27 novembre 2006

A proposito di Beslan (I)

BESLAN: 10 DOMANDE A CUI NON C’E’ RISPOSTA.

Inchiesta delle “Izvestija”.

1. Si poteva prevenire la presa della scuola? 2. Quanti guerriglieri hanno preso la scuola? Qualcuno è riuscito a scappare dalla scuola dopo il blitz? 3. C’erano armi nascoste in precedenza nella scuola? 4. Perché i guerriglieri hanno fatto un’eccezione per Aušev? 5. Perché il tetto della palestra ha preso fuoco? 6. Quante volte hanno sparato i carri armati e in quale direzione? 7. Perché sono esplose le bombe nella palestra? 8. Che cosa ha causato la morte degli ostaggi? 9. Il blitz del 3 settembre era stato pianificato? 10. Sarebbe stata possibile una fuga “pacifica” dei terroristi[1]?

1. Si poteva prevenire la presa della scuola?

Sull’atto terroristico di Beslan hanno preso a circolare molte voci. Così, secondo una di queste, del futuro sequestro avrebbe parlato ai servizi segreti un guerrigliero arrestato in Cecenia il 1 settembre al mattino presto. Avrebbe indicato anche il luogo preciso. Alla festa d’inizio anno scolastico[2] nella prima scuola[3] di Beslan mancava ancora qualche ora.

Il vice procuratore generale della Federazione Russa Nikolaj Šepel’, che cura l’inchiesta sulla tragedia di Beslan definisce tali notizie non degne di fede. “In effetti in quel periodo fu arrestato in Cecenia un uomo che apparteneva ad una formazione armata illegale – ha detto il vice procuratore. – Ma non ha fatto dichiarazioni su un atto terroristico a Beslan”.

In verità è noto un altro fatto: i ministeri della Difesa dell’Ossezia Settentrionale e dell’Inguscezia[4] avevano dato notizia di un possibile intervento di terroristi nel “giorno della conoscenza”.

La direzione della polizia di entrambe le repubbliche aveva dato precise istruzioni all’ROVD[5] della provincia Pravoberežnyj[6] in Ossezia e a quello di Malgobek in Inguscezia per prevenire questo intervento. Ma gli ordini furono ignorati.

“La scuola n. 1, in cui sono morti i nostri bambini, è letteralmente di fronte all’edificio dell’ROVD – dice Zalina Guburova, madre di uno degli ostaggi uccisi. – Ma i poliziotti durante la presa della scuola non hanno minimamente contrastato i banditi. Come ci hanno detto più tardi, dopo la segnalazione dell’attacco dei terroristi gli ci è voluta un’ora per trovare la chiave del deposito delle armi”.

A parte questo, si è rivelato fatale l’ordine di togliere il drappello della GAI[7] dalle mura della scuola la mattina del 1 settembre. “Passo davanti a questa scuola da 18 anni – dice Al’ma Tokaeva, madre di uno degli uccisi. – Il primo giorno di scuola là c’era sempre un drappello di polizia con una macchina. L’anno scorso per la prima volta non c’era. All’ROVD hanno spiegato che il presidente Dzasochov quel giorno si preparava ad andare nella repubblica di Cabardia e Balcaria[8] e il drappello era stato trasferito sull’autostrada Kavkaz[9] A quanto sono venute a sapere le Izvestija, il drappello era armato di due mitragliatori automatici Kalašnikov e avrebbe potuto dar battaglia ai banditi. Di conseguenza i terroristi non avrebbero potuto giovarsi dell’effetto sorpresa.

Adesso contro il capo dell’ROVD di Malgobek (dal territorio di questa provincia è giunta la banda di Chučbarov[10]) e il suo vice sono stati intentati procedimenti penali per un negligente adempimento del proprio dovere cagionante la morte di due o più persone[11].Tali procedimenti sono stati intentati anche nei confronti del capo dell’ROVD della provincia Pravoberežnyj e i suoi vice.

2. Quanti guerriglieri hanno preso la scuola?

Nikolaj Šepel’, che rappresenta la pubblica accusa al processo contro il terrorista Nurpaša Kulaev[12], afferma che fossero 32. Lo stesso Kulaev l’ha confermato nei primi giorni del processo. A dir suo, che tale era il numero di terroristi gli sarebbe stato comunicato prima della partenza per Beslan dal capo della banda Polkovnik[13]. Tuttavia Kulaev ha un po’ cambiato la sua posizione: “Quando siamo andati di corsa dalla macchina alla scuola, dal suo tetto già sparavano. Quando ci trovavamo nella scuola stessa, al secondo piano (dove si trovava il quartier generale dei banditi – nota delle Izvestija) non mi facevano entrare. Quanti guerriglieri c’erano là non so”.

Gli ostaggi affermano di ricordare tra i guerriglieri un certo Ali, che poi è scomparso e non è stato trovato tra gli uccisi. Dicono che insieme ai guerriglieri in tuta mimetica il 1 settembre nella scuola hanno visto dei guerriglieri con lunghe vesti, di cui Kulaev non sa nulla. “La sera del 2 settembre abbiamo percepito che tra i guerriglieri qualcosa non andava secondo i piani – dice l’ex ostaggio Inga Charipova. – Erano nervosi, discutevano tra loro di qualcosa. Molti si erano rivestiti in abiti civili ed erano già sbarbati”.

Nikolaj Šepel’ è a conoscenza di questi preparativi, ma esclude che i terroristi pensassero a fuggire. E’ convinto che quelli che hanno tentato di farlo siano stati eliminati. Tuttavia la partecipazione al salvataggio degli ostaggi di numerosi civili costringe a dubitare di questo. Nella confusione che si era creata un terrorista rivestito in abiti civili con un bambino ferito in braccio poteva benissimo passare attraverso il fluido cordone di sicurezza.

Lo stesso Šepel’ conferma che c’era almeno un complice dei terroristi fuori dalla scuola: “E’ un correttore, che informava i banditi di ciò che accadeva intorno alla scuola, compresi gli spostamenti dei militari. Adesso è ricercato”.

3. C’erano armi nascoste in precedenza nella scuola?

Di questo quelli che stavano fuori dal cordone di sicurezza parlavano già la sera del 1 settembre. Perfino il capo del quartier generale per l’operazione antiterroristica, il capo dell’FSB[14] dell’Ossezia Settentrionale Valerij Andreev ha dichiarato in televisione che ci sarebbero state delle armi nascoste sotto i pavimenti della scuola.

Subito dopo la liberazione degli ostaggi l’autore di queste righe[15] tentò di trovare i “numerosi testimoni” del ritrovamento dell’arsenale nei sotterranei della scuola. E’ emerso che in effetti c’erano molti testimoni dell’apertura dei pavimenti, ma non erano stati notate armi da fuoco né granate. Esclusa una bambina, che avrebbe visto un arsenale. Ma le era risultato impossibile esaudire la richiesta del corrispondente di definire ciò che aveva visto e il padre, che non era stato preso in ostaggio, era venuto in suo soccorso…

Degli oltre 800 ex ostaggi interrogati solo un ragazzo di 11 anni continua ad insistere di aver visto personalmente un arsenale. Ma Nikolaj Šepel’ ritiene che i dati raccolti non confermino la sua deposizione. I sostenitori della versione assicuravano che la gente aveva paura di dir tutta la verità, ma che certamente avrebbero parlato al processo. Finora non l’hanno fatto. Adesso il comitato delle madri di Beslan ripone le proprie speranze nei futuri interrogatori dei bambini, che “a differenza degli adulti non si metteranno a fare i furbi”. Ma la logica elementare suggerisce che per la banda di Chučbarov sarebbe stato molto più facile portare con se le armi con cui prendere quella scuola, che il 1 settembre si rivelava accessibile.

In effetti i banditi aprirono i pavimenti, ma non cercavano armi, cercavano un sotterraneo, temendo un blitz come nel Centro teatrale di Dubrovka[16]. Distrussero anche i pavimenti dei piani superiori – avevano bisogno di assi per barricare le finestre. Anche l’imputato Kulaev ha dichiarato al processo: “Avevamo tutte le armi con noi”.

4. Perché i guerriglieri hanno fatto un’eccezione per Aušev?

I guerriglieri, che chiedevano di parlare solo con Dzasochov, Zjazikov[17] e Rošal’[18] (fra l’altro contemporaneamente) e che non permettevano ad alcuno di avvicinarsi, hanno fatto un’eccezione per l’ex presidente dell’Inguscezia. Ancora a settembre si era diffusa una versione, secondo cui tra i terroristi c’era un parente o un buon conoscente di Aušev. Ma lo stesso generale ha respinto queste supposizioni durante una delle conferenze stampa. E’ noto che i terroristi acconsentirono che avesse il ruolo di mediatore il 2 settembre, facendo insieme al suo il nome del consigliere del presidente della Federazione Russa Aslambek Aslachanov. Tuttavia i guerriglieri fecero entrare Aušev senza aspettare l’arrivo del consigliere del presidente.

Il capo della commissione parlamentare d’indagine sull’atto terroristico Aleksandr Toršin, in un intervista pubblicata sulle Izvestija (numero del 19 agosto) ha dichiarato: “Dopo aver visionato la cassetta fornitaci da giornalisti americani… come presidente della commissione vorrei avere alcune spiegazioni da Ruslan Aušev. Il fatto è che quando ho conversato con lui non c’era questa cassetta. Raccontò di aver parlato in russo coi guerriglieri. Nella cassetta non parla e abbiamo potuto tradurre ciò che era ben udibile”. Cosa siano riusciti a tradurre, Toršin non l’ha precisato.

5. Perché il tetto della palestra ha preso fuoco?

I membri del comitato “Madri di Beslan” suppongono che l’incendio nella palestra sia stato il risultato dell’uso di lanciafiamme da guerra. Per lungo tempo la procura non ha ammesso la presenza di lanciafiamme nell’arsenale dei partecipanti al blitz. “L’hanno ammesso solo dopo che gli abitanti di Beslan hanno consegnato agli inquirenti le cartucce dei lanciafiamme usati”, ha dichiarato la presidentessa del comitato Susanna Dudieva. Al contempo il capo della commissione parlamentare Aleksandr Toršin ha fatto notare che l’uso di lanciafiamme in altre parti della scuola non ha provocato incendi. “Ci spieghino perché in un posto brucia e in un altro no”. Secondo la versione degli inquirenti i lanciafiamme furono usati per annientare i focolai di resistenza dei guerriglieri nei laboratori della scuola. Fu fatto fuoco con gli Šmeli[19] il 3 settembre dopo le 18.00, quando nella scuola non c’erano più ostaggi vivi. Inoltre, affermano in procura, il lanciafiamme tipo RPO-A[20] non causa incendi e ciò è stato confermato in un incidente probatorio.

Gli inquirenti della procura, rifacendosi agli esperti, affermano: il tetto ha preso fuoco per l’esplosione delle bombe, che hanno provocato un riscaldamento dell’aria fino a una temperatura di 1400 gradi. “L’incendio è avvenuto a causa dell’esplosione uno dopo l’altro di ordigni artigianali – dice Nikolaj Šepel’. – Ciò è confermato anche dalle deposizioni della parte lesa. Il tetto è bruciato per circa 40 minuti, dopo di che è avvenuto il crollo”.

6. Quante volte hanno sparato i carri armati e in quale direzione

“Per portare a termine l’operazione sono stati impiegati tre carri armati T-72 della 58.a armata – ha dichiarato alle Izvestija Nikolaj Šepel’. – Uno di essi sparò dalle 21 e le 21.30. Dall’ala destra della scuola sparò cinque colpi verso le ultime tre finestre del lato destro della mensa. Poi il carro armato fu spostato all’angolo dell’edificio della scuola verso il muro della mensa che da sulla ferrovia e sparò ancora due colpi verso le finestre della mensa. Secondo gli atti furono sparate otto cariche a frammentazione da 125 millimetri. Una per motivi tecnici”.

Al contempo molti ostaggi affermano che il carro armato aprì il fuoco verso la scuola molto prima – quando c’erano ancora molti ostaggi in vita. “A quanto ci risulta dai carri armati fu sparato tra le 13.30 e le 16” – dice la presidentessa del comitato “Madri di Beslan” Susanna Dudieva. Poco prima delle esplosioni nella scuola l’autore di queste righe si trovava in uno dei cortili di via Komintern con sei soldati della 19.a divisione della 58.a armata. I soldati si mossero velocemente per il cortile abbassandosi, perché un cecchino sparava dal tetto della scuola. Subito dopo l’inizio del blitz un ufficiale disse che il cecchino era stato tolto di mezzo. A dir suo lo si era fatto con un colpo sparato da un carro armato, dopo di che una parte del tetto nella zona della mensa risultò distrutto.

7. Perché sono esplose le bombe nella palestra?

La risposta a questa domanda è un mistero per tutti, inquirenti compresi. A nessuno interessava far esplodere le bombe – il dialogo coi terroristi aveva appena cominciato a dare risultati (dopo aver rilasciato delle madri con bimbi piccoli, i banditi avevano permesso agli uomini dell’MČS[21] di portare via i corpi sotto le finestre. “Cosa successe il 03.09.04 alle 13.30 e perché siano iniziate le esplosioni nella scuola resta un enigma per me, – ha detto durante l’interrogatorio presso la procura l’ex presidente dell’Ossezia Settentrionale Aleksandr Dzasochov. – Posso confermare che il blitz nella scuola non fu pianificato”.

“Certo, il 3 settembre la situazione nella palestra era molto tesa, – ricorda l’ex ostaggio Alla Chanaeva. – I bambini stremati si aggrappavano ai fili a cui erano legate le bombe. Anche i guerriglieri erano nervosi”.

Ci sono alcune versioni dell’esplosione. Basandosi sui dati dell’incidente probatorio, Nikolaj Šepel’ suppone che il guerrigliero che controllava l’innesco fosse un tossicodipendente. “Come minimo alcune ore prima delle esplosioni i banditi avevano finito la droga e il 3 settembre erano in crisi d’astinenza…”.

Secondo un’altra versione il terrorista che controllava le bombe avrebbe tentato di cambiare il meccanismo d’innesco di una bomba. Tuttavia al processo Kulaev non ha accennato a cambiamenti dei meccanismi d’innesco degli ordigni. C’è l’ipotesi che lo scotch con cui una delle bombe era attaccata a un canestro si sia scollato e la bomba sia caduta ed esplosa…

L’imputato Kulaev afferma che subito dopo le esplosioni Polkovnik telefonò infuriato a qualcuno: “Il vostro cecchino ha colpito il mio uomo che controllava le bombe”, dopo di che distrusse il proprio telefono. Tuttavia gli organi per la tutela dell’ordine pubblico e la commissione parlamentare non confermano la tesi del cecchino. “Niente del genere avrebbe potuto accadere, – ha dichiarato in un’intervista alle Izvestija il capo della commissione parlamentare Aleksandr Toršin – …il guerrigliero che controllava l’esplosivo era nella cosiddetta zona morta”.

8 Che cosa ha causato la morte degli ostaggi?

Nel complesso nella scuola n. 1 di Beslan e nei paraggi sono morte 330 persone (senza contare i terroristi). 19 di queste sono state uccise dai guerriglieri con colpi d’arma da fuoco prima del 3 settembre. 10 agenti dei corpi speciali, 2 uomini dell’MČS e un abitante di Beslan[22] sono morti durante il blitz. Le cause della morte delle altre 298 persone restano finora motivo di discussione.

“A quanto ci risulta l’80% dei corpi è rimasto bruciato, – dice la presidentessa del comitato “Madri di Beslan”. – Alcuni corpi erano carbonizzati. Il pomeriggio del 3 settembre alcuni ostaggi erano così stremati da aver perso conoscenza. Dopo le esplosioni e le ferite subite non erano in grado di spostarsi dalla palestra in fiamme e sono bruciati vivi”.

L’inchiesta, sentite le conclusioni degli esperti, propone un’altra statistica: sono bruciate vive 11 persone, 106 corpi sono rimasti bruciati dopo la morte e in quali condizioni fossero altri 66 corpi al momento dell’azione termica[23] non si è potuto stabilire. Gli altri non hanno subito ustioni ma sono morti per ferite da schegge o di altro tipo.

Ammettendo che tra i 66 cadaveri di persone di cui non si è potuta stabilire la causa della morte vi siano anche persone bruciate vive, sorge la questione di decine di persone morte bruciate, che si sarebbero potute salvare con uno spegnimento dell’incendio efficacemente organizzato. Ma i pompieri non erano assolutamente pronti a questo. “Senza contare il fatto che la notizia dell’incendio giunse il 3 settembre alle 13.05 – si dice nei materiali della procura – il permesso di far uscire i reparti dei pompieri per far spegnere l’incendio giunse dal quartier generale dell’FSB 2 ore dopo. Il fatto è che i reparti dei pompieri non erano equipaggiati adeguatamente ed avrebbero potuto morire”.

Una parte degli ostaggi è morta nella mensa, dove i guerriglieri li avevano posti come scudi umani nei vani delle finestre. “Sono stati uccisi dalle pallottole sparate da fuori – testimonia Alla Chanaeva. – Erano soprattutto bambini. In quel momento attorno all’edificio c’era un’intensa sparatoria. Per esempio i soldati, vicino ai quali si trovava un corrispondente delle Izvestija, sparavano con armi automatiche da via Komintern”. In sei avevano un solo binocolo. “Spariamo solo verso il secondo piano, dove non ci sono ostaggi, – si giustificava un ufficiale. – Ma da una casa vicina un “partigiano” locale[24] poco fa sparava verso le finestre del primo piano. Io lo fermo e questi dice: “Là ci sono i guerriglieri!”.

9. Il blitz del 3 settembre era stato pianificato?

I membri del comitato “Madri di Beslan” sono convinte di sì. Ma secondo i materiali dell’inchiesta nessuno ha dato l’ordine di compiere il blitz nella scuola. Nelle copie dei documenti a disposizione delle Izvestija c’è l’affermazione categorica del capo del quartier generale Valerij Andreev: “Il quartier generale non ha preso la decisione di compiere il blitz”. Invece del blitz Andreev aveva dato l’ordine di “compiere un’operazione militare per il salvataggio degli ostaggi e la neutralizzazione dei terroristi”. Quest’ordine si può definire forzato, perché è stato dato dopo che le bombe nella palestra erano esplose.

A giudicare da questi documenti, Andreev prese la decisione da solo. Fra l’altro l’operazione militare iniziò mentre una parte significativa del gruppo Al’fa[25] si trovava fuori città in un edificio simile alla scuola di Beslan ad esercitarsi in vista del blitz.

10. Sarebbe stata possibile una fuga pacifica dei terroristi?

Gli ostaggi e i loro parenti rispondono positivamente. Per loro resta solo una domanda: a quali condizioni? Tuttavia il procuratore Nikolaj Šepel’ è convinto: “L’azione era stata pianificata sul principio “qualunque cosa succeda””. In tal senso ha deposto un emiro del jamaat[26] wahhabita[27] dell’Inguscezia da noi arrestato[28]. Gli inquirenti dispongono di una videoregistrazione in cui Abu-Dzejt, uno degli organizzatori dell’atto terroristico, chiede a Ruslan Chučbarov, “Polkovnik”: “Sei pronto all’incontro con Allah?”, al che Chučbarov risponde: “Sono pronto”. La registrazione è stata effettuata alla vigilia dell’atto terroristico di Beslan.

Che i terroristi erano venuti per morire gli ostaggi hanno sentito dire più di una volta nei primi tre giorni di settembre. Nella videoregistrazione della visita[29] di Ruslan Aušev alla scuola la maggior parte dei guerriglieri è senza maschera. Non temevano già più una vendetta sanguinosa. Inoltre il meccanismo installato nella palestra presupponeva la duplice esplosione di tutta la rete di ordigni in essa disposti[30].

Secondo il vice procuratore, in favore della versione “qualunque cosa succeda” parla la mancanza di condizioni poste dai guerriglieri per la liberazione degli ostaggi. Il primo giorno chiamarono a trattare i presidenti di Ossezia e Inguscezia e il pediatra Rošal’. Il 2 settembre con Aušev fecero pervenire una lettera di due pagine scritta in tono sprezzante da Šamil’ Basaev e datata 30 agosto. Essa comincia così: “Vladimir Putin, non sei stato tu a cominciare questa guerra, ma tu puoi farla finire, se avrai il coraggio e la decisione di De Gaulle”. Poi si parla del ritiro delle truppe federali dalla Cecenia, sulla trasformazione di questa in uno stato sovrano nell’ambito della CSI[31]. Neanche una parola sugli ostaggi.

Tra l’altro Kulaev ha detto durante il processo che Polkovnik non intendeva restare nella scuola. Andando a Beslan i terroristi lasciarono due uomini nel loro campo. “Polkovnik disse loro: finché non tornerò, resterete qui”, – ha raccontato Kulaev.

Si capisce che prima di andare a Beslan Chučbarov si preparava all’incontro con Allah. Come il suo maestro Basaev prima di andare a Budënnovsk[32]. Dieci[33] anni fa il ritorno trionfale del terrorista n. 1 dalla città della steppa coperta di sangue permise ai separatisti ceceni di volgere in proprio favore la campagna militare. L’attacco a Beslan perseguiva scopi non meno ambiziosi, sui quali Mosca ben difficilmente avrebbe potuto trovarsi d’accordo.

Nikolaj Gritčin (a Stavropol’[34]), Vladimir Demčenko, Izvestija, 1 settembre 2005, http://www.izvestia.ru/incident/article2610099 (traduzione e note di Matteo M.)



[1] C’erano dei precedenti. A Budënnovsk (Russia meridionale) nel 1996 e a Kizljar (Daghestan) nel 1999 i terroristi ceceni presero un intero ospedale in ostaggio e fu concesso loro di andarsene indisturbati in cambio della salvezza degli ostaggi.

[2] Si celebra il 1 settembre ed è una vera e propria festività civile, “il giorno della conoscenza”.

[3] Le scuole russe non sono intitolate a uomini famosi, ma semplicemente numerate.

[4] Repubblica della Federazione Russa confinante con la Cecenia, che fino agli anni ’90 formava con essa un’unica entità amministrativa, la repubblica di Cecenia e Inguscezia.

[5] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Provinciale del Ministero degli Interni), in pratica l’ufficio provinciale di polizia.

[6] Letteralmente “della riva destra”, cioè della riva destra del fiume Terek, il principale dell’Ossezia Settentrionale. Beslan è il capoluogo di questa provincia.

[7] Gosudarstvennaja AvtoInspekcija (Ispettorato Automobilistico Statale), la polizia stradale russa.

[8] Repubblica caucasica della Federazione Russa.

[9] “Caucaso”.

[10] Ufficialmente il capo del commando dei sequestratori di Beslan.

[11] Verrebbe da pensare che la negligenza che causa la morte di una sola persona non sia punibile. O forse è punibile secondo un altro articolo.

[12] Ufficialmente l’unico sopravvissuto tra i sequestratori di Beslan.

[13] “Colonnello”.

[14] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio di Sicurezza Federale), cioè i servizi segreti russi.

[15] Chi sarà? L’articolo è opera di due giornalisti…

[16] Nel 2002 i terroristi ceceni sequestrarono gli spettatori del musical Nord-Ost (Nord-est). Il blitz condotto con gas letali causò la morte di tutti i sequestratori, ma anche di 128 ostaggi.

[17] Presidente dell’Inguscezia.

[18] Pediatra impegnato sul fronte dei diritti umani.

[19] Šmel’ (bombo) è chiamato il lanciafiamme RPO utilizzato a Beslan.

[20] Reaktivnyj Pechotnyj Ognemët (Lanciafiamme Reattivo da Fanteria). Il sottotipo A è armato di cariche termobariche.

[21] Ministerstvo Črezvyčajnych Situacij (Ministero per le Situazioni d’Emergenza), una sorta di Protezione Civile

[22] Cioè una persona che non era stata sequestrata.

[23] Va bene che è un resoconto scientifico ufficiale, ma come si può chiamare “azione termica” la combustione di un corpo umano forse vivo?

[24] Una figura decisamente curiosa, si vorrebbe saperne di più…

[25] “Alfa”, uno dei gruppi speciali che agì a Beslan. L’altro è il Vympel, cioè “stendardo”.

[26] Comunità islamica, ma in Russia significa soprattutto “gruppo terroristico islamico”.

[27] Il wahhabismo (dal nome del fondatore Muhammad ibn al Wahhab al Tamimi) è una delle tendenze più radicali del fondamentalismo islamico e ad esso si rifanno Basaev e i suoi seguaci.

[28] Qui l’autore pare identificarsi con le forze di polizia russe come i tifosi con la squadra di calcio che amano (“abbiamo segnato!”, “abbiamo vinto!”)…

[29] Traduzione letterale di un termine che appare decisamente inadeguato.

[30] Passaggio decisamente oscuro.

[31] “Comunità di Stati Indipendenti”, entità sovrastatale formata dalle ex repubbliche sovietiche, tranne le repubbliche baltiche.

[32] Vedi nota 1.

[33] Corsivo dell’autore.

[34] Città della Russia meridionale, fra l’altro luogo natio di Michail Gorbačëv.

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