08 marzo 2008

A proposito di Medvedev (II)

Il fenomeno dell’affluenza [1]

Aleksandr Sadčikov

Noia. Disillusione. Totale mancanza di intrigo. Elezioni senza scelta [2]. In che modo gli scettici non hanno caratterizzato la campagna elettorale presidenziale del 2008. In generale tutto questo è vero. Dal 28.11.2007 (inizio della campagna) al 02.03.2008 (fine) abbiamo vissuto senza scosse. Per tutto questo tempo è sembrato che le elezioni fossero sullo sfondo della vita di tutti i giorni. Senza strappi. Senza un senso di angoscia nelle notizie serali. Senza picchetti e manifestazioni per la strada [3]. Senza attendamenti. Senza oppositori che fanno scioperi della fame. Senza spari per le strade. Senza carri armati nel centro della città. Non c’è stato neanche il piatto più gustoso – la scatola sotto la fotocopiatrice con mezzo milione di dollari [4]. Che malinconia. Da questo punto di vista quello che accade adesso in Armenia [5] è in qualche modo “più allegro”. Ma non abbiamo bisogno di un’allegria del genere.

Non ci vado! Non è roba mia!” – ecco la posizione che si faceva strada fra molti prima del 2 marzo. Sono andati quasi 70 milioni su 106. Il 70 per cento di questi a votare per Medvedev. E per chi si può votare? Per Zjuganov-Žirinovskij-Bogdanov [6]?" – domandava retoricamente già il 3 marzo chi alla vigilia non intendeva neanche andare al seggio.

Ci hanno ripensato? E che dire della disillusione generalizzata? Una delle due: o l’apatia e lo sconforto russi non potevano comunque far calare l’affluenza o non c’è stata affatto apatia. Le elezioni non solo un’azione politica, ma anche simbolica. Ogni elettore, esprimendo la propria opinione e il proprio atteggiamento verso un candidato, non da solo una chance a questo o a quel partito, ma partecipa anche a un rituale. E il senso del rituale è semplice: tu voti – cioè stai con il paese. Cioè ti senti accomunato alla popolazione, al popolo. E’ lo stesso che andare a una parata e a una manifestazione. Così facevano i miei avi – così agirò anch’io, per sentirmi una persona, un cittadino. Probabilmente la gente è andata alle elezioni proprio per questo.

E ancora... Sono andati anche perché volevano che “fosse ancora così”. Acquisti a credito invece di tende arancioni [7]. Non abbiamo bisogno di “lezioni di armeno” e neanche di ucraino e georgiano [8]. Che le elezioni siano noiose.

Ma gli elettori siano saggi.

Izvestija, 4 marzo 2008, http://www.izvestia.ru/opinion/article3113625/ (Traduzione e note di Matteo Mazzoni)

NOTE

[1] Nell’originale c’è un gioco di parole: “fenomeno” è javlenie e “affluenza” javka.

[2] Altro gioco di parole: in russo “elezioni” è vybory, plurale di vybor, “scelta”.

[3] Infatti vengono proibite o duramente represse…

[4] Allusione a una vicenda del 1996, quando due responsabili della campagna elettorale di El’cin furono arrestati dopo che in una scatola di fogli intestati (inizialmente presa per una scatola di fogli da fotocopiatrice) fu trovato mezzo milione di dollari. In realtà si trattava di uno scontro interno alla “corte” di El’cin e furono i responsabili dell’arresto ad essere defenestrati.

[5] In Armenia l’opposizione ha protestato contro i brogli elettorali e negli scontri con la polizia alcune persone sono rimaste uccise.

[6] Il comunista Gennadij Andreevič Zjuganov, il nazionalista Vladmir Vol’fovič Žirinovskij e il “democratico” Andrej Vladimirovič Bogdanov.

[7] Quelle degli oppositori ucraini del filorusso Janukovič. “Arancioni” sono definiti per estensione tutti gli oppositori democratici a Putin e ai filo-putiniani al potere nelle ex repubbliche sovietiche.

[8] La “rivoluzione di velluto” georgiana ha portato al potere il filo-occidentale Saakašvili.



http://matteobloggato.blogspot.com/2008/03/lordine-regna-mosca.html