20 novembre 2006

A proposito della Gazprom (III)

GASA NOSTRA[1]
Il progetto di contratto col monopolio russo è finito nel processo sui soldi della mafia siciliana

La procura della città italiana di Palermo (Italia[2]) alla ricerca dei soldi della mafia ha iniziato un’indagine sull’azienda locale “Sirco”. L’azienda si occupava di gas e aveva progetti per i mercati energetici di Italia, Romania e Jugoslavia[3]. Nessuno pensava che le tracce conducessero ancora più ad est – in Russia. Ma durante una perquisizione nell’ufficio palermitano del massimo dirigente dell’azienda, il professor Gianni Lapis, figlio di un ex ministro italiano sono stati trovati un progetto di contratto con la “Gazprom” russo e il biglietto da visita del suo più importante manager. Ora questi e altri documenti sono raccolti in una scatola e se ne attende l’invio al tribunale.

La situazione è senza precedenti. Non era mai successo prima che il nome del monopolio russo del gas, nel cui consiglio di amministrazione fanno parte rappresentanti delle più alte autorità statali della Federazione Russa (alcuni membri del governo e un rappresentante speciale del presidente), venisse associato alla mafia italiana, un capo della quale si trova in carcere, e un altro in fuga dal 1963. Per venire a capo di questa storia, ci siamo messi in contatto praticamente con tutti i suoi membri[4] e anche con esperti, che hanno fornito le loro spiegazioni.
Come si è potuto chiarire, l’azienda del settore del gas di Palermo, di cui è stata sequestrata la documentazione durante le indagini, era legata alla poco nota azienda ucraina “Revne”, cioè aveva firmato con questa un contratto per 6 miliardi di metri cubi di gas. Secondo un calcolo approssimativo, il valore di tale contratto è di circa 1 miliardo di dollari. Gli italiani affermano che la “Revne” avesse rapporti con la “Gazprom”. La “Gazprom” nega decisamente.

Il tesoro dell’ex sindaco
La procura di Palermo è nota perché cerca i soldi della mafia con notevole energia e coerenza e persegue coloro che sospetta di avere legami col crimine organizzato, la corruzione o il riciclaggio di denaro sporco senza guardare in faccia ad alcuno. Proprio la procura di Palermo iniziò a investigare sui legami con la mafia dell’ex premier italiano Giulio Andreotti. E proprio gli uomini della procura di Palermo hanno condotto l’inchiesta sul senatore e poi membro dell’Europarlamento Marcello Dell’Utri, che insieme a Silvio Berlusconi (attuale premier italiano) faceva affari per poi fondare il partito pro-premier “Forza, Italia[5]”. Dopo un processo durato sette anni l’amico di Berlusconi è stato condannato a nove anni di reclusione e i suoi vecchi legami col premier non l’hanno salvato. Lo stesso Berlusconi è stato chiamato a testimoniare, ma si è rifiutato. Infine, l’anno scorso proprio il procuratore di Palermo è stato posto a capo della procura nazionale antimafia.
Un rappresentante della procura di Palermo ci ha risposto di non poter rilasciare dichiarazioni fino alla conclusione dell’istruttoria. Tuttavia alle domande della “Novaja Gazeta[6]” ha risposto curiosamente il sig. Enzo Lo Dato, esperto di rapporti coi mezzi di comunicazione di massa, che da 40 anni lavora col governo ed è coordinatore dei progetti internazionali per lo studio dei metodi italiani di lotta contro il crimine organizzato:
- I fatti che si sono potuti verificare portano alla conclusione che la “Sirco” aveva davvero pianificato di entrare in affari col “Gazprom” dopo aver acquistato una grande quantità di gas. Al riguardo era stata elaborata una bozza di contratto. E il biglietto da visita di un manager del “Gazprom” è stato trovato tra i documenti della “Sirco” sequestrati dalla polizia durante la perquisizione nell’ufficio palermitano di Gianni Lapis nel luglio 2005. Per di più gli stessi manager della “Sirco” confermano questi fatti.
Tuttavia i fatti dimostrati non costituiscono reato: la “Sirco” intendeva iniziare a fare affari con la “Gazprom” in modo del tutto legale e la semplice intenzione di firmare un contratto allo stato attuale delle cose non è considerata cosa degna di ulteriori investigazioni. Gli uomini della procura e della polizia di Palermo tentano semplicemente di trovare le prove della versione secondo cui i mezzi a disposizione della “Sirco” per questo ed altri affari erano di origine illegale. In altre parole, tentano di verificare se vi sia stato o no riciclaggio di denaro sporco.
Il procedimento è stato avviato perché una serie di cose indicava che i mezzi della “Sirco” erano parte dei “tesori nascosti” (di questi si è parlato molto), messi da parte negli anni Settanta-Ottanta da Vito Ciancimino, un politico di Corleone. Per alcuni mesi questi fu sindaco di Palermo, ma negli anni Novanta fu condannato per legami con la mafia. Vito Ciancimino morì qualche anno fa, probabilmente, come suppone la polizia, lasciando il proprio patrimonio segreto al figlio maggiore Massimo Ciancimino, che poi divenne partner d’affari della compagnia “Sirco”.

Da dove soffia il gas?
Teoricamente i soldi potevano essere investiti nel settore del gas. Ma, com’è noto, le sue fonti in Europa non sono molte. Quelli che dirigevano l’azienda italiana “Sirco” o avevano rapporti immediati con essa, indicano in qualità di fonte la “Gazprom” russa e in qualità di intermediario la poco conosciuta azienda ucraina “Revne”. La versione sui soldi della mafia investiti nel business del gas è da questi ritenuta insussistente.
Ecco cosa ci ha riferito il professor Gianni Lapis, dirigente dell’azienda italiana “Sirco”, nel cui ufficio è stata effettuata una perquisizione:
- In effetti ho firmato un contratto con la “Revne” a nome della Fingas/Sirco per l’acquisto di metano (6 miliardi di metri cubi) di origine russa o meglio kazaka. L’accordo tra le due compagnie – la Fingas/Sirco e la “Revne” – si è compiuto attraverso canali russi e serbi. E’ importante far attenzione al fatto che il nostro gruppo opera nel settore del gas di Belgrado, è presente in modo significativo in Romania e anche nel settore energetico italiano con diverse compagnie appartenenti al gruppo stesso.
I rapporti con la “Gazprom” sono stati allacciati solo dalla “Revne” ucraina ed è chiaro che un affare di queste dimensioni (per cui sono state fornite garanzie bancarie da parte degli acquirenti) serviva per aprire altri canali al gas russo in Europa senza che fosse necessario collegarsi alla struttura corporativa che monopolizza il mercato al momento presente. Non voglio credere che le azioni contro di me e la mia compagnia vengano compiute su pressione di oscure forze economiche, capaci di utilizzare le strutture della giustizia per i propri scopi. Oggi sono costretto ad affermare che le versioni che le autorità verificano da così lungo tempo riguardano un inesistente crimine internazionale. Queste riguardano una figura che ha rapporti con l’affidabile amministrazione di proprietà totalmente legali di altre persone (…). Le ipotesi di legami con la mafia (…) non hanno trovato conferma. (…) Come in precedenza ho un passaporto, la cui validità non è mai stata sospesa. In tal senso le versioni ricordate appaiono dubbie. Abbiamo operato in modo totalmente legale[7].
Sulla questione del gas il professor Lapis ha consultato l’imprenditore italiano Romano Tronce[8]. Lo abbiamo contattato sul cellulare e questi ha confermato l’esistenza del contratto con l’azienda ucraina “Revne”, definendola una struttura intermedia tra Lapis e la “Gazprom”.
- Ero consulente del sig. Lapis e gli ho fornito alcune informazioni in qualità di esperto del mercato energetico e del gas. Ho aiutato il sig. Lapis a risolvere alcune questioni e ho sentito dire, che si era incontrato con qualcuno di Mosca, - ha detto Romano Tronci. – Il sig. Lapis ha firmato un contratto con una compagnia ucraina. Ricordo che la compagnia si chiamava “Revne”. Non so se questo contratto sia in vigore. Ma è stato firmato circa due anni fa. Si diceva che la “Revne” avesse un accordo con la “Gazprom”. Per quanto ricordi in quel periodo il gas doveva arrivare dal Kazakistan. La “Revne” aveva anche documenti delle autorità russe e del “Gazprom”. La “Revne” era una struttura intermedia tra Gianni Lapis e la “Gazprom”. Ricordo anche che si trattava di 6 miliardi di metri cubi di gas. E il gas non era diretto in Italia, ma in Europa.
Il
sig. Tronci ritiene che l’inchiesta in corso in Italia si risolverà in uno stralcio e anche abbastanza velocemente.
- Non so perché sia stata avviata, - ha notato l’uomo d’affari. – Il mio punto di vista personale è che questa si prolunga perché Lapis aveva interessi nel mercato del gas.
Anche Romano Tronci è noto alla procura di Palermo. Il 6 luglio 1998 fu arrestato con l’accusa di legami con la mafia. Era un manager della compagnia “De Bartolomeis” che si occupava di riciclaggio dei rifiuti. La vicenda, in cui furono coinvolti altri 27 uomini d’affari, giunse in tribunale nel 1999. Nel futuro prossimo avrà luogo a Palermo l’ennesimo processo, che già viene chiamato “Mafia e appalti per i lavori pubblici” (di regola si tratta di lavori di costruzione e di altro tipo, effettuati con denaro pubblico su iniziativa statale). Gli imprenditori italiani coinvolti non si riconoscono colpevoli.
Comunque la figura centrale di tutta questa storia di gas, secondo la procura di Palermo, è l’imprenditore Massimo Ciancimino. Ricordiamo che gli uomini della procura sospettano che l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino possa avergli lasciato dei soldi, che sono finiti nell’affare del gas.
Il
sig. Massimo Ciancimino ha curiosamente acconsentito a rispondere alle domande della “Novaja Gazeta”. Non considera fondati i sospetti. Ma afferma di aver aiutato l’azienda di Gianni Lapis nella stesura dei contratti per il gas e rammenta anche il “Gazprom” e la “Revne” ucraina. La risposta di Massimo Ciancimino sarà pubblicata nel prossimo numero della “Novaja Gazeta”.

Il “Gazprom” nega
Avere un commento dagli italiani, che si trovano a migliaia di chilometri da Mosca e non parlano affatto in russo si è rivelato più semplice che averlo dalle strutture del “Gazprom”, che sono vicine e, pare, parlano perfettamente questa lingua.
La “Gazprom” e la “Gazèksport” russe (quest’ultima è una filiale della prima al 100%, che esporta gas naturale in Europa e nella CSI) non fanno commenti ufficiali al riguardo. Una fonte non ufficiale della “Gazprom” si è espressa così:
“I faccendieri internazionali di varie risme di tanto in tanto ricorrono a tutto, compresa la falsificazione di firme e di documenti della “Gazprom”. I manager della “Gazprom” non si sono mai incontrati con i personaggi e con le aziende menzionate nell’inchiesta. Posso assicurare con certezza che la vicenda italiana in cui si menziona la “Gazprom” non ha alcuna relazione con la “Gazprom” stessa. La “Gazprom” ha uno scopo ben determinato: entrare nel mercato al dettaglio in Italia, coinvolgendo imprese del settore del gas e di altri settori che richiedono gas. Sul mercato italiano la “Gazprom” ha partner noti a tutti con un’ottima reputazione, che vogliono lavorare con esso. Questi non sono mai figurati in inchieste sulla mafia. Il resto sono fantasie, partorite probabilmente dai concorrenti sul mercato italiano del gas. In Italia il prezzo del gas al dettaglio è il più alto d’Europa (ad esclusione della Gran Bretagna) e le compagnie italiane hanno un motivo per cui lottare tra loro, dal che derivano storie scandalose di questo tipo, con la tendenza a compromettere i concorrenti e ad accusarli di legami con la mafia”.
Riguardo alla menzione della “Gazprom” in alcune vicende Aleksandr Medvedev (membro del consiglio di amministrazione della “Gazprom” e direttore generale della “Gazèksport” – nota dell’autore) ha commentato: “Tutto questo è un delirio e non vorrei offendere il delirio a dir così[9]”.
Certamente si può supporre che i documenti della “Gazprom” siano falsificati. Falsificati come, supponiamo, il biglietto da visita del suo manager più importante, che presto sarà inviato al tribunale italiano insieme alle altre carte del processo. Ma nessuno è ancora mai riuscito a falsificare 6 miliardi di metri cubi di gas.
Alcuni esperti della “Gazprom” propongono un’altra versione: il gas, offerto agli italiani dalla poco conosciuta azienda ucraina, avrebbe potuto essere semplicemente acquisito indebitamente dalle tubature russe. E per legalizzarlo avrebbero potuto falsificare le carte della “Gazprom”.
Tuttavia, in ogni caso la posizione del monopolista russo del gas non è del tutto chiara. Se le sue carte sono state falsificate e degli avventurieri se ne sono serviti, perché i rappresentanti della “Gazprom” non fanno in modo che la Russia prenda parte all’indagine italiana attraverso la procura generale della Federazione Russa, non aiutano la procura di Palermo, non chiedono informazioni sulla strana azienda ucraina?
“Meglio tenersi più lontano possibile da tali inchieste, - ha commentato un esperto che lavora per la “Gazprom”, desideroso anch’egli di restare anonimo. – Queste causano gravi danni all’immagine”.
Notiamo: esattamente come i poco trasparenti affari amati dalle nostre compagnie statali, che lasciano un sacco di spazio ai sospetti.

P.S. Mettersi in contratto con l’azienda ucraina “Revne” non sembra possibile. Siamo riusciti a scoprire un’azienda con tale nome, registrata in un villaggio ucraino. E questa comincia a diventare una tendenza. Ricordiamo che anche l’azienda “Eural Trans Gas”, che fornisce il gas turkmeno all’Ucraina e per la quale la “Gazprom” ha fornito molte referenze, è registrata in un villaggio. Ma questo si trova in Ungheria.

Roman ŠLEJNOV, capo della sezione investigativa


Dossier della “Novaja Gazeta”

La vicenda di Vito Ciancimino
Negli anni Sessanta Vito Ciancimino a Palermo era responsabile dei lavori pubblici – in altre parole dell’edilizia cittadina. Il sindaco di Palermo era Salvatore Lima (ucciso praticamente poco prima dell’arresto), vicino a Giulio Andreotti. (Dal 1972 al 1992 Andreotti è stato il premier italiano in più occasioni, nonostante il fatto che più di una volta sia stato accusato di avere legami con la mafia.)
In quattro anni a Palermo furono concesse circa 4000 licenze edilizie, più della metà delle quali a tre ignoti pensionati. In questo periodo sono stati distrutti molti edifici storici, monumenti architettonici e parchi cittadini, innalzando al loro posto scatoloni di cemento per i quali la città ha pagato somme colossali. Il denaro proveniva, in parte, dai “progetti nazionali”: dal fondo statale, destinato alla rinascita del povero Sud d’Italia e dal fondo per gli aiuti economici americani all’Italia. E spesso le ditte appaltatrici erano strutture mafiose.
Vito Ciancimino riuscì ad essere sindaco di Palermo per due mesi. A metà degli anni Ottanta fu arrestato e condannato per complicità con la mafia, utilizzo indebito di 400 milioni di dollari, truffa e peculato. Il denaro era stato depositato su conti in banche canadesi. Vito Ciancimino è morto a Roma, dove si trovava agli arresti domiciliari, il 19 novembre 2002. Aveva cinque figli. Adesso alla procura di Palermo sono sorti interrogativi riguardo a suo figlio maggiore Massimo Ciancimino. Si sospetta che possano essergli stati trasmessi dei fondi, che il padre aveva salvato dalla confisca e che questi soldi siano stati investiti nel business del gas.


Dossier della “Novaja Gazeta”

La parola “mafia” – abbreviazione di “Morte Alla Francia, Italia Anela[10]” – slogan popolare nel XIII secolo durante la rivolta contro gli occupanti francesi in Sicilia. La comparsa della mafia come associazione a delinquere fu notata in Sicilia a metà del XIX secolo. Intorno alla città di Palermo prosperavano i proprietari terrieri che coltivavano arance e limoni. Queste “risorse naturali” portavano enormi profitti. I latifondi contrastavano con la miseria del resto dell’isola. Ovviamente si prese a imporre tasse ai proprietari e a proporre loro una “protezione”. E tra gli agricoltori locali i ricattatori dettero vita alla mafia, che non si vergognava neanche di rapire persone per ottenere un riscatto. Ben presto i rappresentanti della mafia comparvero nel mondo degli affari, nelle strutture statali e nella politica. Nel 1873 il procuratore generale Diego Tajani notava: “Nella provincia di Monreale operano non meno di sei capimafia (…). Uno di essi è il capo della polizia locale e gli altri cinque sono ufficiali della guardia nazionale”.
Le elezioni generali italiane (1912
[11]) furono utilizzate dalla mafia per rafforzarsi in ambito politico. La Sicilia, che era sotto il controllo della mafia, votò come questa ordinava. Ciò faceva comodo al potere centrale a Roma, grazie a cui la mafia penetrò al più altro livello. Ma la base della mafia restava sempre la “famiglia”. Il consiglio di alcuni capi delle famiglie più influenti era presieduta dal “boss dei boss”.
In Italia l’esistenza della mafia non fu riconosciuta ufficialmente per molto tempo. Noti sinonimi di “mafia” sono: “Amici Degli Amici” e “La Cosa Nostra[12]”. Nel 1970 il procuratore generale degli USA John Mitchell ordinò che nei documenti del dipartimento di giustizia non si menzionasse più il termine LCN (così si indicava “Cosa Nostra”) per via delle proteste della lega italo-americana per i diritti umani.
In Italia la pericolosità della mafia è stata presa in considerazione solo negli anni Ottanta. Le prime indagini serie ed efficaci furono condotte dal magistrato siciliano Giovinni[13] Falcone e dal procuratore di Palermo Paolo Borsellino. Nel 1986 grazie a loro molti capimafia furono condannati in un grande processo. Giovanni Falcone indagò anche sulla vicenda dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, il primo sindaco italiano ad essere condannato per legami con la mafia (suo figlio Massimo Cianicmino adesso è stato meso sotto inchiesta dalla procura di Palermo).
Per ordine del più importante mafioso Salvatore Riina (detto anche Totò Riina) il magistrato Falcone e il procuratore Borsellino furono fatti saltare in aria nelle loro macchine nel 1992[14]. In
Italia divennero eroi nazionali. Il capo della mafia Riina fu arrestato nel 1993 ed è tuttora in carcere. L’attuale “boss dei boss” Bernardo Provenzano (del clan di Corleone) sfugge alla giustizia da quarant’anni. Le autorità dicono da dieci anni di essere vicine come non mai alla sua cattura. Negli ultimi anni lo hanno visto nel sud della Francia.
Il braccio destro di Provenzano, il boss mafioso Antonio Giuffré, arrestato nel 2002, ha affermato che alcuni rappresentanti dell’attuale primo ministro italiano Silvio Berlusconi contattarono “Cosa Nostra” nel 1993, prima di fondare il partito pro-premier “Forza, Italia[15]”. Ma finora le sue parole non hanno trovato una conferma ufficiale.

“Novaja Gazeta”
n. 24
03.04.2006 (traduzione e note di Matteo M.)



[1] Nell’originale Gazo-Nostra, gioco di parole intraducibile tra gazo(voj), “gassoso” o “inerente al gas” e Cosa Nostra.

[2] La ridondanza è nell’originale.

[3] Ormai sarebbe meglio dire “Serbia e Montenegro”…

[4] Della mafia? No, del monopolio russo… L’autore si esprime un po’ male a volte…

[5] Sic.

[6] “Giornale Nuovo”, uno dei pochi organi di stampa russi realmente indipendenti, dal cui sito http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/24n/n24n-s11.shtml traggo questo articolo.

[7] Ho tradotto fedelmente la versione russa del contorto eloquio del professor Lapis...

[8] In realtà si chiama Romano Tronci. In seguito correggo l’errore.

[9] Letteralemente: “Tutto questo è un delirio di una cavalla grigia [frase idiomatica russa per intendere una totale assurdità]. E non vorrei offendere la cavalla a dir così”.

[10] Questa è una delle tante etimologie della parola “mafia” e neanche una delle più accreditate. Fra l’altro la frase è tradotta erroneamente in russo come “Morte alla Francia, respira, Italia”.

[11] Elezioni storiche: le prime a suffragio universale maschile e le prime a cui fu consentita la partecipazione dei cattolici, in deroga al documento papale “Non expedit”, emesso dopo la presa di Roma, con cui il Papa proibiva ai cattolici di prender parte alla vita politica.

[12] In Italia si dice semplicemente “Cosa Nostra”, ma all’estero e soprattutto negli USA tengono all’articolo al punto che secondo il boss italo-americano John Gotti dire “La” era già delazione degna di morte.

[13] Sic. Ma in seguito il nome è scritto correttamente.

[14] In realtà, come è noto, fu fatto esplodere il tratto di autostrada per cui passava Falcone, mentre Borsellino fu ucciso da un’autobomba nel cortile del palazzo in cui abitava sua madre.

[15] Sic.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

vero che Gaz Pro vuole acquistare
Petrolbras??

Matteo Mazzoni ha detto...

@anonimo: so solo di joint ventures tra Gazprom e Petrolbras... Meglio che ti firmi, comunque, anche con un nome di fantasia...

Anonimo ha detto...

scusi non so come si fa...
ma la domanda era: e' vero che gaz pro acquista titoli petrolbras?

come si fa a sapere e dove rivolgersi
per sapere se e' una truffa ?

Matteo Mazzoni ha detto...

@anonimo: io sono solo un modesto blogger che traduce articoli giornalistici critici nei confronti dell'attuale establishment politico ed economico della Russia... Per quanto riguarda i dettagli di certe operazioni è meglio rivolgersi a qualche analista finanziario...