente con gli osseti. Certo, era politicamente corretto allestremo. D’altra parte, in questa gola dalla vegetazione lussureggiante, quasi subtropicale e dagli alti monti della guerra ricordano solo questo missile nel granturco e un ponte distrutto sul fiumiciattolo.

Testualmente

Di impiegare l’apparato missilistico operativo-tattico “Točka-U” nella zona del conflitto georgiano non c’è alcuna necessità, ha dichiarato il vice capo dello Stato Maggiore della Federazione Russa Anatolij Nogovicyn.

“Questo apparato fa parte dell’armamentario delle forze di terra della Federazione Russa, questo apparato non è nuovo, è stato fatto abbastanza proprio dalle nostre forze, viene utilizzato contro grandi obbiettivi e di trasportarlo là (nella zona del conflitto tra Georgia e Ossezia del Sud) non c’è alcuna necessità”, – ha dichiarato A. Nogovicyn durante una conferenza stampa tenuta a Mosca lunedì.

Elena Milašina

10.09.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/67/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Si allude alla “guerra dei sei giorni”. Non so se l’espressione è già in voga…

[2] La città di Alagir e il villaggio di Dzuarikau si trovano nell’Ossezia del Nord, nel territorio della Federazione Russa.

[3] Agosto.

[4] Sic. Ed è scritto così anche in seguito…

[5] “Memoriale”, associazione nata per onorare la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e adesso molto attiva nella difesa dei diritti umani.

[6] “Punto-U”.

[7] Capitale dell’Ossezia del Nord.

[8] Tunnel tra l’Ossezia del Nord e l’Ossezia del Sud.

[9] TRANSKavkazskaja AvtoMagistral’ (Autostrada Transcaucasica).

[10] “Uragano”.

[11] “Grandine”, potenti lanciarazzi di fabbricazione sovietica.

[12] “Urali”, marca di camion.


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/missili-nel-

granturco.html

A proposito di Russia e Georgia (III)

Il mito delle forze di pace [1]

La lunga storia del ritiro e dell’uscita dell’esercito russo dal territorio georgiano mette in disparte la questione essenziale: qual è in realtà in questo momento lo status delle forze di pace, sul futuro dislocamento delle quali si fanno adesso tante discussioni?

Il presidente russo e il ministro degli Esteri dichiarano che sulla frontiera esterna della zona di sicurezza sarà dispiegato un contingente militare, consistente in tutto in non più di 500 uomini delle forze di pace e che i restanti reparti russi, che saranno inviati nella regione per appoggiare gli uomini delle forze di pace, saranno inviati nell’Ossezia del Sud. Contemporaneamente si dichiara che sul territorio del conflitto non ci saranno uomini delle forze di pace georgiane.

Fra l’altro negli accordi di Soči (o di Dagomys [2]) del 24 giugno 1992, siglati da Boris El’cin ed Eduard Shevardnadze, ai quali i rappresentanti russi rimandano continuamente come base del loro “mandato di pace”, si parla in primo luogo di “smilitarizzazione dell’area del conflitto ed esclusione della possibilità di inserimento delle forze armate della Federazione Russa nel conflitto”. E in seguito della creazione di strutture “aventi lo scopo di garantire il controllo sul cessate il fuoco, sul ritiro delle milizie, lo scioglimento delle forze di autodifesa [3] e il ristabilimento di un regime di sicurezza” da parte di una Commissione di controllo mista formata dalle parti coinvolte nel conflitto (Georgia, Russia, Ossezia del Sud).

Sotto l’egida della Commissione di controllo si dovevano creare forze miste per giungere a un accordo tra le parti, il ristabilimento della pace e la tutela dei diritti. Queste forze (cioè proprio gli uomini delle forze di pace) per decisione della Commissione di controllo mista dovevano essere costituite da militari georgiani, russi e osseti ed essere composte da 500 persone. Il 6 dicembre 1994 la Commissione di controllo mista stabilì la “Disposizione sui principi fondamentali dell’operato dei contingenti e degli osservatori militari addetti alla normalizzazione della situazione nella zona del conflitto georgiano-osseto”. Secondo queste disposizioni le SSPM [4] sarebbero state sottoposte al Comando militare unito, costituito da rappresentanti delle parti russa, georgiana e osseta (il comandante sarebbe stato stabilito dalla parte russa) e “la decisione sull’impiego di contingenti e di osservatori militari in caso di violazione delle condizioni del cessate il fuoco da parte di una delle parti [sarebbe stata] presa dal comandante delle SSPM allo scopo di ristabilire la pace e dopo averne informato il Comitato di controllo misto”. Fra l’altro “la prosecuzione e la conduzione di azioni di guerra contro elementi criminali oltre i confini della zona di conflitto [si sarebbe compiuta] con l’obbligo di informarne gli organi di potere e le forze dell’ordine locali”.

Difficilmente sarà necessario dilungarsi a spiegare che in questo momento con le azioni di entrambe le parti sono stati violati sia gli accordi di Dagomys sia le suindicate disposizioni del Comitato di controllo misto. Né il comando russo né quello georgiano hanno minimamente pensato di “informare” il Comitato di controllo misto dell’inizio delle operazioni militari e hanno utilizzato l’artiglieria proibita da convenzioni reciproche, i carri armati e l’aviazione. E anche dire che i militari russi “hanno informato” le autorità georgiane della loro uscita dai confini della zona di conflitto è del tutto ridicolo. Ebbene, anche il rifiuto della parte russa (e anche delle autorità della non riconosciuta Ossezia del Sud) di far entrare gli uomini delle forze di pace georgiane nelle SSPM cancella del tutto gli accordi di Soči, qualunque cosa dichiari oggi la Russia.

Questa è la prima, ma non l’ultima circostanza che mostra che l’attuale “mandato di pace” dell’esercito russo in Georgia non è nulla più di un mito.

La seconda circostanza consiste nel fatto che sia per il “rafforzamento” del contingente di pace russo in Ossezia del Sud, sia per ciò che il Cremlino ha chiamato “costrizione alla pace” è necessario adempiere le norme della legge federale del 23 giugno 1995 n. 93-FЗ “Sulle regole per la fornitura da parte della Federazione Russa di personale militare e civile per la partecipazione ad azioni per il mantenimento o il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionali”.

Secondo questa legge la decisione di inviare formazioni militari russe oltre i confini del territorio della Federazione Russa per prendere parte ad azioni di pace spetta al presidente sulla base delle disposizioni inerenti del Consiglio della Federazione [5] (il che è del tutto logico, visto l’articolo 102 della Costituzione della Federazione Russa, che stabilisce le condizioni per l’impiego dell’esercito russo oltre i confini del paese). Per quanto riguarda la “costrizione alla pace”, simili azione secondo la legge suindicata possono essere condotte solo “sulla base di decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, prese in accordo con lo Statuto dell’ONU per la rimozione delle minacce alla pace, la violazione della pace e gli atti di aggressione”.

Ci sono precedenti di applicazione di questa legge nella pratica politica russa – infatti, il 25 giugno 1999 il Consiglio della Federazione dette il suo consenso all’“impiego fino al 10 giugno 2000 di formazioni militari delle forze armate della Federazione Russa per un numero totale di 3616 persone nella forza internazionale di sicurezza nel Kosovo”. Nel caso “georgiano” il fatto non è che non si è adempiuta questa legge – non la si è neanche ricordata. Così come si è fatto con larticolo 102 della Costituzione.

Certo, è difficile dubitare che il Consiglio della Federazione nel suo aspetto attuale voti in favore di qualsiasi proposta del presidente sull’impiego dell’esercito russo, ma non hanno neanche riunito. Hanno taciuto anche gli stessi membri del Consiglio della Federazione, i deputati della Duma [6] e la Procura generale, obbligata, parrebbe, a badare alla legalità. Ma non si trattava di qualcosa di inoffensivo – si trattava dell’invio in guerra di soldati e ufficiali russi.

Boris Višnevskij [7]
osservatore della “Novaja gazeta”

25.08.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/62/08.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Il titolo originale c’è un gioco di parole assolutamente intraducibile. In luogo di mirotvorčeskie sily (“forze di pace”, letteralmente “forze creatrici di pace”) viene usate l’espressione mifotvorčeskie sily (“forze creatrici di miti”).

[2] In genere vengono chiamati “accordi di Dagomys”, dal nome del quartiere di Soči in cui furono siglati.

[3] Cioè delle milizie irregolari costituitesi sul territorio allo scopo di difenderlo.

[4] Smešannye Sily po Podderžaniju Mira (Forze Miste per il Mantenimento della Pace).

[5] La “camera alta” del parlamento russo, formata dai rappresentanti dei principali soggetti della Federazione Russa (governatorati, repubbliche autonome, ecc.).

[6] La “camera bassa” (elettiva) del parlamento russo.

[7] Boris Lazarevič Višnevskij, giornalista e membro del partito “Jabloko” (Mela) di orientamento liberale.


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/si-vis-pacem-para

-bellum-secondo-putin.html

A proposito di Kadyrov (X)

Chi ha sparato a Ramzan Kadyrov


Un attentato di cui è proibito parlare

La scorsa settimana le agenzie di stampa “Regnum” [1] e “Kavkazskij uzel” [2] hanno parlato di un attentato a Ramzan Kadyrov. Le autorità cecene hanno subito smentito categoricamente la clamorosa notizia. L’addetto stampa del presidente della Cecenia Lema Gudaev ha dichiarato che quando ci sarebbe stato il presunto attentato Kadyrov era a Jaroslavl’ [3] alla partita del Terek [4]. E lo stesso Ramzan Kadyrov si è espresso ancor più duramente: “Queste fantasie provocatorie sono generate dagli ideologi degli estremisti e dai loro reggicoda”, – il che, tradotto dal ceceno, significa: lasciate perdere, risolviamo la faccenda da soli.

In mancanza di informazioni verificate le voci sull’attentato, come succede di solito in Cecenia, si sono moltiplicate. E Kadyrov non potrà smentire nulla, perché non confermerà nulla. Alcuni hanno detto che a Kadyrov hanno attentato in casa giovedì. Altri che questo è successo allo stadio a Gudermes [5] lunedì. Il sito “Kavkazcentr” [6], si capisce, ha unito le versioni e ha dichiarato che ci sono stati due falliti attentati a Kadyrov. Dopo qualche tempo erano già diventati tre e, evidentemente, in un prossimo futuro sulle pagine di “Kavkazcentr” gli attentati a Kadyrov si compiranno quasi ogni giorno.

МК” [7] ha deciso di non distaccarsi dal “Kavakazcentr” e ha pubblicato una storia veramente terrificante su come a Kadyrov abbiano portato un messaggio da parte del “capo dei militanti” Doku Umarov [8]. Nel messaggio sarebbe stato scritto che Kadyrov non avrebbe potuto sentirsi al sicuro neanche a casa sua e che avrebbe avuto conferma di questo se fosse andato al bagno, dove avrebbe trovato due proiettili nel posto indicato da Doku. Kadyrov sarebbe andato in bagno, avrebbe trovato i proiettili, sarebbe tornato, avrebbe messo in riga le proprie guardie del corpo e avrebbe preso ad insultarli in modo tale che uno di loro non avrebbe retto e avrebbe fatto fuoco. Questa storia ha tutti gli elementi necessari agli uomini delle forze armate che odiano Kadyrov: essa mostra che Kadyrov non controlla né la Cecenia né se stesso… C’è solo un piccolo difetto: è difficile pensare una “versione” del genere…

Cos’è successo veramente? E’ molto difficile dirlo, perché tutti quelli che sanno la verità tacciono; ma già il loro silenzio testimonia, come Kadyrov controlli bene la Cecenia e quanta più paura ispiri rispetto agli uomini delle forze federali. Tuttavia questa è la Cecenia; in Cecenia la gente non sparisce senza che nessuno lo noti – non succede che in Cecenia uccidano qualcuno e questo non si sappia. Non è Novogireevo [9], sapete.

E’ probabile che quello che è avvenuto non sia comunque un attentato, ma piuttosto una banalità. Bisogna ricordare che in Cecenia ci sono usanze tali che portare una Stečkin [10] in presenza di Kadyrov è un privilegio inalienabile delle persone a lui più vicine. E’ un po’ come era per un cortigiano portare la spada in presenza del re di Francia. Secondo le informazioni più verosimili Kadyrov stava parlando su toni alti con il nipote di un uomo delle forze armate tra i più vicini a lui. Se avesse mandato a quel paese un generale russo, questi sarebbe andato all’indirizzo indicato. Ma Kadyrov ci ha mandato un giovane ceceno ed è cominciata una sparatoria. In questa situazione lo zio ha fatto scudo a Kadyrov con il suo corpo per difenderlo dal nipote.

Alcuni affermano perfino che Kadyrov sia rimasto ferito, si vede, dicono, che zoppica leggermente e che ha una spalla troppo immobile. Allora il viaggio a Jaroslavl’ per la partita del Terek è stata come la comparsa del primo console Bonaparte all’opera di Parigi subito dopo l’esplosione della “macchina infernale” [11]: un’evidente dimostrazione di spavalderia. E’ comprensibile anche perché sulle voci sull’attentato sia stato posto un divieto severissimo – questa storia fa parte in tutto della serie di Druon sui re maledetti [12]. Non solo agli uomini delle forze federali, ma anche a quelli dei villaggi vicini chiedono di non immischiarsi: l’“indagine” è già conclusa, la condanna emessa ed eseguita.

Tuttavia, a ben vedere, la sparatoria è stata utilizzata anche per fare una purga nella cerchia più vicina al presidente Kadyrov. I testimoni affermano che il 20 luglio a Centoroj [13] dalla cosiddetta base Brat [14] al margine occidentale del villaggio si sentivano grida di persone che venivano torturate. A ben vedere, erano figli e parenti di alti funzionari della repubblica. Tra questi si fanno i nomi del figlio di uno dei grandi funzionari agrari, del fratello del capo di uno dei ROVD [15] provinciali con i suoi due figli e di altre persone, i cognomi delle quali sono noti alla redazione, ma fare i quali sarebbe scorretto.

Diverse fonti riportano un numero di giustiziati pari a 6 e oltre, ma qui bisogna considerare che le voci, sia per ignoranza sia per cattiva disposizione sono le più atroci, ma la realtà in Cecenia a volte è più atroce delle voci. In ogni caso pare che non si tratti solo di un giovane ceceno impaziente.

La Cecenia si è scontrata con il problema più terribile – il problema dell’età.

Prendete un ceceno sui 40 anni. Ha combattuto o ha visto la guerra. Ha visto gli uomini delle forze federali legare suo padre a un BTR [16], uccidere e ricattare durante le “operazioni di pulizia” [17], ha visto il cadavere di sua moglie… Tuttavia ha visto anche altro – la totale anarchia come nel ‘97, guardie che ogni cento metri rapinavano i passanti in nome di Allah, teste tagliate in prima serata in televisione, il raid di Basaev in Daghestan [18], che era, essenzialmente, il tradimento del proprio popolo e il tentativo di far tornare la Cecenia in stato di guerra, perché per Basaev la guerra era meglio della pace. Una persona così ha visto troppo per credere a qualcuno. Gli si può spiegare che Kadyrov ha fatto in modo che in Cecenia ci fossero i soldi russi e non i carri armati russi, – ma che vogliono i militanti: che di nuovo scompaiano i soldi e di nuovo tornino i carri armati? E’ difficile che sia contento che Kadyrov abbia tolto la libertà alla Cecenia, ma è costretto, anche se con una stretta al cuore, a riconoscere, che ha ridato alla Cecenia la vita.

Ma prendete un ragazzo sui 15 anni – l’età in cui, secondo l’adat [19] un ragazzo è ritenuto maggiorenne. E’ cresciuto in un tempo in cui non c’era scuola e la risposta alla domanda: “Chi prendere a modello?” era univoca: “Basaev”. Questo ragazzo odia i russi per il sangue e la sporcizia, vuole uccidere il “suo” sbirro e morire per Allah. A 15 anni è impossibile spiegargli, che la strada della canna del fucile automatico non porta in paradiso, che porta ad un mucchio di merda [20] in mezzo a un mare di sangue. E la cosa più terribile è che se si potesse spiegare questo a un ragazzo di 15 anni, questo ragazzo diventerebbe uno straccio e non un uomo.

Uccidere questi adolescenti significa uccidere la futura elite della nazione. Risparmiarli significa aumentare il numero di militanti. E’ un circolo vizioso, che Kadyrov adesso cerca di spezzare con metodi oltremodo duri. Propongono ai genitori di togliere i loro figli dai boschi e introducono il principio della responsabilità collettiva, motivando con il fatto che in Cecenia il padre sa sempre dove fugge il figlio. Da qualche tempo hanno iniziato a bruciare le case.

Non molto tempo fa, durante uno di questi incontri nel ROVD del quartiere Staropromyslovskij [21], i parenti di Aslan Chasbulatov, fuggito tra i monti, sono insorti dicendo che misure profilattiche del genere sono illegali. I poliziotti gli hanno risposto che vivono secondo le regole dell’adat. Questo è il dilemma dell’attuale Cecenia: i militanti vogliono vivere secondo la sharia, nel ROVD del quartiere Staropromyslovskij vivono secondo le regole dell’adat, alla legge russa che si incarna nel tribunale Basmannyj [22] e del capitano Ul’man [23] chiedono di non preoccuparsi.

Julija Latynina [24]
osservatrice della “Novaja gazeta”

07.08.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/57/12.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Agenzia di stampa russa.

[2] “Nodo caucasico”, giornale elettronico che fa capo all’associazione Memorial (Memoriale), nata per difendere la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e tuttora attiva nella difesa dei diritti umani nella Russia putiniana.

[3] Città della Russia centro-settentrionale.

[4] Squadra calcistica di Groznyj, di proprietà di Ramzan Kadyrov e da questi sostenuta anche come immagine della “normalizzazione” della Cecenia.

[5] Città della Cecenia nei pressi della capitale Groznyj.

[6] “Caucaso-centro”, sito degli indipendentisti ceceni.

[7] Moskovskij Komsomolec (“Il membro del Komsomol di Mosca”), un tempo organo della sezione moscovita del Komsomol, l’organizzazione giovanile comunista, adesso giornale noto per i suoi toni forti, quasi scandalistici.

[8] Ultimo presidente dell’autoproclamata repubblica indipendente di Cecenia, in seguito rinnegato dall’ala politica del movimento indipendentista per essersi proclamato “emiro del Caucaso”.

[9] Quartiere periferico di Mosca, città in cui Kadyrov regola i propri conti senza alcun problema…

[10] Tipo di pistola russa.

[11] L’ordigno che avrebbe dovuto ucciderlo il 24 dicembre 1800 e che invece uccise molti passanti innocenti.

[12] “I re maledetti” è una saga dello scrittore e politico francese Maurice Druon sugli intrighi alla corte di Francia.

[13] Villaggio natale e quartier generale di Kadyrov.

[14] “Fratello”.

[15] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Provinciale degli Affari Interni), cioè la sede provinciale della polizia.

[16] Mezzo blindato russo.

[17] Le začistki (letteralmente “ripuliture”) sono operazioni di rastrellamento durante le quali moltissime persone sono sparite per sempre e altre hanno dovuto pagare per non essere uccisi o maltrattati.

[18] L’attacco di Basaev con i suoi uomini contro il Daghestan nel 1999 per costituire un grande stato islamico caucasico e che fu uno dei motivi scatenanti della “seconda guerra cecena”.

[19] L’insieme delle consuetudini che regolano la vita dei ceceni (il corsivo è mio).

[20] Sic.

[21] Quartiere di Groznyj.

[22] Il tribunale del quartiere Basmannyj di Mosca, dove sono stati celebrati processi come quello al petroliere Chodorkovskij è diventato l’emblema di una giustizia al servizio del potere politico.

[23] Il capitano Ul’man, responsabile di una strage di civili ceceni, fu scarcerato durante il processo contro di lui e fuggì prima della sentenza.

[24] Importante giornalista e scrittrice russa.


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/intanto-nella

-cecenia-normalizzata-di.html


13 settembre 2008

A proposito di Olimpiadi

Le Olimpiadi non avranno luogo a Soči

In caso contrario saranno un danno per più di cinque milioni di persone innocenti e per centinaia di miliardi di rubli di denaro pubblico


“SOS: Spasti Obrečënnoj Soči [1]”. Il Comitato di controllo cittadino ha presentato un rapporto con questo titolo. “L’idea era chiara, – racconta un membro del comitato, il direttore della “Scuola di economia del mercato terriero” Ivan Starikov. – Si sono riuniti economisti, giuristi, ecologi e hanno creato il Comitato di controllo cittadino, dove sono entrati sia abitanti della città sia persone a cui non è indifferente il futuro del luogo di villeggiatura. Abbiamo condotto l’analisi della situazione della Soči olimpica. Il quadro è risultato triste.
Infatti oggi a Soči la situazione ecologica peggiora catastroficamente, si distruggono parchi e aiole, si tagliano boschi all’inizio del corso dei fiumi, la città è enormemente inquinata dai gas, si costruisce in modo caotico, i letti dei fiumi vengono depredati di ghiaia, il che porta immancabilmente con se la distruzione della striscia di spiaggia e non ci sarà semplicemente dove fare il bagno. E tutto questo viene fatto sotto la copertura delle Olimpiadi.
Le autorità non fanno attenzione a questo. Ho trasmesso una copia del rapporto al sindaco di Soči Vladimir Afanasenkov, ma non ho avuto risposta.
Noi vogliamo salvare Soči. Altrimenti dopo le Olimpiadi non resterà un luogo di villeggiatura balneare unico, ma una cittadina provinciale”.

“Svobodnoe prostranstvo” [2] pubblica estratti del rapporto. (…)
E’ passato già più di un anno dalla decisione del CIO. Qualunque testimone che sia stato a Soči dirà che quest’anno è passato invano, non è stato fatto praticamente niente. Questo è sospetto. Su questo sfondo appaiono inquietanti le notizie dalla vicina Abkhazia, dove le parti si preparano alla guerra [3] e fanno dichiarazioni minacciose. Di fatto l’Abkhazia appare oggi – e in futuro – una comoda “variante di riserva” per bloccare le Olimpiadi, alla quale le autorità russe ufficialmente non prenderanno parte e nella realizzazione della quale una guerra massiccia nel Caucaso eclisserà tutti gli affari sporchi legati alle “costruzioni olimpiche”.
Oggi è noto che i Giochi verranno a costare da tre a sette volte più cari della somma annunciata inizialmente, che ha permesso la vittoria della Federazione Russa al concorso in Guatemala [4]. In tal modo il CIO è stato tratto in inganno. La Corea del Sud, che riponeva grandi speranze nell’assegnazione dei Giochi Olimpici invernali, potrebbe far valere i propri diritti e rivolgersi al tribunale internazionale per far mutare la decisione. Un precedente del genere c’è già stato nel 1976: al posto di Denver le Olimpiadi sono andate a Montreal [5].
L’anno prossimo in Corea del Sud è previsto lo svolgimento di gare di sport invernali che si possono considerare un test dei più importanti impianti sportivi. Ma già in un futuro più prossimo Soči potrebbe trasformarsi in un enorme cantiere, inadatto sia per vacanze di massa sia per la vita normale della gente comune, che non potrà contare su spiagge private. Perciò ci minaccia non solo una vergogna nazionale, ma anche la perdita di un luogo di villeggiatura unico e accessibile a tutti.

L’aspetto finanziario

Il bilancio della preparazione alle Olimpiadi già adesso supera le gigantesche cifre stanziate per tutti i progetti di interesse nazionale.
Stando solo ai dati ufficiali per la preparazione alle Olimpiadi è prevista la spesa di 314 miliardi di rubli [6]. Nel frattempo i rappresentanti delle autorità russe annunciano già apertamente che le Olimpiadi costeranno molte volte più del previsto.
Un controllo pubblico sulle spese di queste cifre è impossibile a causa delle disposizioni del “diritto di Soči” (vedi poi).
Inoltre sorgono continuamente idee di enormi progetti di costruzioni non legati direttamente alla preparazione ai Giochi Olimpici. Tra questi occupa un posto particolare la creazione di isole artificiali nel Mar Nero.
Si prevede di creare l’isola “Federazione”, che riproduce la carta della Russia e su cui si suppone di costruire cottage e moli per gli yacht, ma anche una serie di isole meno grandi, dove si disporranno abitazioni a più piani. E’ evidente che nessuna di queste isole ha a che fare direttamente con il processo di preparazione alle Olimpiadi. E’ stato annunciato che i lavori di costruzione sulle isole saranno finanziati da compagnie private. Ma le spese principali saranno legate alla creazione delle condizioni per fondare le isole, per esempio alla costruzione di un porto di carico per il trasporto di milioni di tonnellate di pietrisco e di terra.
Per costruire l’intera quantità di impianti delle Olimpiadi del 2014, cioè erigere qualcosa come 243 impianti olimpici (per via delle attuali 15 specialità che figurano nei Giochi Olimpici invernali), sarà necessario portare a Soči oltre 100 milioni di tonnellate di materiali da costruzione e macchinari.
L’anno scorso i fondi complessivi forniti alle città della Russia per la costruzione di metropolitane hanno assommato a circa sei miliardi di rubli [7]. Per la costruzione del metrò a Soči si prevede di stanziare 100-150 miliardi di rubli [8] (fra l’altro, secondo gli specialisti, il metrò a Soči non andrà mai a pieno regime).
Considerando l’attuale stato di tutti gli elementi delle infrastrutture dei trasporti (ferrovie, autostrade, trasporti aerei e marittimi) non è possibile movimentare più di 10 milioni di tonnellate l’anno. I tentativi di estrarre pietrisco dai fiumi locali e dal Mar Nero creerà seri problemi all’ecologia e al clima del territorio. Nella zona della baia di Imereti in un area di 21 km2 su un tratto di costa di sette chilometri di lunghezza per tre di larghezza posto tra i fiumi Psou e Mzymta – cioè, essenzialmente, su terreni lasciati liberi dalla bassa marea – si suppone di piazzare tutti i più importanti impianti delle Olimpiadi. Questo non si può fare per motivi geologici: l’erezione di grandi impianti su terreni melmosi e paludosi è praticamente impossibile.
L’enorme sforzo già comincia a mostrarsi. La Russia, nonostante le richieste della leadership del Kazakistan, ha rimandato a dopo il 2014 la decisione sulla costruzione del canale “Eurasia”, che dovrebbe garantire una via d’acqua dal Mar Caspio al Mar Nero.
La costruzione di questo canale potrebbe aiutare il Daghestan, la Calmucchia, la regione di Stavropol’ e altri soggetti del distretto federale meridionale [9] di giungere a un nuovo livello di sviluppo delle infrastrutture di trasporto e agli imprenditori di ridurre le spese logistiche in modo significativo.
Cosa otterrà il nostro paese come risultato di tutti questi incredibili sforzi? Gli impianti olimpici saranno concentrati in una zona dove sarà impossibile un loro ulteriore utilizzo effettivo. Nella regione di Krasnodar [10] e nel sud della Russia nel suo complesso per ragioni pienamente comprensibili non esiste una pratica di massa degli sport invernali. La conduzione di lavori di costruzione, considerando le particolarità territoriali di Soči, esige la creazione di una lunga rete di strade e un’infrastruttura sviluppata, che in seguito non sarebbe mai pienamente utilizzata, anche se per un qualche miracolo Soči conservasse le qualità di luogo di villeggiatura accessibile alle masse. Per esempio i due porti di carico, che si prevede di costruire ai confini con l’Abkhazia, saranno semplicemente abbandonati dopo la conclusione della fase preparatoria.

Il “diritto di Soči”

Il 6 gennaio 2008 è entrata in vigore la legge federale “Sull’organizzazione e lo svolgimento dei XXII Giochi Olimpici invernali, lo sviluppo della città di Soči come luogo di villeggiatura montano e l’introduzione di mutamenti in alcuni atti legislativi della Federazione Russa” [11].
La legge su Soči sospende per quasi per un decennio le principali leggi russe sul territorio di uno dei soggetti della Federazione Russa – la regione di Krasnodar – e introduce senz’alcun fondamento di diritto un regime socio-economico speciale.
Come data finale del “periodo organizzativo dei Giochi Olimpici” è stato annunciato il 31 dicembre 2016. Nonostante il fatto che i Giochi stessi siano stati fissati per il 7-23 febbraio 2014, l’“organizzazione” continua per quasi altri tre anni dopo la conclusione di ciò che “viene organizzato”.
Secondo la legge i Giochi sono organizzati dal Comitato organizzativo “Soči-2014”. La legge non menziona alcun dovere e alcuna responsabilità di questo “organo esecutivo unico”.
L’articolo 10 prevede le “particolarità” legate al mantenimento della sicurezza nel periodo di svolgimento dei Giochi Olimpici. Particolarità vengono chiamate le “misure rafforzate”, che ricordano il regime di operazioni antiterroristiche, stabilite non molto tempo fa dalla legge federale “Sulla lotta contro il terrorismo” [12].
Il fatto è che uno pseudo-statuto speciale può essere indetto solo per tre mesi. In realtà un vero, costituzionale statuto speciale si può indire, secondo la legge federale, solo per due mesi (in caso di applicazione di tale regime in determinate località).
I territori in cui si applicano pienamente o in modo selettivo le misure speciali vengono determinati dal presidente. E’ evidente che questi potrebbe anche non limitarsi a Soči e alla regione di Krasnodar. La legge non impedisce di coprire di cemento anche tutta la costa, anche tutto il Caucaso settentrionale, se lo esigono gli “interessi della sicurezza”.
A dire il vero, a differenza della legge antiterrorismo, gli autori della legge di Soči hanno riflettuto sul fatto che ci sono persone indubbiamente affidabili. La legge prevede che al momento di introdurr misure di sicurezza rafforzate si possono determinare categorie di cittadini a cui tali misure non si applicano. Quali sono queste categorie? Gli sportivi? I membri di “Russia Unita” [13]? Con una selezione del genere, per di più a livello di “diritto sulla base di decreto”, l’uguaglianza di tutti davanti alla legge (articolo 19 della Costituzione della Federazione Russa) sarà difficilmente mantenuta.

Il territorio

Dal 1 gennaio 2008 al 1 gennaio 2014 sul territorio della regione di Krasnodar sono sospese le principali leggi russe che regolano i rapporti riguardanti la terra e le abitazioni. Vengono sospese parzialmente, ma nei punti più sensibili. La legge su Soči prende il posto dei codici. La giurisprudenza civile e di arbitrato è in vigore nelle parti che non ostacolano gli scopi della legge su Soči. La stessa legge su Soči diviene legge processuale. Nella Federazione Russa appare un’altra branca del diritto: quella di Soči. Insieme alla “giustizia di Basmannyj” [14] questa ha la possibilità di entrare nella storia come evidente esempio di arbitrio giuridico.
Le Olimpiadi si svolgeranno a Soči, ma l’intera regione di Krasnodar, comprese Krasnodar, Novorossijsk, Anapa [15], ecc., diverrà il territorio pilota per l’elaborazione di meccanismi per l’abolizione di diritti. I partecipanti all’esperimento saranno i più di cinque milioni di abitanti della regione.
L’espropriazione di appezzamenti di terreno e di immobili posti su di essi avrà luogo, secondo la legge, indiscutibilmente e inappellabilmente “per le necessità dello stato e della municipalità allo scopo di disporre gli impianti olimpici e per le necessità di soggetti della Federazione Russa – la regione di Krasnodar e l’ente municipale Gorod-kurort Soči [16]. Il carattere di queste “necessità” è definito in modo sfuggente: “sviluppo dei territori adiacenti agli impianti olimpici”.
In qualunque forma siano stati attribuiti in precedenza terreni e costruzioni a cittadini e organizzazioni (proprietà privata, usufrutto illimitato, usufrutto limitato gratuito, affitto), se questi sono “predestinati”, l’espropriazione ha luogo senza fronzoli: “con l’estinzione di questi diritti” (citazione dell’articolo 15, pubblicato nella Rossijskaja gazeta [17]).
La Corporazione* e il Comitato organizzativo sono un unico monopolio per l’appropriazione della costa del Mar Nero, delle riserve naturali del parco nazionale, di denaro pubblico e non. A questa compagnia, a causa della speciale importanza per tutti noi di una località di villeggiatura montana, la legge fornisce un regime fiscale agevolato (l’esenzione di tutti gli affari olimpici e montani di questi monopoli, così come per gli organizzatori stranieri delle Olimpiadi da ogni tipo di imposta, dall’obbligo di seguire piani regolatori, di tenere pubbliche audizioni sui piani di sviluppo, ecc.).
La trasformazione dei terreni in riserve e l’espropriazione di appezzamenti di terreno è permessa in assenza di documenti di pianificazione territoriale. Le agevolazioni fiscali e doganali si applicano fino al 1 gennaio 2017.
Per gli abitanti della regione di Krasnodar, scacciati dalle proprie abitazioni, tali concessioni non sono previste. Di un’immediata attribuzione a questi di appezzamenti e abitazioni non si fa menzione nella legge.
Gli addetti alla valutazione degli appezzamenti di terreno e degli immobili espropriati e al calcolo delle perdite causate dall’espropriazione saranno assunti dall’amministrazione della regione di Krasnodar insieme alla Corporazione, che pagherà il loro lavoro.
Si ritiene che le costruzioni epocali che si compiranno a Soči e nei dintorni porteranno agli abitanti una grande quantità di invidiabili posti di lavoro. I fatti non corrispondono del tutto a questo argomento propagandistico: per gli impianti olimpici è stato sottoscritto un accordo con la Turchia e vanno avanti trattative con Cina e Tagikistan per l’afflusso di alcune centinaia di migliaia di lavoratori l’anno.

L’ecologia

Più dell’80% del territorio dei luoghi di villeggiatura di Soči è coperto da boschi, che costituiscono la base della riserva statale per la tutela della biosfera e del parco naturale nazionale. Il 19 febbraio 1979 in forza di una decisione dell’UNESCO alla riserva è stato attribuito lo status di territorio per la tutela della biosfera. La riserva, che occupa 280.335 ettari, fa parte del territorio “Caucaso Occidentale”, incluso nella lista del WWF nel 1999. Si suppone di porre il nuovo centro sciistico “Roza Chutor”, che verrà costruito dalla compagnia “Interros”, nel mezzo del complesso naturale unico al mondo del parco nazionale di Soči (il progetto prevede che il centro occuperà un territorio di 429 ettari).
Al momento dell’elaborazione del progetto non è stata condotta un’analisi ecologica a livello statale e a ben vedere lo si è fatto intenzionalmente, in quanto si poteva supporre con certezza che a seguito di tale analisi la costruzione di tale impianto sarebbe stata considerata impossibile da concedere. La costruzione della strada Soči-Krasnaja Poljana [18] sarà impossibile di principio senza gravi infrazioni ai codici sui boschi e sulle acque, che proibiscono qualsiasi lavoro nelle aree protette e nelle riserve.

Il clima

Per le sue particolarità naturali e la sua posizione Soči è inadatta ad accogliere un grande numero di visitatori nel periodo invernale. I monti impediscono che a Soči penetri aria fredda dal nord. Perciò non si può contare sul fatto che a Soči, nel periodo di svolgimento delle Olimpiadi si abbiano (e si mantengano) temperature inferiori allo zero. A Soči c’è un clima subtropicale umido, a gennaio la temperatura oscilla da -5 до +7 gradi. Temperature inferiori allo zero non si mantengono per periodi di una certa lunghezza.
I mesi invernali a Soči sono legati tradizionalmente legati a situazioni particolari, causate da fenomeni climatici. Così a causa del calo repentino delle temperature si verifica il congelamento dei cavi elettrici, che nel periodo delle nevicate porta all’interruzione della corrente. Con l’umidità, non rara d’inverno, si bagnano le resistenze delle linee elettriche, che causa la loro rottura. In caso di deciso aumento di lunghezza delle linee, che sarà necessario con la costruzione della maggior parte degli impianti olimpici a Soči, i cali di corrente elettrica (inevitabili anche con la modernizzazione delle linee e la costruzione di generatori elettrici supplementari) saranno una triste particolarità di queste Olimpiadi.
Nel periodo invernale a Soči spesso si verificano slavine e per tutto l’anno resta il pericolo di smottamenti. Difendere da tali minacce un gran numero di impianti posti a brevissima distanza gli uni dagli altri, è fisicamente impossibile.
D’inverno nella provincia di Soči si osservano forti venti (oltre 15 m/s) prevalentemente da sud-est. Sulla costa caucasica del Mar Nero spesso si abbattono tempeste e trombe d’aria, che rappresentano un particolare pericolo alla luce dei piani per la costruzione di isole artificiali. Vale la pena di ricordare anche le non ancora del tutto indagate viscere piene di acido solfidrico del Mar Nero (che talvolta ricordano piccole fiaccole subacquee): temerle è assai opportuno. Il processo di costruzione potrebbe scatenare in qualsiasi momento una catastrofe naturale, capace di causare molte vittime tra gli operai edili e i membri degli equipaggi delle imbarcazioni impiegate a rovesciare terra.

Altri problemi

Nei prossimi cinque anni a Soči potrebbero sorgere problemi legati alla carenza di acqua potabile di qualità. Secondo calcoli di epoca sovietica l’infrastruttura cittadina può funzionare normalmente solo nel caso che la popolazione stabile della città non superi 240.000 persone. Da quei tempi lo stato degli impianti dell’infrastruttura in buona sostanza non è migliorato. Perché la città possa accogliere tutti gli ospiti delle Olimpiadi sarà necessario un cambiamento radicale della rete idrica. E’ evidente che non si riuscirà a compierlo insieme a giganteschi lavori di costruzione, alla posa in opera di centinaia di chilometri di nuove strade cittadine e alla costruzione di nuove ferrovie.
Il problema dei rifiuti. Le dimensioni delle discariche cittadine non permettono di accogliere tutti i rifiuti della città. Di conseguenza sorgono discariche clandestine e la grandezza dell’area per i rifiuti ad Adler [19] ha già superato tutti i limiti previsti dalle norme, il che anni fa ha portato ad una frana di rifiuti che ha travolto alcune case. Va notato che l’area di Adler è a solo due chilometri dal mare e ad uno e mezzo dal più vicino luogo di villeggiatura. Con la comparsa a Soči di un numero significativo di lavoratori edili (secondo i piani a nostra disposizione si suppone di portare in città da 180.000 a 200.000 persone), il luogo di villeggiature affogherà semplicemente nei rifiuti ancora prima dell’arrivo delle centinaia di migliaia di ospiti delle Olimpiadi.
Secondo i dati del GAI [20], oggi a Soči ci sono circa 120.000 automobili, per rapporto tra automobili e popolazione la città supera Mosca.
Il traffico sull’autostrada esistente (da cui partono le diramazioni e un raddoppio, pomposamente definito un’altra autostrada federale) è molto complicato, soprattutto nel periodo estivo. La costruzione di un vero e proprio raddoppio autostradale è impossibile per le particolarità territoriali di Soči e anche perché questo toccherebbe il territorio della riserva naturale, in cui la costruzione è proibita dalle norme del diritto russo e internazionale.

C’è una via d’uscita

In tal modo si crea una situazione paradossale. Si pone un compito praticamente impossibile – costruire tutti gli impianti olimpici a Soči. A questo scopo le autorità si preparano ad investire nella preparazione delle Olimpiadi decine di miliardi di dollari, gran parte dei quali andranno ad arricchire i funzionari e le alte sfere delle corporazioni che hanno ricevuto le commesse “olimpiche”. Di conseguenza Soči cesserà di esistere come luogo di villeggiatura accessibile alle masse, sarà violato l’ecosistema di complessi naturali unici al mondo che si trovano sul territorio della città. I suoi abitanti perderanno le attuali fonti di reddito, che, molto probabilmente, non potranno compensare nelle nuove condizioni. Le loro proprietà saranno confiscate. Di conseguenza, anche se la preparazione si compirà positivamente, a Soči resteranno impianti olimpici che non si potranno realmente utilizzare.
In queste condizioni l’unica decisione ragionevole potrebbe essere lo smistamento dei Giochi Olimpici in vari soggetti della Federazione Russa – tanto più questo è possibile secondo le regole del CIO. Così, per esempio, si svolgeranno le Olimpiadi “pechinesi” (là le gare avranno luogo in sei città, tra cui Hong Kong, che si trova a 2000 km da Pechino) [21]. Così si sono svolte anche le Olimpiadi moscovite del 1980.
E’ necessario lasciare a Soči lo status di sede, dove avranno luogo l’apertura e la chiusura delle Olimpiadi e anche le gare di cinque sport legati al territorio montano: sci alpino, salto dal trampolino, bob, skeleton, snowboard. Le gare restanti discipline dovranno svolgersi in vari soggetti della Federazione Russa:
– a Chanty-Mansijsk [22] (dove è stato costruito un bellissimo stadio) le gare di biathlon e sci di fondo;
– a Mosca, Jaroslavl’ [23], San Pietroburgo e Kazan’ [24] il torneo di hockey, le gare di pattinaggio artistico, curling e short track (gli impianti sportivi che si trovano in queste città non necessitano di significative modernizzazioni o ristrutturazioni);
– a Kolomna [25] e Čeljabinsk [26] le gare di pattinaggio di velocità (i complessi sportivi in queste città rispondono a tutti i requisiti, inoltre lo stadio di Čeljabinsk è stato inaugurato solo un anno fa).
Lo smistamento degli impianti olimpici in varie regioni della Russia è l’unica reale possibilità per il nostro paese di mantenere il diritto allo svolgimento dei Giochi Olimpici.

* Corporazione statale per la costruzione degli impianti olimpici e lo sviluppo della città di Soči come luogo di villeggiatura montano.

Materiale preparato da
Irina Gordienko

04.07.2008, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2008/color25/02.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] “Salvate Soči Minacciata” (il corsivo è mio).
[2] “Spazio libero”, supplemento della “Novaja gazeta” (il corsivo è mio).
[3] Poi l’hanno anche fatta…
[4] Dove sono state presentate le candidature all’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2014.
[5] L’autrice fa un po’ di confusione. A quel tempo i Giochi invernali ed estivi si svolgevano nello stesso anno: a Montreal si svolsero i Giochi estivi, mentre Denver dovette rinunciare all’organizzazione di quelli invernali, ma a vantaggio di Innsbruck…
[6] Oltre 8,6 miliardi di euro.
[7] Oltre 160.000 euro.
[8] Qualcosa come 3-4 miliardi di euro.
[9] Uno dei sette distretti in cui Putin ha diviso la Russia, ponendovi a capo uomini di sua fiducia.
[10] La regione in cui si trova Soči.
[11] Le leggi russe hanno un titolo e non un numero…
[12] Che con la scusa di lottare contro il terrorismo ha dato un’ulteriore stretta ai diritti civili…
[13] Partito che ha il solo scopo di portare avanti la politica di Putin.
[14] Nel tribunale del quartiere Basmannyj, nel centro di Mosca, si sono svolti molti processi a sfondo politico, come quello al petroliere Chodorkovskij. L’espressione “Giudizio” o “giustizia di Basmannyj” è diventata sinonimo di arbitrio giuridico, di giustizia al servizio del potere politico.
[15] Importanti porti sul Mar Nero.
[16] “Città-luogo di villeggiatura Soči” (il corsivo è mio).
[17] “Giornale russo” (sorta di “Gazzetta Ufficiale” – il corsivo è mio).
[18] Luogo in cui dovrebbero aver luogo le competizioni all’aperto.
[19] Città del comprensorio di Soči.
[20] Gosudarstvennaja Avtomobil’naja Inspekcija (Ispettorato Automobilistico Statale), la Stradale russa.
[21] Così scriveva l’autrice a luglio e così è stato in effetti…
[22] Città della Siberia occidentale.
[23] Città della Russia centro-settentrionale.
[24] Città della Russia centro-orientale.
[25] Città della Russia centro-meridionale.
[26] Città della Siberia occidentale.


http://matteobloggato.blogspot.com/2008/09/intanto-in-russia-
si-preparava-un-altro.html