27 febbraio 2007

A proposito della guerra in Cecenia

Il nodo del Caucaso

La Russia ha perso la guerra di Ičkerija[1]

Adesso in tutti i posti chiave della Repubblica Cecena ci sono ex guerriglieri[2]

Ed è ecco che la cosa si è compiuta. Due campagne cecene, decine di atti terroristici, l’assalto di Groznyj condotto con incapacità, decine di migliaia di civili, guerriglieri e soldati federali uccisi, migliaia di persone sequestrate, milioni di dollari spesi da un paese in miseria per le necessità di una guerra ingiusta – tutto questo si è concluso con la vittoria.

Di quelli con cui abbiamo combattuto, che abbiamo ucciso, sequestrato e torturato – la vittoria dei guerriglieri.

E quello che attendevano dal 5 ottobre dello scorso anno, quando il premier Ramzan Kadyrov ha compiuto 30 anni, è avvenuto. L’ultimo “federale”[3] alla guida della Cecenia – il presidente Alu Alchanov – ha dato le dimissioni. Kadyrov è il presidente ad interim.

La corsa elettorale 1999-2000 cominciò con le esplosioni dei condomini[4] e il raid di Basaev in Daghestan[5], le elezioni 2007-2008[6] con la nomina di Kadyrov come dittatore ufficiale della Repubblica Cecena. Prossimamente, verso marzo, Vladimir Putin proporrà ai parlamentari locali qualche candidatura al posto di capo della repubblica. E questi sceglieranno Ramzan allunanimità.
I ben informati ritengono che dopo la morte di Kadyrov-senior Alchanov, uomo appoggiato dal Cremino, abbia giurato in presenza di testimoni al 27enne Ramzan, che potrebbe essere suo figlio: al raggiungimento da parte di quest’ultimo del 30° anno di età (status che permette, secondo la Costituzione della Cecenia, di concorrere alla carica di presidente) avrebbe ceduto spontaneamente la poltrona presidenziale. Alu Alchanov ci è rimasto seduto sopra quattro mesi in più, perciò è stato pubblicamente insultato dal giovane Ramzan e poco ci è mancato che non sia stato cacciato a calci dai miliziani del premier insieme ai resti della sua (di Alchanov) squadra. Hanno perfino minacciato la sua famiglia.

Tutto questo è stato fatto giocando sporco, con rozzezza. Il presidente della Russia non aveva ancora espresso il proprio volere e già nell’ufficio del presidente della Cecenia, nella segreteria del consiglio di sicurezza e nell’ufficio stampa del presidente avevano scollegato Internet e i telefoni.

“In Cecenia deve esserci un solo padrone” – ha dichiarato più di una volta Ramzan negli ultimi mesi. Sia questo fatto, come si diceva, sia la velocità con la quale sono scomparsi dalle strade i ritratti di Alchanov, non fa sorgere alcun dubbio agli abitanti della Cecenia su un punto: chi sia questo padrone. L’uomo dalla pistola d’oro, che controlla tutte le formazioni armate legali e semilegali, il frequentatore dei più cari ristoranti di Mosca, l’accademico Kadyrov, i cui nemici personali vengono uccisi nel centro di Mosca senza che ne seguano processi o indagini.
Con l’uscita di scena di Alchanov si può esclamare: Addio, Cecenia! Viva l’Ičkerija! Adesso in tutti i posti chiave della repubblica siedono gli ex sostenitori dell’Ičkerija.

Giudicate voi: Adam Demil’chanov – vice-premier con delega per le strutture armate (ex autista di Salman Raduev[7]), Abdul-Kadyr Izrailov – vice-premier; Leče Chultygov – capo del Dipartimento per la sicurezza dello stato dell’Ičkerija, adesso deputato al parlamento, Magomed Chambiev – ex ministro della Difesa dell’Ičkerija, adesso deputato al parlamento, Musa Dadaev – capo dell’amministrazione di una delle più grandi province della Cecenia, quella di Ačchoj-Martan, ex comandante di campo, vicino a Džochar Dudaev, Ибрагим Дадаев (fratello di Musa, soprannominato Toptygin[8]) – comandante del reggimento del ministero degli Interni della Cecenia intitolato ad Achmat-Chadži Kadyrov, ecc. Tutti questi cittadini sono guerriglieri, che adesso, a quanto pare, vengono divisi in “buoni” e “cattivi”. Questo nonostante il fatto che dietro alcuni di loro ci siano decine di persone uccise, sequestrate, vendute e mutilate.

In tal modo Kadyrov-junior ha compiuto l’opera di Kadyrov-senior. Nel periodo in cui collaborai con Achmat-Chadži per far liberare degli ostaggi costui, parlando con sincerità, disse più di una volta: mah, quanto siamo stupidi a combattere con la Russia – da questa si può prendere quello che ci serve e in questo modo vivere come vogliamo. Kadyrov-senior aveva ragione e suo figlio si è mostrato fedele alla volontà del padre – l’Ičkerija è tornata. Formalmente come parte della Russia, di fatto con una leadership indipendente da chiunque, per la quale la parola “legge” è un’incomprensibile combinazione di lettere, un arbitrio quotidiano e un popolo senza diritti.

Al riguardo si pone una domanda fondamentale: questo è l’ideale delle riforme del presidente russo e il modello della “verticale”[9] da lui inventata? Non voglia Iddio che qualcuno da qualche parte intralci il passaggio a Ramzan e ai suoi combattenti: lo spazzano via, come gli infelici abitanti del villaggio di Borozdinovskaja[10], ti raggiungono a Piter[11], come il direttore della fabbrica Samson[12] Arsamakov[13]. Allora mi chiedo pure: questo è ciò, verso cui stanno andando anche altri soggetti della Federazione Russa? E qualcuno forse ha già avuto successo – la stessa Baschiria con la sua malmenata Blagoveščensk[14].
Sì, nella Cecenia di oggi non sparano i cannoni, gli aerei non lanciano bombe, non muoiono decine e centinaia di soldati russi e ragazzi ceceni. E grazie a Dio. Ma il terrore e l’abuso totali sono davvero il prezzo che la gente deve pagare per la propria vita?

Vjačeslav Izmajlov

19.02.2007, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/12/11.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Nome russo della Repubblica Cecena secessionista (Repubblica Cecena di Ičkerija).

[2] Non è facile tradurre il termine boevik, con cui in russo si designano in generale i combattenti non appartenenti a un esercito regolare. Io qui uso il termine “guerrigliero”, ma a seconda dei casi si potrebbero usare anche i termini “militante” o “terrorista”.

[3] Cioè uomo della Federazione Russa.

[4] Nell’estate del 1999 alcuni condomini furono fatti saltare in aria a Mosca e nel sud della Russia, causando centinaia di morti. Gli attentati furono attribuiti ai ceceni e Putin dette il via alla “seconda guerra cecena”.

[5] Il guerrigliero Basaev e i suoi uomini attaccarono le zone del Daghestan confinanti con la Cecenia allo scopo, pare (la vicenda ha molti punti oscuri), di creare un grande stato islamico. L’operazione fu un insuccesso totale.

[6] Nel 2007 ci saranno le elezioni per il rinnovo della Duma, la “camera bassa” del parlamento russo, nel 2008 ci saranno le elezioni presidenziali.

[7] “Signore della guerra”, genero di Džochar Dudaev (primo presidente dell’Ičkerija). Raduev fu condannato all’ergastolo nel 2001 e morì di una misteriosa emorragia nel 2002.

[8] Nome scherzoso dell’orso derivante da toptat’, “camminare trascinando i piedi”. Nelle fiabe russe l’orso ha talvolta il pomposo nome Michail Potapovič Toptygin.

[9] La cosiddetta “verticale del potere”: il presidente nomina i presidenti delle “repubbliche autonome” e i governatori, questi nominano i capi delle province, che nominano i sindaci, ecc. Il popolo vota il presidente e i parlamenti locali e parte di quello nazionale (il Consiglio della Federazione non è mai stato elettivo), che contano sempre meno…

[10] Villaggio ceceno popolato da àvari (popolo caucasico minoritario), dove il 4 giugno 2005 uomini armati mai identificati uccisero una persona e ne sequestrarono 11, dopo di che i restanti abitanti ripararono nel vicino Daghestan e, nonostante le loro denunce, non hanno ancora ottenuto giustizia.

[11] Nome colloquiale di San Pietroburgo.

[12] “Sansone”, fabbrica di carne in scatola.

[13] Chamzat Arsamakov, direttore della fabbrica “Samson” di San Pietroburgo, nel giugno 2006 fu aggredito dal “signore della guerra” ceceno Jamadaev e dai suoi uomini.

[14] Città della repubblica federale di Baschiria (popolata per la maggioranza da genti di etnia turca), dove tra l’8 e il 14 dicembre 2004 ebbe luogo una brutale operazione poliziesca con centinaia di arresti e di pestaggi.


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26 febbraio 2007

A proposito di Ramzan Kadyrov (II)

Giochi politici

Ramzan Kadyrov si è dato alla difesa dei diritti umani

Ljudmila Alekseeva: “Se mi toccherà stringergli la mano – morirò di crepacuore”

Ramzan Kadyrov ha in programma di indire una conferenza sulla difesa dei diritti umani il 1 marzo a Groznyj e al contempo di guidare la lotta contro l’arbitrio e il lavoro per la creazione di una società civile in Cecenia.

Un tempo conoscevamo Ramzan il combattente, l’eroe di Ičkerija[i], Cecenia e Russia; Ramzan il costruttore; Ramzan il giurista; Ramzan lo scienziato, l’accademico; Ramzan il mecenate, il capo del consiglio per la protezione del fondo intitolato a suo padre[ii]. Avevamo valutato adeguatamente il suo contributo ai concorsi di bellezza, al campionato di biliardo, alla costruzione di parchi acquatici e ippodromi, all’organizzazione di festival rock, al rilancio del calcio in Russia… In questo mosaico al leader della Cecenia manca solo uno splendore da esportazione. E una conferenza sulla difesa dei diritti umani con la partecipazione di Ramzan e dei principali sostenitori dei diritti umani è destinata a colmare questo vuoto. Adesso Kadyrov smaschererà se stesso, lotterà con se stesso, scriverà denunce contro di se alla Procura Generale e maledirà se stesso sui mass-media liberali.

Una persona pubblicamente sospettata di aver commesso crimini, i cui uomini sono colpevoli di sequestri e omicidi di massa degli oppositori del proprio padrone, a cui non sono seguiti processi né indagini, i cui uomini sono colpevoli di torture, – proprio questa persona sogna di diventare il principale sostenitore dei diritti umani in Russia.

Questi ha già risposto agli sforzi dei sostenitori dei diritti umani, che danno il loro appoggio alla ragazza cecena Zara Murtazalieva, condannata a nove anni di detenzione con l’accusa non provata, come riteniamo, di aver preparato un atto terroristico a Mosca. Kadyrov, in particolare, ha dichiarato di essere pronto ad aiutare il suo trasferimento in Cecenia dal suo attuale luogo di detenzione in Mordovia[iii]. Com’è noto, la commissione per l’esame delle domande di grazia opera adesso in ogni soggetto[iv] della Federazione Russa. E la parola di Kadyrov-junior in Cecenia è indiscutibile. E anche se l’ultima parola sulla concessione della grazia spetta al presidente della Russia, per Zara c’è una grande chance per essere scarcerata. E voglia Iddio che Zara Murtazalieva riceva questo aiuto.

Ma tutto questo è un gioco sullo sfondo di numerose tragedie che ogni giorno si verificano in Cecenia per opera di Ramzan e dei suoi uomini. E’ una cosa evidente e ciononostante alcuni attivisti russi per i diritti umani hanno appoggiato l’idea di Kadyrov di una conferenza a Groznyj. Euna loro scelta personale. Ma io sono contento che la mia posizione coincida con l’opinione del direttore del “Gruppo Moscovita di Helsinki”[v] Ljudmila Alekseeva. Ieri, mercoledì, a Ljudmila Michajlovna è giunto l’invito ufficiale al forum di Kadyrov. Questa ha rifiutato decisamente di parteciparvi.

“Io e i miei colleghi, –ha dichiarato Ljudmila Alekseeva, – abbiamo lottato per salvare le persone che venivano torturate in Cecenia. Se mi toccasse, anche solo per salvare la vita di qualcuno, stringere la mano di quest’uomo – morirei di crepacuore. Non voglio prender parte a questa conferenza”.

Vjačeslav Izmajlov, direttore della sezione “Anna Politkovskaja”

15.02.2007, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/11/02.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[i] Nome ceceno della Cecenia. La Cecenia si dichiarò indipendente come “Repubblica Cecena di Ičkerija”.

[ii] Achmat-Chadži Abdulchamidovič Kadyrov, eletto presidente della Cecenia nel 2003 grazie a brogli giganteschi e ucciso l’anno successivo.

[iii] Regione della Russia europea popolata da genti di ceppo ugro-finnico e tristemente nota come luogo di deportazione.

[iv] Cioè in ognuna delle principali entità territoriale in cui è suddivisa la Federazione Russa: repubbliche autonome (la Cecenia è una di esse, ma la definizione non va certo presa alla lettera…), governatorati, città di rilevanza federale…

[v] La prima organizzazione sovietica per la difesa dei diritti umani, nata nel 1989, in piena perestrojka. Si rifà al documento per la sicurezza e la cooperazione firmato a Helsinki nel 1975 da 35 paesi europei, tra cui l’Unione Sovietica (che si impegnò a rispettare i diritti umani, salvo poi disattendere completamente tale impegno).


[v] La prima organizzazione sovietica per la difesa dei diritti umani, nata nel 1989, in piena perestrojka. Si rifà al documento per la sicurezza e la cooperazione firmato a Helsinki nel 1975 da 35 paesi europei, tra cui l’Unione Sovietica (che si impegnò a rispettare i diritti umani, salvo poi disattendere completamente tale impegno).

[v] La prima organizzazione sovietica per la difesa dei diritti umani, nata nel 1989, in piena perestrojka. Si rifà al documento per la sicurezza e la cooperazione firmato a Helsinki nel 1975 da 35 paesi europei, tra cui l’Unione Sovietica (che si impegnò a rispettare i diritti umani, salvo poi disattendere completamente tale impegno).





22 febbraio 2007

A proposito di aiuti alla Cecenia

Il nodo del Caucaso

SULLA CECENIA HANNO MESSO UNA CROCE ROSSA

L’organizzazione benefica internazionale sposta i programmi dal Caucaso settentrionale

“Notiamo una qualche stabilizzazione nelle regioni del Caucaso settentrionale – in Cecenia, Inguscezia, Daghestan – ha dichiarato il capo della sede russa del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) François Bellon durante la conferenza stampa dell’8 febbraio. – Nonostante il fatto che ogni giorno giungono notizie di sporadici atti di violenza, la situazione del Caucaso settentrionale è sensibilmente migliorata rispetto agli anni 2001-2005. Al posto degli aiuti umanitari giungono nel Caucaso progetti statali indirizzati alla ricostruzione della regione. Perciò abbiamo cambiato il programma di aiuti al Caucaso settentrionale”.

Per finanziare le attività della Croce Rossa in Russia quest’anno sono stati stanziati solo 23 milioni di $ (l’anno scorso ne furono stanziati 25), dei quali 18,5 saranno spesi per il Caucaso settentrionale. Fra l’altro, a quanto ha detto François Bellon, il tipo di aiuti cambierà: se prima aiutavano la gente a sopravvivere, ora la aiutano a rialzarsi in piedi. Così quest’anno la Croce Rossa limiterà la distribuzione di cibo e vestiario. In luogo di questa la Croce Rossa si sforzerà di aiutare lo sviluppo di una piccola imprenditoria familiare – quest’anno si prevede di appoggiare 1400 progetti. “In tal modo tentiamo di aiutare la gente a guadagnare autonomamente e a non dipendere dagli aiuti umanitari” – ha dichiarato François Bellon.

La Croce Rossa ridurrà gli aiuti al sistema sanitario della Repubblica Cecena. Continuerà a fornire aiuti a sette ospedali, al centro trasfusionale della Repubblica Cecena a Groznyj e alle imprese che si occupano di protesi ortopediche (si tratta di aiuti per la preparazione di specialisti).

Inoltre l’ICRC intende proseguire il lavoro tradizionalmente svolto nel Caucaso settentrionale – la “prevenzione del pericolo mine”. A detta degli uomini dell’ICRC, quelli che più spesso saltano in aria sulle mine sono i bambini, per la loro naturale curiosità. “Nell’ambito dell’azione contro le mine” verranno costruiti per i bambini alcuni parchi giochi sicuri e informazioni sulle zone pericolose saranno diffuse tra la popolazione.

François Bellon ha detto che “al giorno d’oggi le operazioni dell’ICRC nella Federazione Russa occupano il settimo posto per quantità di aiuti forniti, venendo dopo regioni come il Sudan, Israele, i territori palestinesi, l’Irak, l’Afghanistan, la Repubblica Democratica del Congo e la Colombia”.

Elena Kostjučenko e i nostri corrispondenti speciali

12.02.2007, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/10/13.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

21 febbraio 2007

A proposito della giustizia in Russia

Processo in corso[1]

Attraverso l’asfalto

Al posto di una Società per l’amicizia russo-cecena disciolta ne sono comparse tre

Due settimane fa la Corte Suprema ha confermato la sentenza del tribunale di Nižnij Novgorod[2] che ha disposto lo scioglimento della Società per l’amicizia russo-cecena. Motivo dello scioglimento era stata la pubblicazione da parte del giornale Pravozaščita[3] degli appelli di Aslan Maschadov per la cessazione della guerra in Cecenia. Il leader della disciolta società Stanislav Dmitrievskij ha raccontato alla Novaja Gazeta cosa intenda fare nel futuro prossimo.

— C’è una qualche logica nella sentenza della Corte Suprema?

— E’ difficile dirlo in una lingua semplice e comprensibile. Qui si sono intrecciate alcune questioni di diritto. In primo luogo, il tribunale ha stabilito di punirmi per “orientamento estremista”, tuttavia secondo la legge non ogni incitazione all’inimicizia è estremismo, lo è solo se è legata alla violenza. Questo è quanto precisamente stabilisce la legge. Nelle carte del mio processo non sta scritto da nessuna parte, che quanto è stato pubblicato su quel giornale abbia provocato fatti di violenza.

In generale la Corte Suprema non mi ha reso note le motivazioni della sentenza e finora non so su cosa si sia basata.

La seconda evidente violazione consiste nel fatto che la sentenza è stata emessa l’11 aprile dello scorso anno e la nuova legge, sulla base della quale è stata sciolta l’organizzazione, è entrata in vigore il 18 aprile. Insomma hanno reso retroattiva la legge.

— Come si evolveranno gli eventi?

— Nel diritto russo è stato fissato un punto. Il tribunale supremo dello stato ha riconosciuto legale e fondata la sentenza che sancisce il nostro scioglimento. Si capisce che quanto prima presenteremo un’istanza alla Corte Europea per i diritti dell’uomo.

Noi continueremo a lavorare. Al posto di un’organizzazione adesso ne sono state registrate tre. La prima – la Società per l’amicizia russo-cecena – è stata fatta registrare in Finlandia da tre abitanti di Nižnij Novgorod. Io ne sono presidente. A Nižnij Novgorod abbiamo fatto registrare il Fondo di sostegno per la tolleranza. La terza organizzazione – l’organizzazione autonoma senza scopo di lucro “Tolleranza” – è stata fatta registrare da noi a Groznyj. L’organizzazione finlandese non aprirà alcuna sede in Russia, questo non avrebbe senso. Legheremo semplicemente queste tre organizzazioni con degli accordi per un’azione comune.

Ma penso che nel corso di quest’anno tenteranno di sciogliere anche queste organizzazioni registrate in Russia. Ciò nonostante continueremo a lavorare. Per prima cosa dobbiamo completare la preparazione del materiale per un tribunale internazionale sulla Cecenia.

— In quale misura potete contare sul sostegno internazionale?

— Voglio precisare subito: non ho chiesto questo sostegno. Questa campagna è stata iniziata da un deputato del parlamento finlandese in maniera totalmente inaspettata per noi. Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani russe e internazionali hanno aderito ad essa. Circa un centinaio di persone autorevoli ci hanno sostenuto all’estero. Tra queste ci sono tre direttori di grandi fondi internazionali. Noi intendiamo lavorare con loro.

P.S. Lo scioglimento della Società per l’amicizia russo-cecena è stata duramente condannato da politici, scienziati e uomini di cultura di tutto il mondo, che hanno inviato una lettera aperta al presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. I difensori dei diritti umani di Nižnij Novgorod hanno trovato il sostegno dello scrittore premio Nobel Harold PINTER[4] (Gran Bretagna), del filosofo Francis FUKUJAMA (USA), il direttore della Gazeta Wyborcza[5] Adam MICHNIK[6] (Polonia), lo scrittore Abdulhamid AMMAR (Siria), il titolare della cattedra di storia russa dell’università di Harvard Richard PIPES (США), il presidente del Fondo Heinrich Böll Ralf FUCKS (Germania) e altri.

Natal’ja Černova

08.02.2007, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/09/08.html

(traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Il titolo russo Sud da delo gioca sulla locuzione russa poka sud da delo che significa “finché la faccenda va avanti”. Sud significa “tribunale”, “corte”, “giudizio”. Delo significa “questione”, “faccenda”, ma anche “causa” o “procedimento penale”. Se tradurre il senso dell’espressione è difficile, rendere il gioco di parole è impossibile.

[2] Nome originario della città di Gor’kij, tornato in auge dopo la caduta dell’URSS.

[3] In realtà si chiama Pravo-Zaščita cioè “Diritto-Difesa” e si occupa della difesa dei diritti umani. Il corsivo, qui e altrove è mio.

[4] Il rilievo grafico, qui e altrove, è dell’autore.

[5] “Giornale Elettorale”.

[6] Adam Michnik, all’epoca del regime comunista, era un dissidente. Anche per lui, come nel caso di Memorial, una interessante continuità…

13 febbraio 2007

A proposito della giustizia in Cecenia (III)

TRA “SUD” E “NORD”

Ai sequestratori e agli assassini basta scrivere una dichiarazione per divenire combattenti ed evitare con certezza di essere puniti

Un progetto comune di Memorial e della “Novaja Gazeta”

Continuiamo a pubblicare estratti della “Cronaca della violenza”, portata avanti dai collaboratori di “Memorial” nella zona del conflitto armato nel Caucaso settentrionale. In questo numero due storie di gennaio.

Una madre ottiene la messa in stato di accusa[1] degli uomini delle strutture armate[2] che hanno rapito e ucciso suo figlio – finora se la spassano in libertà, anche se sono sospettati di omicidio.

Hanno tentato di sequestrare due giovani, ma non gli è riuscito – uno è fuggito e ha organizzato le ricerche dell’altro. Il ragazzo è stato trovato in un posto di polizia – picchiato e accusato di detenzione illegale di armi.

In Cecenia ufficialmente c’è la pace.


La pace nel Caucaso: cronaca di guerra

9 gennaio 2007. Una madre è stata picchiata dagli assassini del figlio
Nella città di Argun[3] è stata compiuta un’aggressione ai danni della 76enne Sumaja Jakubovna Abzueva. Mentre andava al mercato, una macchina si è fermata accanto a lei. Dalla macchina sono usciti dei giovani, suoi vicini, che l’hanno fatta cadere a terra e l’hanno colpita alcune volte – in particolare alla testa. I medici hanno constatato un grave shock nervoso, un’alta pressione arteriosa e un danno all’attività cardiaca e degli enormi ematomi ai fianchi.

Un possibile motivo dell’aggressione: Sumaja ha ottenuto che si indagasse sull’omicidio di suo figlio, avvenuto il 29 novembre 2005. Dell’omicidio sono sospettati ex agenti dell’ATC (“antiterrorističeskij centr[4] – una struttura armata non prevista dalla legge, che si trova sotto il controllo di Ramzan Kadyrov[5]; nel 2006 gli ATC sono stati trasformati nei battaglioni delle truppe interne “Sever”[6] e “Jug”[7]) di Argun.

La donna era già stata minacciata più di una volta da quelli che avevano portato via da casa suo figlio prima che venisse ucciso. In effetti il 26 settembre 2006 il suo vicino Sultan Buluev le chiese insistentemente di venire a sedersi nella sua macchina. Il giorno dopo, mentre stava andando a fare acquisti, altri due vicini – Arbi Mamaev e Anzor Bataev – si misero a girarle attorno con la macchina, finché i rimproveri dei passanti non li fecero desistere. Abzueva afferma che Bataev, Buluev e Mamaev in qualità di agenti dell’ATC di Argun abbiano sequestrato e ucciso suo figlio Abdulbek Abzueva. Secondo le conclusioni dell’esame clinico, questi fu picchiato e poi soffocato.

La procura di Argun ha avviato un procedimento penale sull’omicidio, ma nel corso delle indagini non si è tenuto conto della versione riguardante la partecipazione al crimine di agenti dell’ATC. Solo dopo che Abzueva si rivolse al procuratore della Repubblica Cecena Kuznecov nella primavera del 2006 il procedimento fu trasmesso alla procura della repubblica. Per molto tempo fu messo sotto inchiesta un solo sospetto – Mamaev, militare del battaglione “Jug”. Il 4 ottobre 2006 l’inquirente della procura М. Petuchov ricevette notizie di altri due: Bataev, anch’egli militare del battaglione “Jug” e Buluev, militare del PPSM-2 (polk patrul’no-postovoj služby[8] del ministero degli Interni della Repubblica Cecena, una delle principali strutture armate di Kadyrov[9]).

Ma arrestare Bataev e Mamaev non sembra possibile per la procura civile, in quanto adesso questi sono militari. E trasmettere il procedimento alla procura militare non sarà possibile finché non sarà dimostrato che proprio questi militari abbiano commesso quel crimine. Con questo pretesto i tre sospetti sono stati rimessi in libertà e Abzueva si è trovata praticamente agli arresti domiciliari, temendo di uscire all’aperto e non sentendosi al sicuro neanche a casa. Come si è visto il 9 gennaio, non senza motivo.

Il paradosso sta nel fatto che, per chi voglia diventare un combattente del battaglione “Jug” o del “Sever”, basta semplicemente scrivere una dichiarazione. A una verifica, almeno da parte della procura, non sono stati sottoposti.

10 gennaio 2007. Un uomo malmenato si è risvegliato con una granata in tasca

Verso le 22.30 nel villaggio di Karca nella provincia Prigorodnyj[10] della Repubblica dell’Ossezia Settentrionale-Alania[11] un gruppo di ignoti (presumibilmente uomini delle strutture armate[12]) ha sequestrato Sultan Abdul-Chalitovič Barachoev, anno di nascita 1982.
A tarda sera questi tornava a casa in compagnia di Vacha Šamaudinovič Keligov, anno di nascita 1985, dopo essere stato da amici. All’angolo tra le vie Družby[13] e Rabočaja[14] furono affiancati da una macchina VAZ[15]-2107 di colore bianco (numero di targa 957, 15° distretto), da cui uscirono il capo del distretto di polizia Soslan Coraev e uno sconosciuto, entrambi in uniforme. Soslan salutò e chiese a Sultan chi fosse il suo amico. Sultan lo presentò, disse che questi era un calciatore della squadra inguscia dell’Angušt[16]. Soslan salutò Vacha. In quel momento dalla via Karcinskaja[17] sbucarono improvvisamente due macchine una Audi argentata e una Volkswagen bianca. Da queste corsero fuori otto uomini, anch’essi in uniforme.

Cercarono di spingere Vacha e Sultan dentro le macchine. Vacha si oppose, chiese aiuto, si liberò e fuggì, nonostante che lo inseguissero due uomini e una macchina “modello 7”[18]. Vacha corse fino a casa e verso le 23.00 si recò coi familiari alla stazione di polizia del villaggio (POM[19]) a dar notizia del sequestro. Là rifiutarono di accogliere la sua denuncia. Un agente dell’ROVD[20] del quartiere Promyšlennyj[21] della città di Vladikavkaz[22] che si trovava là telefonò all’ROVD e venne a sapere che Barachoev si trovava là. I Keligov andarono all’ROVD e là il poliziotto di turno confermò che Sultan era da loro, ma non sapeva spiegare perché ce l’avessero portato. Ne dettero notizia ai familiari di Barachoev, ma quando questi giunsero all’ROVD, non li fecero entrare e si rifiutarono di rispondere a qualsiasi domanda.

Al mattino dell’11 gennaio lo zio di Barachoev si rivolse all’ROVD. Un inquirente di nome Givi disse che avevano trovato una granata addosso a Sultan. Vacha Keligov si rivolse all’ufficio di Memorial a Nazran’, i parenti di Barachoev si rivolsero a un avvocato. A tarda sera Sultan fu rilasciato dopo aver firmato l’impegno a non lasciare il villaggio. L’accusa di detenzione illegale di armi non fu tolta.

Il 13 gennaio Sultan Barachoev si rivolse a Memorial. Questi chiarì alcuni dettagli. Quando Sultan fu spinto nell’auto straniera, gli tirarono il giubbotto sopra la testa. Presto la loro macchina si fermò. Davanti comparve il “modello 7”, da questo uscì Coraev e si diresse verso il POM, mentre le altre macchine si diressero verso la città[23]. All’uomo che sedeva sul sedile anteriore della macchina straniera suonò il telefono, questi parlò con qualcuno in osseto, dopo di che disse al guidatore in russo: “L’altro è scappato. Che facciamo ora con questo?”.

Giunti nell’ROVD del quartiere Promyšlennyj di Vladikavkaz portarono Barachoev in una stanza, dove i sequestratori e i poliziotti presero a picchiarlo con ferocia e a insultarlo. Misero sulla testa di Sultan un sacchetto di polietilene, lo soffocarono, lo colpirono con un oggetto pesante sui talloni, sulle gambe, sul tronco, finché non perse conoscenza. Quando Barachoev si risvegliò, in presenza di “testimoni” uno degli agenti effettuò una perquisizione personale su di lui: da un taschino sulla manica sinistra del giubbotto estrasse l’innesco di una granata. Con questo finì la perquisizione, le altre tasche non furono controllate. Sultan fu condotto dal magistrato inquirente, durante l’interrogatorio raccontò com’era capitato all’ROVD e dichiarò che gli era stata messa addosso la granata. Verso le 21.00 Barachoev fu rilasciato dopo aver firmato l’impegno a non lasciare il villaggio e dopo esser stato preventivamente costretto a rinunciare a un avvocato e a firmare una deposizione in cui sosteneva di non sapere in che modo nel suo giubbotto si erano trovati una granata e un innesco.

“Novaja Gazeta” n. 06, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/06/11.html

29.01.2007 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

http://matteobloggato.blogspot.com/2007/02/storie-di-ordinario
-caucaso-carnefici.html#links



[1] Letteralmente “punizione”, ma tale non è in realtà…

[2] Per siloviki (da sila, “forza”) si intendono gli uomini delle istituzioni deputate all’uso della forza: i ministeri della Difesa, della Giustizia, degli Interni e delle Situazioni di Emergenza (una sorta di Protezione Civile) e dei servizi segreti.

[3] Nella Cecenia centrale.

[4] “Centro antiterroristico” (corsivo mio).

[5] Ramzan Achmatovič Kadyrov, figlio e aspirante successore di Achmat Abdulchamidovič Kadyrov, eletto presidente della Cecenia grazie a brogli giganteschi nel 2003 e ucciso nel 2004.

[6] Nord.

[7] Sud.

[8] Reggimento di Servizio di Pattuglia e di Controllo dei Posti di Blocco.

[9] Kadyrov ha una sorta di esercito personale, i feroci e temutissimi kadyrovcy, “kadyroviani”.

[10] Letteralmente “periferico” (il termine russo per “provincia” è maschile); si trova nella parte orientale della repubblica e prima della guerra faceva parte della Repubblica di Cecenia e Inguscezia.

[11] Nome osseto della repubblica.

[12] Vedi nota 2.

[13] Dell’Amicizia.

[14] Dei Lavoratori.

[15] Volžskij Avtomobil’nyj Zavod (Fabbrica di Automobili del Volga).

[16] Gli ingusci chiamano se stessi galagaj e il russo inguši deriva dal nome del villaggio di Angušt (oggi Tarskoe). Il club calcistico Angušt di Nazran’ – ex capitale della repubblica di Inguscezia – ha terminato all’ultimo posto il campionato di Prima Divisione 2006 (i campionati di calcio russi si giocano tra marzo e novembre), equivalente alla serie B italiana. Keligov è un centrocampista.

[17] Di Karca.

[18] Le automobili russe sono definite con una numerazione, il cui criterio sfugge alla comprensione. Fra l’altro il calciatore Keligov (alto 1,64 m e pesante 59 kg, secondo i dati ufficiali) ha mostrato in queste caso doti atletiche insospettabili.

[19] Abbreviazione della dicitura russa Posëlkovoe Otdelenie Milicii.

[20] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione di Quartiere del Ministero degli Interni), in pratica la stazione di polizia di quartiere.

[21] Industriale.

[22] Capitale dell’Ossezia Settentrionale.

[23] Cioè verso Vladikavkaz.

07 febbraio 2007

A proposito di ritorni al passato

CHE DISGRAZIA IL LAVORO[1]

L’esperienza del GULAG[2] è di nuovo richiesta

I progetti per la nuova industrializzazione della Siberia, sostenuti attivamente dal governatore della regione di Krasnojarsk[3] Aleksandr Chloponin, richiedevano l’esperienza sovietica dei successi del lavoro. L’estate scorsa per l’ennesima “costruzione del secolo” nella taiga arrivarono drappelli studenteschi di costruttori, adesso a diventare il carburante del nuovo sfruttamento[4] della Siberia si preparano gli zèk[5]. Senza GULAG da noi non si fa nulla.

Il generale Vladimir Šaešnikov, che dirige nella regione il servizio di esecuzione delle pene[6], ha dichiarato che Chloponin ha già dato il suo assenso alla vecchia idea di coinvolgere i condannati a pene detentive nei “megaprogetti” in campo economico: “Abbiamo analizzato la possibilità di una partecipazione del sistema penitenziario alla pulizia del bacino della centrale idroelettrica di Bogučany[7], alla costruzione del prosieguo del ramo ferroviario di Karabula[8], come pure della partecipazione di condannati a pene detentive e di lavoratori all’acquisizione e all’abbattimento regolamentato di animali selvatici nel nord della regione. Questo in relazione al fatto che la quantità di renne è nettamente aumentata. Questo permetterebbe di garantire la produzione di carne non solo a se stessi, ma anche ad altri servizi federali”.

Si tratta, chiarisco, del grandioso progetto di sfruttamento della bassa Transangaria[9], che viene reclamizzato come esempio della lungamente attesa “partnership privato-statale”. Anatolij Čubajs[10] e Oleg Deripaska[11] si sono messi d’accordo per portare a termine insieme la costruzione della centrale idroelettrica di Bogučany e creare là un nodo industriale – in particolare i kombinat[12] dell’alluminio, della cellulosa e cartari. Lo stato ha fatto poi un gesto di risposta, mettendo mano ai mezzi del fondo di investimento del budget per costruire qui le infrastrutture industriali e ripulire il fondo dell’ennesimo mare morto dai boschi e dai villaggi. Non c’è un’analisi del progetto dal punto di vista ecologico. Vladimir Putin si è incontrato più di una volta con Deripaska e ha preso accordi per una “partnership” del genere.

I liberal-conservatori, di cui fa parte anche la squadra di Chloponin, parlando dello sfruttamento della Siberia orientale con le sue riserve quasi intatte di idrocarburi e altre ricchezze, attingono termini dal passato sovietico. E la loro retorica non può non ricordare un simile progetto staliniano. Cosicché la notizia del coinvolgimento nel progetto degli zèk appare logico.

E’ logica anche un’altra cosa. Nell’era di nuova industrializzazione e di sfruttamento delle terre vergini[13] che già si approssima si è proprio dimenticato il fatto che la Russia ha firmato la convenzione di Vienna. Cioè si è impegnata a non trarre profitto dal lavoro di condannati a pene detentive.

Berija sarebbe soddisfatto: l’economia basata sui lager cambia di poco. La dirigenza del GUFSIN[14] ha dichiarato che i detenuti delle colonie penali della regione di Krasnojarsk producono ogni anno 1,5 miliardi di rubli[15]. Come un tempo si tratta di lavoro nel distretto industriale di Noril’sk[16] e nell’industria del legname. Viene comunicato che sull’Angara, nonostante tutto, farà la sua comparsa un kombinat per la lavorazione del legname (volume di investimenti: 3 milioni di euro), dove lavoreranno prevalentemente detenuti. Inoltre il generale Šaešnikov ha rallegrato i propri conterranei dicendo che gli abitanti di Krasnojarsk abiteranno in case costruite dagli zèk. Il GUSFIN ha firmato un accordo di collaborazione con alcune imprese di costruzioni e i condannati a pene detentive già lavorano duro alle costruzioni della “Monolitstroj”[17].

Le colonie penali hanno fatto il loro ingresso sul mercato con patate, cavoli e pomodori coltivati in proprio. Cioè, a quanto risulta, si possono mangiare i pomodori coltivati dai detenuti sedendo su una sedia opera di questi in un appartamento costruito da loro.

Un tempo il lavoro degli zèk rafforzava il potere del primo paese degli operai e dei contadini al mondo. Adesso aiuta ad arricchire i miliardari più fortunati, il cui patrimonio è conteggiato ogni anno da “Forbes”, e alcuni fortunati appartenenti al mondo degli affari di dimensioni regionali. Questo non è il GULAG. Questo si chiama schiavismo.

Aleksej Tarasov

01.02.2007, “Novaja Gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/07/06.html

(Traduzione e note di Matteo Mazzoni)

http://matteobloggato.blogspot.com/2007/02/back-to-ussr.html#links

[1] Gore ot truda significa “il dolore causato dal lavoro”. L’autore fa un gioco di parole con il titolo della commedia di Aleksandr Sergeevič Griboedov Gore ot uma (letteralmente “il dolore causato dall’ingegno”, tradotta in italiano Che disgrazia l’ingegno).

[2] Gulag stava per Glavnoe Upravlenie ispravitel’no-trudovych LAGerej (Direzione Generale dei Campi di lavoro correzionale). Anche in Russia comunque si tende adesso ad usare il termine anche come sinonimo di “campo di lavoro”.

[3] Regione della Siberia centrale grande oltre sette volte l’Italia.

[4] In realtà il termine pokorenie indica l’azione di addomesticare un animale.

[5] Zek deriva da z/k (zaključënnyj kanalestroenia, „Detenuto addetto alla Costruzione del Canale”, dove per “canale” si intende quello tra il Mar Bianco e il Mar Baltico, la cui costruzione fu compiuta negli anni ‘30 dai detenuti dei lager staliniani a prezzo della vita di migliaia di loro). Il termine fu poi usato per definire tutti i prigionieri del GULAG. Il corsivo, qui e altrove, è mio.

[6] In pratica l’ente che amministra le strutture carcerarie.

[7] Città siberiana sul fiume Angara, dove si sta costruendo una centrale idroelettrica (l’Angara è già molto sfruttato in questo senso).

[8] Città siberiana vicina a Bogučany.

[9] In pratica le terre a sud dell’Angara.

[10] Anatolij Borisovič Čubajs, uomo d’affari e politico russo, vice premier al tempo di El’cin, responsabile delle sconsiderate privatizzazioni post-sovietiche.

[11] Oleg Vladimirovič Deripaska, magnate dell’alluminio.

[12] Gruppo integrato di stabilimenti industriali.

[13] Parole d’ordine dell’epoca di Chruščëv

[14] Glavnoe Upravlenie Federal’noj Služby Ispolnenija Nakazanij (Direzione Generale del Servizio Federale di Esecuzione delle Pene), l’ente nazionale che amministra i luoghi di detenzione.

[15] Circa 44 milioni di euro.

[16] Estremo nord della Russia.

[17] Multiforme impresa moscovita che opera nel campo delle costruzioni, dell’aviazione e dei sistemi di sicurezza.

A proposito di avvelenamenti ed esecuzioni extragiudiziali (III)

Il Cremlino sapeva che i servizi segreti si esercitano a sparare alle foto di Litvinenko

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26-01-2007, ultimo aggiornamento 26-01-2007, 21:06

Sergej Mironov, presidente del Consiglio della Federazione Russa[1], la terza autorità dello stato, ha visitato un poligono, in cui i bersagli erano i ritratti dell’ex ufficiale dell’FSB[2] Aleksandr Litvinenko, che è stato ucciso. Nel sito internet del centro di addestramento dei servizi segreti russi “Vitjaz’”[3] abbiamo trovato la foto di Mironov sullo sfondo di bersagli con sopra Litvinenko.


L’ex ufficiale dell’FSB Aleksandr Litvinenko nel 2000 è fuggito in Gran Bretagna. E’ morto il 23 novembre dello scorso anno a Londra, avvelenato con polonio 210. Poco prima di morire ha dichiarato di essere rimasto vittima di una vendetta personale di Vladimir Putin. Anche i suoi conoscenti hanno accusato il presidente russo di essere il mandante dell’omicidio. La vedova di Litvinenko ha detto al giornale "Mail on Sunday"[4]: - Ovviamente non è stato Putin in persona. Ma quello che Putin ha creato attorno a se in Russia rende possibile l’uccisione di qualcuno in terra britannica. Ritengo che la responsabilità possa essere delle autorità russe.

Sergej Mironov ha visitato il „Vitjaz’” il 7 novembre 2006[5]. A quel tempo Litvinenko era già malato. Nelle pagine del centro di addestramento „Vitjaz’” ci sono foto della visita del presidente del Senato russo. Alcune sono state scattate nel poligono. Il presidente del Consiglio della Federazione Russa è visibile sullo sfondo di bersagli con l’immagine di Litvinenko. In un’altra foto, scattata nello stesso posto, Mironov indossa le cuffie e gli occhiali da poligono. Non sappiamo se abbia sparato o abbia indossato gli accessori da poligono perché si sparava vicino a lui. Da ciò si deduce che i servizi segreti russi non nascondevano alle autorità che si esercitavano a sparare a Litvinenko[6].

Fin dal principio il Cremino ha respinto ogni accusa. Subito dopo la morte dell’ex agente Vladimir Putin ha detto di essere addolarato del fatto che questa morte venga sfruttata a fini di provocazione politica. Ha dichiarato anche: - Se sarà necessario, la procura russa aiuterà i britannici a chiarire questa vicenda.

Il 27 dicembre dello scorso anno la procura generale russa ha dichiarato che l’omicidio potrebbe essere stato organizzato da Leonid Nevzlin, uno degli ex dirigenti del fallito consorzio petrolifero Jukos e uno dei più fidati collaboratori del comproprietario del consorzio, Michail Chodorkovskij. Nevzlin vive in Israele, ma le autorità russe hanno spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura. Chodorkovskij sta scontando una condanna a otto anni di colonia penale[7].

(Traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] La camera alta del parlamento russo, formata da rappresentanti delle varie entità della Federazione Russa (repubbliche, governatorati, ecc.).

[2] Federal’naja Služba Besopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), i servizi segreti russi, eredi del KGB.

[3] “Paladino”.

[4] Giornale popolare di orientamento conservatore.

[5] Anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, che adesso viene ufficialmente festeggiato come “Giorno della Riconciliazione”.

[6] Traducendo alla lettera e usando un po’ di cinismo si potrebbe dire “nel tiro a Litvinenko”.

[7] Il giornale internet polacco “Gazeta” (Giornale) – http://wiadomosci.gazeta.pl/wiadomosci/1,53600,3879480.html –, da cui traggo questo articolo, parla di “lager”. In effetti si ritiene che le colonie penali come quella in cui Chodorkovskij sta scontando la sua pena si possano in qualche modo paragonare ai campi di lavoro sovietici.