22 giugno 2007

A proposito di Putin (IV)

Putin ha acquisito un telefono con i documenti di copertura?

Secondo questi documenti Vladimir Vladimirovič[1] è un ingegnere militare

Problemi con la linea

Nel 2005 il presidente non aveva ancora un telefonino, ma nel 2006 esso (essi) già non funzionava(no)

Durante l’incontro con il ministro delle Tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni Putin chiese se Rejman[2] avesse un telefonino. Sì, ho un telefono...” – rispose il ministro. In risposta, come riporta la ITAR-TASS, il presidente fece notare: “Io non ho neanche un telefonino”.

30.12.2005

“Ho molti telefonini, ma nessuno di essi funziona. Non ho semplicemente tempo per questo” <...> “Ci sono altri mezzi di comunicazione”.

25.10.2006 (durante una “linea diretta”[3])

Lettera aperta del reporter di cronaca nera S.Ju. Kanev
al Presidente della Federazione Russa V.V. Putin

Egregio Vladimir Vladimirovič!

Scusi lo stupido del sottoscritto! Metto sempre il naso dove non si deve. Fra l’altro, è colpa Sua. Beh, che bisogno c’era di parlare dei suoi cellulari. Avesse detto, toh, non ne ho mai avuti. O, male che vada, che ne ha, ma solo uno. Può capitare. Ma lei: certo che ne ho e anche più di uno!

Sarò sincero, la Sua ultima frase non mi ha dato. Già si aveva molta voglia di sapere: quanti cellulari può avere il presidente russo? Ma ecco che alle Tre Stazioni[4] sono comparsi dischi freschi di database. Beh, sa, quei dati che gli sbirri scaricano dalle proprie basi e poi vendono. Carichi un disco[5] del genere sul computer e hai la vita di qualsiasi persona sul palmo di una mano. Vuoi sapere dove risiede? – Prego... Se ha un’automobile? – Per l’amor di Dio… La quantità di telefonini? – Come sputare per terra… Beh, allora ho comprato un disco[6] del genere con i numeri e i cognomi dei proprietari di telefoni cellulari.

Non nascondo che, quando ho digitato sulla tastiera il Suo cognome, il Suo nome e il Suo patronimico[7], mi tremavano un po’ le mani e la fronte ha preso a sudarmi. Capisce, non ti immischi tutti i giorni nella vita privata del presidente.

Non l’avessi mai fatto! Ecco che sul monitor sono apparsi tre numeri

A quanto risulta, Lei ha acquistato un cellulare dal numero 695 ** ** quando era ancora a Piter[8]. Gli altri due (467 ** ** e 503 ** **) li ha acquistati a Mosca. E questo è ancora nulla, Vladimir Vladimirovič. Ma stando a questi dai, al momento di acquistare i telefoni Lei ha presentato tre documenti del tutto diversi. Per primo il passaporto[9] “nativo”, ancora sovietico XI-SV 783***, emesso il 12.04.72 10 dalla questura della città di Leningrado. Il secondo, pure da sovok[10], XII-VG 643***, emesso il 07.08.87 dalla sezione del ministero degli Interni dell’RIK[11] di Nytva[12] nella regione di Perm’. Il terzo telefonino è stato acquistato, stando ai dati, con il documento militare VP 047***, emesso il 25.06.88 dal VVISU (Vysšee Voennoe Inženerno-Stroitel’noe Učilišče[13]) della città di Leningrado.

Inizialmente non potevo crederci. Forse, pensavo, è una qualche coincidenza? Pochi Putin Vladimir Vladimirovič[14] hanno documenti diversi e si comprano tre cellulari. Ma ogni volta, digitando il luogo di residenza dell’acquirente, la “base” dava i Suoi vecchi indirizzi di Piter e di Mosca. Beh, ho pensato, c’ho azzeccato! Sono venuto a sapere un terribile segreto! Pare che il nostro Vladimir Vladimirovič non sia solo un agente segreto. E’ anche un ingegnere militare!

Le dico onestamente, compagno presidente, mi sono indignato! Perché, ci si chiede, questo fatto è stato nascosto al pubblico? Perché non lo ha indicato nelle note biografiche prima delle elezioni? Ho pensato perfino di fare una denuncia alla Commissione Elettorale Centrale[15]. E un’altra alla polizia.

Ma poi è passato da me un vicino. Fra l’altro, un ex poliziotto. Questi voleva davvero dare la caccia ai banditi ed ecco che lo hanno cacciato dagli organi[16]. Gli ho detto: dunque, le cose stanno così e così. E lui si mette a ridere e dice: “Che scemo matricolato[17] che sei! “Carte”[18] del genere le hanno tutti gli uomini dell’FSB[19]. Sono documenti di copertura. Il passaporto vero lo tengono sempre a casa. O in cassaforte in ufficio”.

Insomma, L’“ho beccata”, Vladimir Vladimirovič. Ho scoperto il suo “pezzo di carta”[20] segreto. Sono pentito. Ma è anche colpa Sua! Perché doveva parlare a tutto il paese dei suoi telefonini?
Quando database del genere si vendono ad ogni angolo...

Con le mie più sincere scuse,

Sergej Kanev, reporter di cronaca nera

P.S. Quasi me ne dimenticavo. Tutti e tre i telefonini sono fuori uso.

18.05.2007, “Novaja Gazeta”, http://novayagazeta.ru/data/2007/color18/05.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] A un russo con cui non si è in confidenza bisogna rivolgersi chiamandolo per nome e patronimico (sorta di peculiare cognome russo derivante dal nome del padre – anche il padre del presidente russo si chiamava Vladimir, perciò Putin si chiama Vladimir Vladimirovič).

[2] Leonid Dododžonovič Rejman, esperto di telecomunicazioni e ministro delle Tecnologie e delle Comunicazioni.

[3] Una di quelle trasmissioni televisive in cui Putin parla direttamente con i cittadini. Inutile chiedersi quali siano i criteri di selezione che permettono di parlare con il presidente russo in diretta televisiva…

[4] La piazza Komsomol’skaja (del Komsomol – cioè della KOMmunističeskij SOjuz MOLodëži, “Unione della Gioventù Comunista”) di Mosca è detta “Piazza delle Tre Stazioni” perché vi si trovano le stazioni dette “di Leningrado”, “di Jaroslavl’” e “di Kazan’”, così dette perché da qui partono i treni diretti principalmente verso queste tre città.

[5] L’autore usa il termine bolvanka, che in russo standard può indicare un modello, una testa da manichino, ecc., ma che nel gergo degli utenti dei computer indica un CD riutilizzabile.

[6] Vedi nota 5.

[7] Negli elenchi ufficiali i russi vengono indicati per cognome, nome e patronimico.

[8] Nome colloquiale di San Pietroburgo.

[9] In Russia non esistono carte di identità e il passaporto è utilizzato come documento di identità in tutti i casi.

[10] Sovok significa “paletta”, ma in Russia il termine indica i “sovietici”, da intendersi anche per nostalgici dell’Unione Sovietica. Il corsivo è mio.

[11] Rajonnyj Ispolnitel’nyj Komitet (Comitato Esecutivo Provinciale), in pratica il governo della provincia.

[12] Cittadina dell’estremo oriente della Russia europea.

[13] Istituto Superiore Militare di Ingegneria delle Costruzioni (il corsivo è mio).

[14] L’autore qui usa cognome, nome e patronimico al plurale (Vladimiry Vladimirioviči Putiny), ma in realtà solo i cognomi russi si declinano al singolare e plurale – e al maschile e femminile…

[15] L’istituzione russa che “vigila sulla regolarità” delle elezioni.

[16] Per “organi” in Russia si intendono gli organi del ministero degli Interni, cioè la polizia e (soprattutto) i servizi segreti.

[17] Nell’originale durilka kartonnaja (“scemo di cartone” – modo per dire con falsa pompa che qualcuno è un idiota totale).

[18] Nell’originale ksivy, che nel gergo della mala sta per “documenti falsi”, ma nel gergo giovanile sta per “documenti” in generale.

[19] Federalnaja Služba Besopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l’erede del KGB…

[20] Letteralmente koročka (“piccola crosta” – nel linguaggio colloquiale sta per “diploma incorniciato”).


http://matteobloggato.blogspot.com/2007/06/la-russia-un-paese-
incredibile.html

19 giugno 2007

A proposito di affari nel Caucaso

Il nodo del Caucaso

E adesso la Russneft[1]?

“Guceriev[2] in qualità di nemico ha l’indubbio vantaggio di essere più facile da catturare dei militanti e di avere più soldi di loro”

La commissione d’inchiesta del ministero degli Interni della Federazione Russa ha presentato ai top manager della compagnia Russneft’, di proprietà di Michail Guceriev, l’accusa di condotta illegale[3]. Le versioni sull’accaduto sono due: quella “petrolifera” e quella “inguscia”[4].

Secondo la prima versione, Michail Guceriev era l’unico grande petroliere ad aver acquistato molti pezzi della JUKOS senza il permesso del regime. Da questo punto di vista Guceriev se l’è pure cavata con poco: infatti non l’hanno avvelenato come Roman Cepov[5]. Tuttavia, considerando la notevole perspicacia da orientale di Michail Safarbekovič, unita, fra l’altro, a una caparbietà altrettanto orientale, è difficile immaginare che in caso di reale pericolo non sarebbe sceso a patti.

LInguscezia è unaltra faccenda. Ricordo che, dopo le dimissioni del presidente Aušev[6], proprio il fratello di Michail Guceriev[7] si candidò alle elezioni come avversario dell’allora presidente Zjazikov[8]. Questa storia finì male per i Guceriev: il fratello fu estromesso dalla competizione e Guceriev dalla “Slavneft’”[9], ma, nonostante le luminose[10] attese del Cremlino, legate all’avvento come presidente della repubblica di un generale dell’FSB[11], le cose nella repubblica sono andate così così.

Che il Cremlino controlli il presidente Zjazikov è indiscutibile. La domanda è: cosa controlla nella repubblica il presidente Zjazikov? Gli atti terroristici – continuamente. Le “operazioni di pulizia”[12] – regolarmente: sia a Surchachi, sia ad Ali-Jurt[13].
Le voci sugli squadroni della mortenon tacciono. Le persone scompaiono; e poiché non ci sono processi pubblici è difficile dire chi tra gli scomparsi sia un terrorista e chi sia stato preso dai federali “in missione speciale” per adempiere una formalità[14]. Ma c’è un dato statistico stupefacente: se in Daghestan o in Cecenia ogni tentativo di prendere un militante, di regola, finisce con la sua resistenza disperata e il suo suicidio, in Inguscezia i casi di resistenza all’arresto sono rari. O lo shahid[15] inguscio è diventato molto codardo, o arrestano sempre meno militanti e sempre più persone a cui si possono spillare soldi.

Per Michail Guceriev i guai sono cominciati l’hanno scorso, quando Doku Umarov[16] ha sequestrato il suocero del presidente Zjazikov Magomed Čachkiev. In qualche modo bisognava spiegare in che modo la situazione dell’Inguscezia, capeggiata da un generale dell’FSB, si distinguesse dal casino della Cecenia dei tempi del rapimento di Špigun[17].

Il presidente Zjazikov è andato al Cremlino e ha detto pubblicamente al presidente Putin che nella repubblica sono state fondate 80 imprese e sono stati costruiti 500.000 m2 di abitazioni. E’ difficile dire cosa abbia detto in segreto, ma in seguito si è iniziato a fare pressione su Guceriev. Di conseguenza Aušev, Guceriev e Zjazikov si sono incontrati a Nazran’. Le parti in causa si sono riconciliate, per il suocero di Zjazikov è stato pagato un riscatto: a quanto si dice, Guceriev ha pagato di tasca sua.

Ufficialmente è stato comunicato, che lostaggio è stato liberato con unoperazione speciale, ma lFSB, che non sempre ricorda il venerdì, cosa ha detto il giovedì, dopo leliminazione di Abu Khavs[18] a Chasavjurt[19] ha pubblicato il proprio bilancio, dove, in particolare, spiccano cinque milioni di dollari, ricevuti ai primi di maggio perun qualche importante ostaggio in Inguscezia”.

I militanti ci hanno preso gusto: in primavera hanno già sequestrato Uruschan Zjazikov, zio del presidente e padre del capo delle sue guardie del corpo, l’hanno sequestrato, per usare le parole dell’indimenticabile don Reba[20], in “circostanze in verità fantastiche, che fanno pensare a un nemico del genere umano”. Uruschan Zjazikov stava camminando in un territorio presidiato non meno di una base segreta, con posti di blocco e BTR[21] presso le uscite; un venerdì stava andando a piedi in moschea – si sono avvicinati con una Žiguli[22], hanno lasciato passare i suoi accompagnatori, hanno caricato in macchina il vecchietto e sono scappati.

Guceriev ha capito quanto è comodo da usare come capro espiatorio per tutto ciò che accade in Inguscezia e si è sforzato di non avere alcun rapporto con essa. Ma d’altronde il suo tentativo di creare una zona di libero scambio in Cecenia potrebbe essere stata presa dal presidente Zjazikov come un attacco di fianco.

Notiamo che il procedimento contro la Russneft’ è stato avviato non dalla Procura Generale, ma semplicemente dalla commissione d’inchiesta del ministero degli Interni e fra l’altro la storia si è svolta quasi come un giallo: prima il servizio stampa della commissione d’inchiesta del ministero dell’Interno ha comunicato che il procedimento era stato avviato contro lo stesso Guceriev, poi Guceriev ha dimostrato che le cose non stavano così: l’accusa, a suo dire, era indirizzata a due direttori delle sue “figliolette”. Per gli affari portati avanti dai grandi di questo mondo, una tale pignoleria da pubbliche relazioni è atipica. Ma ecco che in una situazione del genere si apre uno spazio insolito per le macchinazioni operative: vuoi salvarti dal nemico? Vendi a noi, i buoni, il tuo business. Perciò la maggior parte dei consulenti finanziari sostiene la versione inguscia più di quella petrolifera.

Ammettetelo, la repubblica è in pace, il presidente Zjazikov ha garantito la sua fioritura; di chi è la colpa del rapimento di Uruschan Zjazikov? Certamente dei nemici. Guceriev in qualità di nemico ha l’indubbio vantaggio di essere più facile da catturare dei militanti e di avere più soldi di loro. Così, probabilmente, abbiamo a che fare con una situazione unica, in cui per chiudere un procedimento penale è necessario spendere due volte: per pagare gli organi[23] e per pagare Doku Umarov.

Julija Latynina[24]
articolo speciale per la “Novaja gazeta”

17.05.2007, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/36/10.html, (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Abbreviazione di Russkaja neft’ (Petrolio russo), una delle compagnie petrolifere russe in maggior crescita. Il corsivo, qui e altrove, è mio.

[2] Michail Safarbekovič Guceriev, uomo d’affari russo di origine kazaka.

[3] L’autrice non spiega di che si tratti di preciso (probabilmente non è stato cominciato, il che rafforza l’ipotesi di un’accusa pretestuosa).

[4] Avente cioè a che fare con la repubblica di Inguscezia, confinante con la Cecenia.

[5] Roman Cepov era a capo di un’impresa di servizi di sicurezza a cui si rivolgevano alcuni tra gli uomini più importanti della Russia. Forse era un “uomo che sapeva troppo”, fatto sta che è morto avvelenato da sostanze radioattive, come Litvinenko…

[6] Ruslan Sultanovič Aušev, noto per aver ottenuto la liberazione di 26 donne e dei loro figli lattanti durante i drammatici giorni di Beslan.

[7] Sait-Salam Safarbekovič Guceriev siede comunque alla Duma come rappresentante di “Russia Unita”, il partito che sostiene Putin.

[8] In realtà Murat Magometovič Zjazikov è tuttora presidente…

[9] Abbreviazione di Slavjanskaja neft’ (Petrolio slavo), compagnia petrolifera di cui Guceriev era divenuto presidente.

[10] Letteralmente “iridescenti”.

[11] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), il principale servizio segreto russo, erede del KGB.

[12] Začistki (ripuliture) sono chiamate i rastrellamenti compiuti nel Caucaso, dove i “desaparecidos” sono migliaia.

[13] Villaggi della provincia dell’ex capitale Nazran’.

[14] E’ quello che avveniva sotto Stalin: in un certo posto dovevano essere arrestate tot persone e spesso la polizia, per adempiere la “norma”, arrestava i primi che si trovava sotto mano. Poi le accuse contro di loro venivano inventate con comodo…

[15] “Testimone, martire” (termine con cui si definiscono i guerriglieri islamici pronti ad immolarsi).

[16] Doku (Dokka) Chamatovič Umarov, capo separatista ceceno e presidente dell’autoproclamata repubblica Cecena di Ičkerija.

[17] Il generale di corpo d’armata Gennadij Špigun, plenipotenziario del ministero degli Interni, fu rapito nel 1999 e ritrovato cadavere un anno dopo.

[18] Abu Khavs al-Urduni, guerrigliero giordano assai attivo in Cecenia.

[19] Villaggio del Daghestan ai confini con la Cecenia, dove nel 1996 fu firmato l’armistizio che pose fine alla “prima guerra cecena”.

[20] Personaggio del romanzo fantascientifico E’ difficile essere un dio dei fratelli Arkadij Natanovič e Boris Natanovič Strugackij.

[21] Abbreviazione di BroneTankovyj Rezerv (Riserva Carristi), nome industriale dei mezzi blindati russi.

[22] Modello della Lada simile alla Fiat 124.

[23] Per “organi” si intendono in Russia gli organi del ministero degli Interni, cioè i servizi segreti.

[24] Julija Leonidovna Latynina, giornalista e scrittrice fantasy dalle opinioni controverse (parlò di Ramzan Kadyrov come di un uomo che poteva, nonostante tutto, salvare la Cecenia, attirandosi i rimproveri di Anna Politkovskaja)


http://matteobloggato.blogspot.com/2007/06/come-si-fanno-gli
-affari-nel-caucaso.html

14 giugno 2007

A proposito di rivoluzione

Che schifo!.. Ci sarà una rivoluzione

Lo scrittore Garros[1] ha buttato giù per “Svobodnoe prostranstvo[2] un testo su ciò che, secondo lui, avverrà in Russia da qui a poco. O non avverrà… Il testo è stato per cinque giorni nel nostro forum otkrbIto.ru[3] prima dell’uscita in formato cartaceo, è stato letto oltre 2000 volte e ha avuto circa centocinquanta commenti. Grazie a tutti quelli che hanno partecipato.

“Da molto tempo avevo intenzione di scrivere della rivoluzione. Non per il giubileo di quella di febbraio trattino[4] ottobre, così, pare, inspiegabile per il nostro paese, ma già come inaccessibile a una spiegazione, già pietrificata come scheletri di tirannosauri in strati mitologici. E neanche di quella di agosto[5], il cui potente e abile autore ha da poco ancora rianimato, reso un fatto del presente, e non del passato, – ma ecco che è venuto a mancare... No, di quella rivoluzione, che può o non può avvenire in Russia.

Ne avevo intenzione – e in nessun modo potevo accingermi a farlo. E’ un tema assai scivoloso; tutti i paralleli e le proiezioni sono gravidi del “raggiro” di Pelevin[6] e della “menzogna”[7] di Solženicyn, ogni posa è ambigua: appena ti muovi, rischi di mostrarti stupido, rozzo o figlio di un cane[8]. Ma c’è il tema in generale? Ma quale rivoluzione può esserci qui, gentili signori, con una stabilità raggelante, con una quantità folle di dollari al barile, con il Fondo di Stabilità, con una middle class che ingrassa, con il signor S.[9] che difende instancabilmente i confini della Patria dal contagio “arancione”[10], con il fatto che, tutto sommato, per ogni “dissenziente”[11] ci sono cinque uomini dell’OMON[12] e dieci “consenzienti”, e che anche il muso[13] di questi “dissenzienti” pare storto – perfino riflesso in uno scudo di plastica della polizia, capace di dare a qualsiasi Quasimodo[14] un’aria altamente tragica…

Perché mai, tuttavia, una conversazione su due davanti a un bicchierino con miei conoscenti del campo teatrale, cinematografico e mediatico va a finire sul tema della nuova rivolta russa: può essere? Non può essere? Quanto a questo, certamente, che vuoi dal culturame[15] spensierato: la danno per una cosa davvero sperata, o temuta, o l’una e l’altra insieme. Ma d’altra parte, anche all’inizio del secolo scorso sedevano così, ingollavano qualche vodkina, sniffavano un po’ di cocainuccia[16], facevano appelli e previsioni, procurandosi l’irritazione e la derisione delle persone di buon senso: bisogna fare le cose e non vaneggiare di révolution[17]! –e com’è finito poi tutto questo? Stop, questi sono già paralleli, e noi invece ci siamo accordati per farne a meno.

Ecco che anche una settimana fa sedevo con il mio buon amico P., scrittore e nazional-bolscevico[18], di passaggio a Mosca. Raccontava di come lo pedinano i ragazzi dello FSB[19] nella città natale X, di come, dopo la “Marcia dei dissenzienti” della capitale (che con altri ha organizzato) lo hanno arrestato tre volte, di come nella “piccola patria”, chiamato per l’ennesima “conversazione, cioè interrogatorio, con questo signor criminale””, l’inquirente ha chiesto con durezza: cosa ha fatto nella capitale fra tale e tal altro giorno? “Ho incontrato Vladislav Surkov”[20], – ha risposto sinceramente P. (scherzi a parte, l’ha davvero incontrato). Occhi sgranati, scena muta.

Deliziosa schizofrenia di un regime non totalitario e neanche autoritario, ma surrealistico: in una realtà P. ha una conversazione con Surkov e da la mano a Putin all’incontro del presidente con i giovani scrittori, nell’altra lo seguono i pedinatori, lo arrestano e lo interrogano… Realtà parallele; cercare in esse un nesso logico è un lavoro senza senso. “Non capisco cosa vogliono, – dice P., vuotando l’ennesimo bicchierino di vodka al peperoncino. – e mi sembra, che essi stessi non capiscano cosa vogliono. Ma alla fine di tutto questo non gli importa…” Ma beh, storco la bocca, afferrando scetticamente un gamberetto da birra[21], al diavolo, di oppositori radicali, realmente capaci di slanci rivoluzionari ce ne sono sempre meno… “Ma per la rivoluzione non c’è mai bisogno di molta gente”, – replica pacatamente P. Storco di nuovo la bocca – ma ora per un altro verso, chi aveva preso sul serio quei bolscevichi fino all’autunno del ‘17? Stop, queste sono già proiezioni, ma a noi non servono.

OK, niente proiezioni e paralleli. Basi logiche per una rivoluzione nella Russia attuale non ci sono. Né per gli “arancioni” (poiché essa, anche con gli “agenti di influenza della CIA”[22] e i “soldi del dipartimento di Stato”, è impossibile in mancanza di un prurito civico, ma da noi, grazie al signor S., si sta già spegnendo bene, grazie al balsamo televisivo o agli impiastri degli sbirri), né per una rivoluzione cruenta, a catena, non come un cane, ma come una reazione[23] (poiché per essa è indispensabile qualcosa come una passionalità nazionale compressa da un sistema rigido e superato – ma si può chiamare passionale lo sfacciato superegoismo della minoranza o il fiacco menefreghismo della maggioranza, la mancanza di interesse per qualsiasi cosa, tranne la grana, il conformismo totale in qualità di modello di ruolo più alla moda e così via?). Di basi, trattino, non ce ne sono, punto[24].

Ma chi ha detto che le rivoluzioni avvengono su basi logiche?

Infatti in quella Russia del ‘17 non c’era del tutto quella mancanza di prospettive e quella disperazione su cui si sarebbe basato logicamente il suo stupefacente abbattersi come una valanga – “svanì in due giorni, a dir molto in tre”, come in Rozanov[25]?.. Sì, la guerra che si prolungava oltre misura, sì, le contraddizioni sociali che erano esplose, sì… – ma trecento anni di monarchia, il “contadino timorato di Dio”, l’economia che dava abbastanza lavoro, l’esercito che dava abbastanza battaglia… Porca miseria[26], di nuovo paralleli e proiezioni, cambiamo discorso.

Le rivoluzioni, pare, non avvengono quando tutto va definitivamente male, ma quando tutto è come se fosse niente e tuttavia questo “niente” improvvisamente smette di soddisfare praticamente tutti – e ognuno per i suoi motivi. Un altro mio buon conoscente, lo scrittore B., ha formulato la cosa così: quando a tutti all’improvviso le cose fanno troppo schifo; ebbene, si può dire anche così.

Ma infatti a tutti le cose fanno abbastanza schifo. Ai servi e a quelli della middle class[27], al ceto intellettuale diciamo, creativo, agli onesti sgobboni e agli energici faccendieri, ai “nostri”[28] e agli “altri”, e perfino ai funzionari del Cremino e ai top-hop-manager di ogni ambito. Altrimenti da dove verrebbe un tal grado di incavolatura nascosta, pronta a esplodere per qualsiasi motivo, una tale sensazione di sommessa guerra di tutti contro tutti, che di principio non può concludersi con alcuna vittoria, ma può solo smettere di essere sommessa – non la colgono proprio, i miei interlocutori-procellarie[29]?

A tutti fanno schifo le cose – e vallo a dimostrare logicamente, passerà da se o in qualche modo andrà via, leggi “prenderà il via”[30].

Fra l’altro si può anche tentare di analizzare la cosa logicamente. C’è la mia amata metafora dilettantesca, di cui, verosimilmente, ogni storico serio riderebbe, beh, o riformulerebbe in lingua letteraria. Che la storia in ogni società si sviluppa in tempi diversi, eppure paralleli: politico, economico, tecnologico, civico, culturale; e ognuno è come un binario ferroviario, la cui locomotiva tira il treno, legato con tutti gli altri cavi flessibili e rigidi. E finché la velocità delle locomotive è più o meno la stessa, tutto è abbastanza stabile, perfino se le locomotive fanno retromarcia tutte assieme. I problemi cominciano quando su diversi binari la velocità e la direzione di marcia sono tragicamente incomparabili. Quando, per esempio, il tempo culturale, quello economico e tecnologico vanno avanti a folle velocità, ma quello civico frena e a quello politico al contempo piace arretrare… Ecco che allora la stabilità del sistema si perde del tutto – non importa che nelle caldaie fischi il vapore, che le ruote girino, che i conduttori distribuiscano un po’ di tè[31]. I cavi si tendono – e basta una crisi qualsiasi, un qualsiasi rottame messo sui binari (come la Prima Guerra Mondiale – ma basta anche un pezzo più piccolo), perché all’improvviso tutto deragli. Mentre i passeggeri, che guardano dai finestrini dei vagoni di prima e di seconda classe non capiscono cosa stia succedendo.

Mi pare che la situazione sia simile a quella che si verificò in Russia nel ’17, – e mi ricorda anche qualcos’altro… ma al diavolo, l’ho fatto di nuovo[32]; taccio, taccio.

Commenti sul forum della “Novaja Gazeta” OTKRYTO.RU

Dilly

Ho l’impressione che l’autore abbia cercato, a lungo e con pervicacia, di contraddire la voce della propria ragione, scrivendo inizialmente: “ Ma quale rivoluzione può esserci qui, gentili signori, con una stabilità raggelante, con una quantità folle di dollari al barile, con il Fondo di Stabilità, con una middle class che ingrassa…”.

Non è riuscito a contraddire questa tesi.

Igor

Sottoscrivo. Ho la piena sensazione che sia stato un “flusso di coscienza” dell’autore. Da principio voleva dire qualcosa, ma la concatenazione logica è annegata nelle tinte emotive e nei “foruncoli” scoppiati delle associazioni mentali. La logica si è esaurita verso la metà e il resto, pare, è stato scritto fino a raggiungere la lunghezza necessaria.

fratello[33] nella ragione

La rivoluzione è un RADICALE[34] mutamento qualitativo, un brusco passaggio in forma di salto da uno stato qualitativo all’altro, dal vecchio al nuovo.

Perché un qualcosa di così RADICALE è presupposto, atteso, temuto dal signor autore? L’avesse scritto, avrei forse capito, di quale rivoluzione, in realtà, questi parli.

…Suppongo che l’autore sia stato indotto in errore dalla propaganda, che usa la parola “rivoluzione” per descrivere, diciamo, le risse per la proprietà in Ucraina. La “rivoluzione Arancione”… Certo, una rissa per la proprietà potrebbe esserci anche in Russia! Anzi – è sempre in corso. Ma perché parlare qui di rivoluzione???

Meeres

…Quanto alla situazione rivoluzionaria si esagera, ma l’insoddisfazione generale di tutti gli strati della società esiste.

Alcuni sono insoddisfatti della disuguaglianza sociale e del fatto che questa disuguaglianza aumenta rapidamente. Altri sono insoddisfatti della mancanza di garanzie per “quello che hanno accumulato con enorme sforzo”. L’esercito ha evidentemente nascosto l’onta e tace. L’“ambiente dei patrioti” attende impazientemente di essere chiamato ai pogrom. Come si sono mossi in occasione dei fatti di Kondopoga[35]

C’è una grande quantità di problemi, ma esploderanno, ne sono certo, in un altro posto. E questo posto qualche giorno fa l’ha indicato lo stesso presidente, affermando che tra un anno se ne andrà. L’intera verticale del potere[36] nominata da lui comincerà a grattarsi la zucca[37] pensosamente – chi sarà il prossimo, chi si dovrà implorare. Tolto dal mazzo il popolo, che adesso non ha cose da fare, messosi alla base della verticale del potere e togliendo adesso questa “pietra”, Putin ha minacciato la stabilità dell’intero edificio. Questi deve già indicare un erede nel più breve tempo possibile e far capire con durezza che proprio quest’uomo prenderà il suo posto, senza guardare in faccia a nessuno, o nel paese comincerà qualcosa di incontrollabile… Comincerà una tale rissa a tutti i livelli, dal Cremlino al villaggio di Kozjul’ka[38], che la “Marcia dei dissenzienti” e tutte le azioni degli uomini di Limonov[39] sembreranno giochi da bambini.

motek

…La metafora è bella. In ogni caso, sulla carta. In pratica, penso, la quantità di “giocatori” aumenta. A parte i locomotori, le rotaie, i cavi e il tè nelle ferrovie ci sono i meccanici, il personale di servizio, gli operai che piazzano le traversine, i capistazione, i passaggi a livello, i semafori. Senza parlare dei macchinisti e del deposito.

Cioè la vita, come sempre, è più complessa degli schemi e delle metafore.

art-amvon

Aspetti diversi del processo storico procedono su binari diversi? Ma questa non è una metafora dilettantesca. Questo corrisponde precisamente alla teoria generale dei sistemi. Ma più appropriatamente queste si chiamano “letti fluviali”. E la crisi arriva, dal punto di vista della teoria dei sistemi, proprio quando giunge una discordanza tra le variabili di diversi letti fluviali.

Di certo non si parla necessariamente del processo storico. Le asserzioni della teoria dei sistemi si applicano ai processi biologici, chimici, tecnici e altri…

laddy

Citazione: “... Infatti in quella Russia del ‘17 non c’era del tutto quella mancanza di prospettive e quella disperazione su cui si sarebbe basato logicamente il suo stupefacente abbattersi come una valanga...

... Sì, la guerra che si prolungava oltre misura, sì, le contraddizioni sociali che erano esplose, sì… – ma trecento anni di monarchia, il “contadino timorato di Dio”, l’economia che dava abbastanza lavoro, l’esercito che dava abbastanza battaglia…”

Sul “contadino timorato di Dio” dai tempi della nota lettera di Belinskij a Gogol’[40] è stato scritto già abbastanza. Come, fra l’altro, sulla “capacità di dar lavoro” dell’economia russa e sulla “capacità di dar battaglia” del suo esercito all’inizio del 1917. I punti di vista possono differire. Tuttavia chiamare la Grande Guerra (La Grande Guerre[41], la prima guerra mondiale) “una guerra che si prolungava oltre misura”, a mio modo di vedere, mostra un approccio da vero sovok[42] (essenzialmente ideologico) ai fatti scomodi sotto l’aspetto di un punto di vista d’autore. Questo è triste.

Tiberij

Una rivoluzione è pienamente possibile anche all’inizio del XXI secolo. Gli abitanti della Russia (non il popolo; il popolo percepisce se stesso come un’unità e da noi c’è una situazione di totale differenziazione) sentono l’ingiustizia del modo di vivere del paese e l’assoluta mancanza di fiducia nel domani. Il risultato può essere un qualsiasi sviluppo degli eventi. Dalla totale mancanza di partecipazione, dalla quieta indifferenza nei confronti del proprio destino futuro, dalla massima alcoolizzazione della coscienza, al “bastone dell’ira popolare”[43].

Cosicché le probabilità di una rivoluzione da noi sono 50/50.

valentin_angeln

…Oggi in Russia grazie agli sforzi dei cekisti[44] il regime è duro come la pietra (contrario a tutte le persone che siano intelligenti, oneste e amino questo paese), ma non impossibile da spiegare.

Le baionette gli bastano per tutti i dissidenti, tanto più che non ce ne sono già più molti con idee valide. Ci toccherà sopportare questo regime per circa 200 anni e forse più (finché non comincerà a divorare se stesso)…

Il’Ol’

“Che schifo! Ci sarà una rivoluzione”. Lo ha scritto Aleksandr Garros.

Rispondo: schifo le cose lo fanno. Ma la rivoluzione non ci sarà! Perché c’è stata, è durata quindici anni e si è trasformata in controrivoluzione. E già va per questa china… avanti… Non abbiamo semplicemente capito cos’era. Siamo nel corso del processo di riconoscimento…

…I controrivoluzionari sono quelli che vivono con la nuca davanti, sì. Ma hanno cosa guardare. I rivoluzionari non hanno cosa guardare, strappano di nuovo tutto fino alle fondamenta. E poi cercano di costruire un mondo nuovo. E al diavolo l’uomo comune, su cui si basa questo mondo stabile, o qualche mondo nuovo, se prima nel grasso ventre dell’uomo comune infilano la baionetta i rivoluzionari borghesi o proletari? Per il progresso della società, che, è chiaro, è cosa santa.

Oggi sono per il conservatorismo come manifestazione di stabilità, che, porca miseria[45], garantisce ai rivoluzionari il cibo per andare avanti e piantare i semi dei nuovi processi di destabilizzazione. Beh, ci sarà anche questa, MA[46] lasciateci vivere in pace, è rimasta solo questa vita alle persone di età matura e confortevole, perciò questi, maturi e bisognosi più di altri di conforto sono conformisti.

Questo detto su base puramente umane, senza[47] alcuna filosofia progressista…

Michail

E’ un articolo molto interessante. Io, per esempio, ritengo che lo strappo ci sarà certamente e molto presto. Nel 1999, quando un uomo cresciuto dai servizi segreti è stato introdotto nella grande politica, ho capito che sciagura era giunta in casa nostra, ho capito e l’ho detto, ma tutti si sono messi semplicemente a ridere. Sghignazzate adesso!

Lev Taëžnyj[48]

Ho riletto larticolo apposta.

La mia impressione non è cambiata: l’autore sta in qualche posto sperduto, dove è rimasta una biblioteca scolastica, dal cui
reparto “Marxismo-leninismo” ha preso un libretto, lo ha letto nel tempo libero perché non aveva di meglio da fare e poi ha “rielaborato” le conoscenze segrete sotto forma di riflessioni di uno “scrittore nazional-bolscevico”.

O viviamo in paesi diversi, o abbiamo amici diversi, ma DA NESSUNA PARTE[49] (e mi tocca andare molto in giro) ho sentito parlare di rivoluzione e NESSUNO dei miei amici e conoscenti ci ha mai neanche pensato.

Per amor di chiarezza dirò che tutti i miei amici e compagni sono lontani tanto dalla “tromba”[50], quanto dall’attuale potere. Non dipendono affatto dal prezzo al barile – anche se il petrolio costasse 5 copechi – nella loro vita non cambierebbe NULLA… Cosicché, vivendo negli spazi della nostra patria, lavorano “all’estero”.

E di quelli che si possono coraggiosamente chiamare risorsa intellettuale della Russia ce ne sono centinaia di migliaia. La cosa più interessante è che distruggere il loro comfort è praticamente impossibile.

Ma altrimenti non si riesce in alcun modo ad appassionarli.

Chi rimane? Una ventina di “scrittori nazional-bolscevichi”? Nonni e nonne? Gli “ingegneri quadri” totalmente eliminati?

Con chi si può “impastare la rivoluzione”?

Di seguito

Il 1 maggio alle 15.30 Garros ha letto i commenti e ha risposto:

“Come suona qui l’apocrifo: “Sono soddisfatto delle rovine del Reichstag”? Ma ecco che anch’io sono soddisfatto della reazione. Anche se la metà di quelli che hanno letto e risposto non è affatto d’accordo e in generale sono arrabbiati con l’autore. Il mio scopo era di costringere a pensare un po’. A uscire dai binari abituali. Perché neanch’io so se sia possibile in Russia un’altra rivoluzione o no (e tanto più non sono intenzionato a “impastarla”); la logica dice una cosa, le sensazioni ne dicono un’altra, il tentativo di proiettare e confrontare ne dice un’altra ancora… la contraddizione, a farla breve, è evidente e sarebbe bene rendersene conto e cercare di comprenderla. Di questo abbiamo cercato di occuparci qui, no?”

Александр Гаррос

04.05.2007, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/color16/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Aleksandr Petrovič Garros, giovane scrittore russo, di cui è stato tradotto in italiano il romanzo – scritto a quattro mani con Aleksej Evdokimov – Golovolomka (Rompicapo) con il titolo Russian Psycho.

[2] “Spazio libero”, forum online della “Novaja gazeta” (il corsivo è mio).

[3] Otkrblto sta per otkryto (“aperto”). In luogo della y sta bl, che è identico alla y in alfabeto cirillico.

[4] Sic.

[5] La rivolta contro il tentato golpe dell’agosto 1991.

[6] Viktor Olegovič Pelevin, scrittore russo contemporaneo.

[7] Garros usa i termini gergali laža e lža, giocando sulla loro somiglianza.

[8] Sic.

[9] Forse allude a Oleg Vladimirovič Syromolotov, capo del controspionaggio russo.

[10] L’arancione è il colore che contraddistingue gli oppositori dell’ex presidente filorusso dell’Ucraina Viktor Fëdorovyč Janukovyč. “Arancioni” sono detti per estensione gli oppositori di Putin e dei regimi a lui favorevoli nell’ex Urss.

[11] Allusione alla “Marcia dei dissenzienti” (cioè gli oppositori di Putin), organizzata da Garri Kasparov e altri il 14 aprile e duramente repressa.

[12] Otrjad Milicii Osobogo Naznačenija (Reparto di Polizia con Compiti Speciali), corpo speciale di polizia noto per la sua brutalità.

[13] Garros non intende offendere i “dissenzienti”, ma allude a un noto proverbio che in russo suona “non dar la colpa allo specchio, se il tuo muso è storto”.

[14] Da intendersi come il gobbo di Nôtre-Dame…

[15] Qui Garros usa il termine tilichencija, definizione derisoria dell’intelligencija, il ceto intellettuale.

[16] I vezzeggiativi ironici per “vodka” e “cocaina” non sono fra l’altro invenzioni di Garros…

[17] Garros trascrive il termine francese in cirillico e usa un immaginario plurale, qualcosa come revoliussioni.

[18] Cioè membro del Partito Nazional-Bolscevico, che si oppone a Putin in nome di una commistione di nazionalismo e nostalgie sovietiche.

[19] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l’erede del KGB.

[20] Vladislav Jur’evič Surkov, vice capo dell’amministrazione presidenziale russa, considerato l’ideologo di Putin.

[21] Gamberetti usati come stuzzichino per accompagnare la birra.

[22] Si dice, forse non senza fondamento, che la CIA sobilli o manipoli le “rivoluzioni di velluto” come quelle che hanno abbattuto Janukovič in Ucraina e Ševardnadze in Georgia.

[23] Qui, con un gioco di parole che non si può rendere bene, Garros avvicina i concetti di “cane alla catena” e di “reazione a catena”.

[24] Anche qui Garros, per chi non l’avesse capito, nomina i segni di interpunzione invece di scriverli.

[25] Vasilij Vasil’evič Rozanov, filosofo russo, che vide nella Rivoluzione Russa la fine fatale della Russia zarista (ad essa si riferisce la citazione).

[26] Garros scrive ë-moë, eufemismo per ëb tvoju mat’ (f… tua madre), espressione oscena russa che può fungere, all’occasione, da insulto, bestemmia o imprecazione…

[27] Qui Garros fa un gioco di parole tra bydlo (termine spregiativo per indicare chi fa lavori servili) e midl (cioè “middle” russificato).

[28] Penso che Garros alluda ai Nostri, movimento giovanile che sostiene Putin.

[29] Allusione al “Canto della procellaria”, scritto allegorico di Maksim Gor’kij che preconizzava l’avvento della rivoluzione (la procellaria è un uccello marino la cui venuta annuncia le tempeste).

[30] Garros fa un gioco di parole tra vyrvat’ (strappare via) e rvanut’ (prendere il via con uno strappo).

[31] Usanza delle ferrovie russe (ma mi pare di ricordare che il tè non sia compreso nel biglietto).

[32] Leggi “ho fatto di nuovo dei paralleli”.

[33] Scritto minuscolo.

[34] Il rilievo grafico (qui e di seguito) è nell’originale.

[35] A Kondopoga (Carelia) il 30 agosto 2006 in scontri tra russi e ceceni emigrati sono stati uccisi due russi. Come risposta sono stati scatenati veri pogrom contro i caucasici di Kondopoga. Tre ceceni sono stati uccisi e 60 costretti a lasciare la città.

[36] La “verticale del potere” è lo schema elaborato da Putin, secondo il quale il presidente nomina i governatori, questi i presidenti delle province, questi i sindaci, ecc., mentre il popolo vota solo assemblee legislative prive di potere reale.

[37] In russo si dice “la rapa”.

[38] Credo che sia un posto immaginario (Kozjul’ka significa “capretta”).

[39] I nazional-bolscevichi, guidati dallo scrittore Èduard Limonov (pseudonimo di Èduard Veniaminovič Savenko).

[40] Gogol’ scrisse Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici in cui dipingeva l’immagine di un contadino russo da trattare paternalisticamente (mantenendo l’arcaica servitù della gleba) e in risposta il critico Vissarion Grigor’evič Belinskij gli scrisse una lettera, divenuta un classico della letteratura progressista russa, in cui smontava l’immagine oleografica dipinta da Gogol’.

[41] In francese nell’originale.

[42] Sovok (letteralmente “paletta per raccogliere la sporcizia”) viene detto in Russia chi ha un modo “sovietico” di pensare. Il corsivo è mio.

[43] Espressione usata da Lev Nikolaevič Tolstoj in “Guerra e Pace”.

[44] Čekisti erano detti gli agenti della prima polizia politica sovietica, la ČK (si legge čeka), cioè la Črezvyčajnaja Komissija po bor’be s kontrrevoljucii i sabotažem (Commissione Straordinaria per la lotta contro la controrivoluzione e il sabotaggio) e per estensione gli agenti della polizia politica e dei servizi segreti.

[45] Nell’originale blin (frittella), eufemismo per bljad’ (porca p…).

[46] Rilievo grafico dell’autore.

[47] Qui l’autore fa un gioco di parole intraducibile tra bez e BÈZ (Belorusskaja Èkologičeskaja partija Zelënych – Partito Ecologista Verde di Bielorussia).

[48] Pseudonimo di persona non meglio identificata (il nome fra l’altro può significare Leone della Taiga).

[49] Rilievi grafico dell’autore.

[50] Cioè dai mezzi necessari per farsi ascoltare dal pubblico.


http://matteobloggato.blogspot.com/2007/06/rivoluzione-o-
garros-ma-non-roland.html